Non è una novità di questo tempo storico, nello sport è un classico essere sbalzati dalla polvere agli altari e viceversa, senza il tempo di rendersi conto. È sempre accaduto. Ma nell’era dei social la velocità del processo è accelerata, essere dati per finiti al primo giorno storto, al primo infortunio, al primo passo falso è un attimo. Plotoni di dita si attivano sulle tastiere senza un istante di riflessione e sono altrettanti plotoni di esecuzione. Sentenze definitive, per fortuna solo fino alla gara successiva. È vero, non era stata facile la stagione all’aperto di Marcell Jacobs fin qui: un’infezione a Nairobi, un infortunio a Eugene durante il mondiale, poche uscite in mezzo alle fucilate della malasorte. Ma di lì a dare per smarrito il doppio campione olimpico di Tokyo e il campione del mondo Indoor sarebbe dovuto passare almeno il minimo sindacale della pazienza.
E infatti Marcell Jacobs è ancora qui: campione europeo sui 100 e più di tutto ha detto l’esultanza dell’inglese Hughes, secondo: solo chi si aspetta di essere battuto si accontenta dell’argento. Terzo l'altro inglese Azu. Chi non si accontenta è Marcell, che pure è felice del suo oro: non aveva ancora la medaglia al collo e già faceva autocritica in diretta, per il tempo 9.95, che a suo dire sarebbe potuto essere migliore e per la corsa contratta che in finale non è stata la sua solita, perfetta e sciolta da ghepardo, imbattibile in accelerazione. È questo uno dei tratti distintivi della mentalità vincente, non accontentarsi. Marcell ci scherza su: «Ringrazio chi mi sostiene e pure chi mi dà contro perché mi dà carica». Lo fa senza ombra di polemica, con il solito sorriso pacifico da bravo ragazzo che il look da scapestrato non riesce a mascherare, l’altro suo tratto distintivo: lo stesso che fa sì che quel doppio titolo olimpico non l’abbia deviato di un grado dal suo mondo; che lo tiene ad allenarsi in mezzo alla gente (il luogo della normalità) come quando non era nessuno, anche adesso che è quello che tutti vorrebbero essere: l’uomo più veloce del mondo a Olimpia e ora d’Europa. Un’accoppiata che, sui 100 metri, scomoda precedenti come quelli di Armin Hary e Valery Borzov. Se non è la storia dell’atletica che s’incarna, poco ci manca.