Edo e Chiara in questa classe non ci sono. Ma potrebbero benissimo sedere al secondo banco e al penultimo laggiù nell’angolo. Edo e Chiara sono i protagonisti di Fra me e te, romanzo d’esordio (non un esordio dei tanti) di Marco Erba e non esisterebbero senza queste aule, senza i corridoi del Liceo scientifico Opere sociali don Bosco a Sesto San Giovanni, con la lavagna come una volta che convive pacificamente con i tablet sui banchi, senza questo insegnante che traduce Catullo in jeans e maniche di camicia, giovane, ma a distanza di sicurezza dalla tentazione di fare l’amico, eppure capace di un’empatia che si sente anche invadendo una lezione per caso, per vederlo al suo posto.
MAESTRO PER VOCAZIONE. La scuola è il posto di Marco Erba, il luogo che sintetizza meglio la sua sostanza di insegnante per vocazione, di scrittore per passione e quasi per caso, di padre aperto al mondo che bussa alla porta: «Non riesco a scindere queste tre anime, porto in classe e nella scrittura quello che sono: non credo che si possa insegnare lasciando la vita sulla soglia della classe. Non credo all’insegnante neutrale: i ragazzi ti chiedono di metterti in gioco, vogliono conoscere le tue idee ed esporti le loro, anche quando sono diverse. Il più bel complimento che ho ricevuto da insegnante è stato il messaggio di un ragazzo che aveva finito la maturità: “Grazie di aver rispettato le mie idee anche quando non le condivideva”».
Esprimere idee in classe, pure sulla fede se del caso, innescare dibattito «è insegnare ad argomentare, a confrontarsi con rispetto. I ragazzi spesso ripetono le cose che hanno sentito dire, insegnare non è trasmettere nozioni, è dare strumenti per ragionare senza pregiudizi».
Per arrivarci la letteratura va benissimo, a patto di non farne un simulacro congelato nel passato: «Il turbamento di Lucia che nell’Addio monti si emoziona riconoscendo il passo di Renzo è perfetta per spiegare la timidezza di una ragazza perbene, è una cosa che un adolescente, pieno di vita ma fragile, può ancora capire. È perfetta per provocare una riflessione tra ciò che si è e l’immagine che si cerca di dare, magari mettendo su Facebook una foto che dà un’idea distorta di sé, come durante l’adolescenza si fa spesso, con le conseguenze che possono sortire e che dopo sono difficili da riparare. Quando l’aggressività si scatena sui social è difficile da arginare: si prova a spiegare a un ragazzo ferito che non siamo quello che dicono di noi persone che non hanno neanche il coraggio di firmarsi. Ma è dura, dopo».
TRA LE PAGINE. Nelle cose che dice c’è già tutto Fra me e te che Erba, esordiente, ha pubblicato a 99 centesimi in ebook sulla Rete due anni fa e che il passaparola ha fatto crescere fino a destare l’attenzione di un editore vero, Rizzoli, che l’ha appena pubblicato: «Mai avrei immaginato, quando la mia attuale editor mi ha chiamato ho toccato il cielo: era il mio sogno, il sogno di ogni scrittore, credo». Una storia ambientata a scuola, in cui ci sono tante cose che gli studenti di Erba, che l’hanno letto, hanno riconosciuto come realistiche, apprezzando la verosimiglianza di asprezze, cui i loro consigli hanno anche contribuito a dare spessore. Fra me e te è un libro per adolescenti insolitamente franco, per niente sdolcinato: mette a nudo la fragilità e la rabbia, il dolore, i sentimenti di un’età complicata, tanto più di questi tempi in cui la socializzazione tecnologica amplifica tutto.
Una storia che, come l’insegnante Marco Erba, lavora ai fianchi il pregiudizio fino a costringerlo a segnare il passo: «Lo ammetto, è un libro nato da un’irritazione: quella che mi prende ogni volta che sento sequele di stereotipi. I ragazzi sono molto emotivi, spesso ripetono verità infondate come fossero assolute. Volevo raccontare una storia che innescasse senso critico: è la mia battaglia quotidiana e la soddisfazione è il ragazzo che ti scrive dopo che hai fatto leggere Nel mare ci sono i coccodrilli: “Prof, ho sempre pensato che chi arriva sui barconi venga per rubarci il lavoro, dopo questo libro sono in crisi, sto cambiando idea”. Non voglio portarli verso le mie idee, rispetto le loro, ma pretendo che imparino a motivarle con argomenti rigorosi, non con la chiacchiera da bar».
NELLA VITA. La vita di Marco Erba ne rispecchia la filosofia: «Mia moglie e io abbiamo due figli naturali e due ragazzi in affido, l’ultimo è arrivato da poco dal Marocco: sua madre s’è indebitata per pagargli il viaggio. Dov’è la differenza tra lei e i miei genitori che facevano sacrifici per mandarmi a scuola dai Salesiani a Milano? Nella mia visione della vita la famiglia è un nucleo che si apre al mondo. Rispetto chi la pensa diversamente, ma non è la mia idea: mi sono sentito padre per la prima volta quando ho visto il primo bimbo avuto in affido affacciarsi dietro l’educatrice; quando è nata mia figlia, dopo, avevo già questa esperienza. Quando sento, come capita, i miei alunni dire che i musulmani sono tutti con l’Isis, io posso replicare con la storia di un ragazzo di 17 anni che dell’Isis non sa niente, che la sera prega con me il suo Dio diverso dal mio e lo ringrazia d’avergli dato la possibilità di studiare nella stanza accanto, che a casa non avrebbe avuto».