Ha ragione Rino Tommasi, quando dice che la boxe non morirà, finché ci sarà fame, finché fuori dal ring ci sarà un mondo dove si sta peggio che a prender botte. Vale soprattutto per la boxe dei professionisti, dove ci si picchia davvero e dove non ci sono caschetti a proteggerti, dove il colpo vale solo se va a segno con il suo carico di potenza e non, come all’Olimpiade, dove basta un tocco di un certo peso, calcolato dal computer, mentre atterrare l’avversario non né auspicabile né necessario per vincere.
Però è vero che per entrare in palestra a fare a pugni e a prenderne, anche da dilettanti, bisogna avere se non proprio qualche conto in sospeso con la vita, almeno qualcosa da sfogare dentro.
Anche per questo probabilmente non è un caso che Marcianise, 40 mila abitanti, provincia di Caserta, Gomorra tra le pieghe, sia in Italia il giardino d’inverno che coltiva boxeur per mettere alle corde la strada e il suo corredo di malavita.
Lì nella palestra Excelsior brilla un maestro che di cognome fa Brillantino che del ring ha fatto un luogo dove si impara a vivere. Perché l’aggressività, incanalata nelle regole, diventa sport, voglia di vincere pulito. E imparato sul ring, spesso è imparato per sempre.
Da Marcianise sono usciti quattro dei sei azzurri partiti per l’olimpiade di Pechino con guantoni carichi di sogni. Due di loro sono tornati con la medaglie, quella d’oro era di Roberto Cammarelle da Cinisello Balsamo (ma radici campane) e l’altra, d’amaro argento, di Clemente Russo da Marcianise. Sempre Cammarelle stavolta con Domenico Valentino pure lui da Marcianise ha vinto l’oro nel 20 ai Mondiali di Milano.
Accade un po’ perché in Italia se nasci in un posto hai spesso sportivamente la strada segnata da un misto di comodità, assenza d’alternative, tradizione e bravi maestri. Se nasci a Jesi diventi schermidore, se nasci a Sesto San Giovanni marciatore, se nasci a Meda ginnasta, a Marcianise pugile e via così.
Ora il pugilato di Marcianise, che da Pechino e da Milano ha già fatto il giro del mondo guadagnandosi testate del rango del New York Times, arriva al grande pubblico con il film Tatanka, ispirato a un racconto di Roberto Saviano, un film nel quale Clemente Russo sale sul ring a interpretare un ragazzo di Marcianise armato di guantoni, una storia di riscatto.
Tempo fa, proprio Russo, aveva parlato della tentazione dell’America e del professionismo. Ma aveva bocciato Rocky e la sua boxe, inguardabile. È la tara genetica del cinema sportivo interpretato da attori: storie spesso magnifiche ambientate in scene di sport inverosimili se non proprio imbarazzanti. Stavolta no, a proposito di Clemente Russo attore giudicherà lo spettatore, ma la boxe, stavolta è certo, è credibile al 100%.
Elisa Chiari
A Marcianise, nel Casertano, la differenziata vola al 71% in un centro commerciale In un grande giardino didattico si coltivano varietà di ortaggi e frutta dimenticate o in via d’estinzione Con lo slogan “Facciamo la differenza”, un centro commerciale di Marcianise, in provincia di Caserta, ha dimostrato che la raccolta differenziata può essere la regola e non l'eccezione. Nei prossimi giorni, i rifiuti alimentari prodotti dai 25 ristoranti e bar interni al “Campania” saranno avviati allo smaltimento nel nuovo impianto di compostaggio situato ad appena un chilometro in linea d’aria.
L' impianto, di tecnologia tedesca, è stato progettato da neolaureati locali alcuni anni fa ed ora ne esistono esempi anche al nord Italia. Il compost ottenuto sarà utilizzato per concimare l’orto didattico progettato, all’interno dell’area commerciale, dagli studenti di Architettura e Scienze Agrarie dell’Università Federico II di Napoli. Dietro al progetto c'è un gruppo di lavoro che ha condiviso esperienze con Alice Waters, storica promotrice del bio e chilometri zero negli Stati Uniti, e Slow Food, il movimento fondato da Carlo Petrini, ispiratori del programma di coltivazione ed educazione alimentare di cui Michelle Obama alla Casa Bianca è diventata il simbolo.
«Da novembre 2010 a oggi abbiamo incrementato la raccolta differenziata del 17%, arrivando al 71% con una frazione organica pura al 97% . Con questo alto grado di differenziazione, i nostri rifiuti organici prodotti annualmente sono oggi materia pregiata per produrre energia elettrica, termica e compost», spiega Fabio Santoro, direttore del Centro Commerciale Campania. Questo processo virtuoso rappresenta la chiusura di un ciclo ambientale e sociale assolutamente inedito, non solo per il territorio in cui nasce, ma anche per le attività proposte. I centri commerciali sono oggi luoghi di aggregazione della vita quotidiana, le cosiddette “piazze” moderne e possono, come in questo caso, proporre cultura, consapevolezza ambientale e cambiamento positivo degli stili di vita.
Significativo quindi l’Orto in Campania, più di 600 metri quadri, dove le varietà ortofrutticole tradizionali locali cresceranno nell’humus prodotto dalla lavorazione degli scarti organici dei ristoranti e bar del centro commerciale. 5.000 bambini provenienti dalle scuole locali vedranno crescere gli originali, quasi dimenticati, pomodori San Marzano oppure le specie autoctone di albicocche, pesche e mele annurca.
«Pensiamo che far progettare l’Orto in Campania agli studenti sia stata una bellissima idea per sperimentare una sensibilità diversa e farci esprimere in maniera creativa il territorio che viviamo ogni giorno» spiega Simona Castagliuolo, studentessa di Architettura presso l’Università di Napoli Federico II e portavoce del gruppo nove architetti. «Per dar risalto al concetto di riciclo abbiamo deciso di utilizzare materiali inusuali che di solito vengono impiegati in contesti diversi, come i pozzetti in cemento e le pedane europallet che vengono adoperate per scaricare le merci. Abbiamo lavorato tridimensionalmente per rompere gli schemi lineari usuali con cui si progetta un orto. Il nostro è uno spazio sviluppato su più livelli, dove scorci e salti di quota sono pensati per una didattica emozionale».
Gabriele Salari
In Campania, una regione dove la percentuale media di differenziata si aggira intorno al 20% questo del Centro Commerciale Campania di Marcianise, è un buon esempio ma non l'unico, visto che il Comune di Portici (praticamente un quartiere di Napoli), ha raggiunto da tempo il 65%, venendo premiato nell’ambito dell’iniziativa “Comuni ricicloni” di Legambiente. Un ottimo risultato che mostra una Campania attenta al problema dei rifiuti (ottimi risultati presentano anche i comuni della Provincia di Salerno) più di quanto l’immaginario collettivo immagini.
A Napoli città, Greenpeace ha fatto un esperimento tre anni fa, coinvolgendo due condomini in un progetto dimostrativo di raccolta differenziata e in pochi giorni è stato superato il 70% di separazione dei rifiuti. “Davanti a un progetto partecipato e credibile, anche noi sappiamo rispondere con impegno, perché Napoli non è solo la città dei blocchi stradali e dei cassonetti in fiamme” ha detto Fabrizio Pisani, uno dei cittadini coinvolti. E così, sacchetti di diversi colori, bidoncini per la frazione organica e cassonetti condominiali per gli altri materiali hanno fatto il loro ingresso nelle case.
Nella Napoli dell'emergenza permanente, dell'esercito schierato di fronte alle telecamere dei telegiornali, l'iniziativa è servita a dimostrare che, se correttamente informati, gli abitanti di questa città possono separare i rifiuti con impegno ed efficacia, in tempi record. L'importante è restituire ai napoletani un po' di fiducia e fare sul serio. Gli spot televisivi non servono a nessuno.
Gabriele Salari