Maria Cristina di Savoia (1812-1836).
Sembra davvero viva, dormiente in un sorriso serafico, i lineamenti delicati e l’incarnato bianco, come fu ritratta nella miniatura che fece esclamare al giovane Ferdinando II di Borbone, che lottò per un quinquennio prima di avere il suo assenso alle nozze: «Occhi di gatta sarete pur miei!». E invece si tratta di un simulacro in silicone (nella foto), realizzato da un gruppo di artisti di Trani, che riproduce alla perfezione le fattezze di Maria Cristina di Savoia (1812-1836), la regina delle Due Sicilie proclamata beata esattamente dieci anni fa. Questa spettacolare effigie (perfetta anche la ricostruzione degli abiti e dei gioielli) verrà accolta da padre Massimiliano Scarlato e dai suoi confratelli nella basilica di Santa Chiara a Napoli, custodita dai francescani, dove riposano le spoglie della sovrana, alle 10,30 di domenica 28 gennaio e resterà esposta sino al 4 febbraio. È una delle iniziative in onore del decennale della beatificazione di questa ragazza speciale, che attirò anche l’attenzione del filosofo Benedetto Croce, il quale nel 1924, le dedicò un breve saggio poco conosciuto.
In ciascuna delle 8 giornate previste nel fitto programma verrà ricordato un aspetto diverso di Maria Cristina, dalla suo modo di esercitare la carità sovvertendo il concetto di semplice obolo con l’impegno concreto per dare agli ultimi l’effettiva possibilità di un riscatto sociale al suo essere sposa cristiana, capace di spegnere anche ruggini e vivaci contrasti in seno alla famiglia acquisita o alla costanza con cui cercò costantemente nell’orazione una via per l’intimità con Dio. Aspetto quest’ultimo di grande attualità nell’anno di preghiera voluto da Papa Francesco in preparazione al giubileo.
Maria Cristina aveva convinto persino il marito a recitare il Rosario e adorare il Santissimo prima di ogni consiglio di Stato, tanto che Ferdinando, passato poi alla storia come “Re bomba” per la dura repressione verso i moti risorgimentali, dichiarò al processo di beatificazione iniziato già negli anni Cinquanta del XIX secolo: «Lei mi ha insegnato a vivere e morire».
Il Rosario precederà, ogni giorno, la celebrazione eucaristica. Quella del 1° febbraio, memoria liturgica della beata, verrà presieduta da padre Giuseppe Sorrentino, vicario provinciale dei frati minori di Napoli.
Maria Cristina, figlia di Vittorio Emanuele I e Maria Teresa d’Asburgo, sovrani del Regno di Sardegna, fu la prima moglie di Ferdinando II e morì, neppure ventiquattrenne, il 31 gennaio 1836, per un’infezione post-partum (ma secondo gli inediti appunti di uno dei medici che l’assistettero potrebbe esserle stato fatale il trauma per una caduta) dopo aver dato alla luce il figlio, Francesco II, effimero ultimo re delle Due Sicilie, spodestato dai Savoia Carignano, cugini alla lontana di Cristina.
La fede della “Reginella Santa”, come la chiamavano i suoi sudditi, fu tale che si spense rincuorando chi piangeva per lei e bisbigliando sino all’ultimo respiro: «Credo in Dio, amo Dio, spero in Dio». Aprì mobilifici e maglifici nei quartieri più abbandonati di Napoli e attivò nelle seterie di San Leucio (Caserta) una produzione di abiti e tessuti che diede lavoro e riscatto a un migliaio di persone, anche tante donne strappate alla strada. Spense ogni intrigo e pettegolezzo a corte, tanto che il duca di Ascoli, tra i più alti dignitari di Corte, testimoniò: «Parlava sempre di Dio, oramai le udienze con lei erano quasi lezioni di catechismo».
In occasione del decennale della beatificazione anche incontri di preghiera “a tema” per i consacrati (il 2 febbraio), per gli ammalati (il 3) e per la giornata della vita (il 4). Esposte inoltre altre opere d’arte dedicate a Maria Cristina, molte realizzate dal pittore Gioacchino Vellutino, detto “Jack” e da suo fratello, il francescano padre Antonio, entrambi fervidi devoti della Beata.