I francesi li chiamano sons et lumières,
sono gli effetti di luci,
fontane, immagini e musiche
che animano gli angoli storici
delle città. A noi quindi piace
denire Marco Balich “Monsieur
Sons et Lumières”. Veneziano,
classe 1962, si denisce
“produttore, imprenditore”.
In realtà è
regista, maestro di cerimonie, scenografo.
E non ultimo, come dicevamo,
uno dei più grandi esperti al mondo
nei giochi di suoni e luci.
A bocca aperta
Non per niente può
vantare di aver organizzato concerti di
artisti del calibro dei Pink Floyd e degli
U2. In fondo, è un visionario che riesce
a trasformare ogni evento in qualcosa
di magico, che lascia a bocca aperta. Un
talento che il mondo ci invidia e ci ha
“rubato” in più di un’occasione.
Dopo essersi occupato della cerimonia
di chiusura dei Giochi olimpici
invernali di Torino, è stato nominato
dal Comitato olimpico internazionale
responsabile del Protocollo per le
Olimpiadi di Pechino 2008.
Ha curato
la direzione artistica della cerimonia
di chiusura dei Giochi invernali 2014 a
Sochi ed è già al lavoro come produttore
esecutivo per le celebrazioni delle
future Olimpiadi che si terranno a Rio
de Janeiro nel 2016.
Il momento più significativo della
sua carriera, però, è arrivato nel 2012,
quando è stato nominato direttore artistico
della presenza italiana a Expo
2015. «Non sono mai stato un curatore
di mostre. Quando ho iniziato a pensare
al concept dello spazio Vivaio Italia, all’interno del nostro padiglione, ero
in imbarazzo», spiega lui, mentre ci fa
da guida molto speciale dentro Palazzo
Italia. «Per celebrare le eccellenze del
nostro Paese, non sarei stato capace di
creare qualcosa di simile a un museo,
almeno nell’accezione tradizionale.
Non è nelle mie corde. L’Esposizione
universale è un’opportunità per il nostro
Paese, un evento che si proietta
nel futuro. Ho cercato di non guardare
al passato ma di spingere lo sguardo
avanti. Anche con delle provocazioni»
- Per esempio?
«Il plastico dell’Europa da cui è stato
cancellato il nostro Paese. E la domanda,
una sfida, posta anche ad alcuni personaggi internazionali, come il designer
francese Starck e lo chef spagnolo Adrià:
come sarebbe il mondo senza l’Italia? E
poi le sale delle bellezze italiane, con i
paesaggi, i palazzi e gli interni che sembrano
tridimensionali, o frazionati e ingranditi
come in un caleidoscopio. Ogni
regione italiana ha selezionato i suoi
luoghi di eccellenza e noi, dopo averli
lmati e con giochi di specchi, siamo
riusciti a creare qualcosa di insolito e
affascinante, come gli splendidi monumenti
anche naturali che volevamo
mostrare al mondo. Qui vengono ogni
giorno migliaia di ragazzi e volevo trovare
un linguaggio di immagini e musica
che colpisse la loro immaginazione»
- All’ingresso di Palazzo Italia ci
sono dei video che trasmettono filmati
di mercati. Ci spiega questa scelta?
«I monitor sono collegati in diretta
con tre mercati: la Vucciria di Palermo,
Rialto a Venezia e Campo dei Fiori a
Roma. I mercati rionali sono uno spazio
di visibilità per l’eccellenza agroalimentare
italiana, ma anche luoghi
di contatto, di scambio di esperienze
e conoscenze sul cibo. Spazi vitali, veri
laboratori a cielo aperto».
- Chi sono i personaggi “parlanti”
che si incontrano invece al primo
piano?
«Il piano è dedicato alla potenza
italiana del “saper fare”, la capacità di alcuni di modicare il territorio in
modo sostenibile. Delle sculture, una
sorta di quadro vivente, prendono vita
raccontando delle storie. Le sculture
rafgurano altrettanti personaggi che
ci sono stati segnalati dalle regioni per
ingegno, creatività e capacità di “fare”.
Si va dallo chef tre stelle Niko Romito
per l’Abruzzo no a Pina Amarelli, calabrese,
la cui azienda produce la migliore
liquirizia del mondo».
- Si parla di Vivaio Italia e in effetti
ci sono anche tante piante…
«Abbiamo creato un’Italia in miniatura,
dove sono stati piantati erbe,
arbusti e alberi rappresentativi di ogni
territorio italiano».
- E alla fine, ecco l’Albero della vita,
l’attrazione di Expo 2015. Lo avrebbe
voluto più grande?
«C’era un limite di budget… Comunque
è alto 37 metri: il suo svettare
nel cielo è il segno dello slancio italiano
verso il futuro. L’Expo doveva avere
un simbolo e all’inizio qualcuno non
era d’accordo con me. L’ho voluto a
tutti i costi ed eccolo, al centro di Lake
Arena: il simbolo della vita, comune a
tante culture. Monumento, installazione,
fulcro dell’esposizione specie la
sera. Dopo il tramonto, lo spettacolo di
acqua, luce e musica incanta tutti».
Marco Balich si ferma a guardare
quel gigante con i poderosi intrecci di
legno e acciaio e i suoi occhi si perdono
nel vuoto. Uno sguardo vivace, quasi
da bambino. E conclude: «Padiglione
Italia, con la sua mostra e l’Albero della
vita, è davvero tra le cose più viste di
Expo. Per me non potrebbe esserci gioia
più grande».