La figura minuta che tradisce ancora il ricordo del passato vigore, i capelli raccolti sulla nuca, gli occhi azzurri, pazienti e pieni di attenzione: e deve averne di pazienza Maria dos Anjos, la nipote di suor Lucia, per non stancarsi dei curiosi che di continuo entrano in casa sua per conoscerla.
Ha 97 anni ed è figlia della sorella maggiore di Lucia dos Santos; da sua madre ha preso il nome e tutta la vita l’ha trascorsa ad Aljustrel, la frazione del paese di Fatima dove sono nati anche i tre pastorelli.
Nella sua lunga vita ha avuto dieci figli, dieci nipoti e cinque pronipoti, che ora sorridono da una fotografia accanto a lei; in un’altra cornice, la menzione apostolica che papa Wojtyla le ha fatto avere in occasione del suo settantacinquesimo compleanno.
Oggi che può riposarsi, passa le sue giornate seduta nell’entrata o davanti alla soglia, quando il tempo lo permette, sempre disponibile a scambiare qualche parola con chi viene a visitarla.
La sua casa si affaccia proprio su quella dove abitava Lucia con la sua famiglia, diventata ormai un luogo di continuo pellegrinaggio. Il ricordo di suor Lucia e dei suoi insegnamenti, come si può immaginare, è ancora molto forte in Maria, che andava spesso a trovarla nel Carmelo, a Coimbra, dove la suora carmelitana ha trascorso ben 57 anni di clausura.
Che cosa le diceva suor Lucia quando la incontrava?
«Parlavamo della famiglia; era felice di vederci, voleva sempre sapere come stavamo, si preoccupava di tutti, anche di quelli che avevano una fede vacillante. Si raccomandava che dicessimo sempre il Rosario e facessimo sacrifici per salvare i peccatori dall’inferno, così come la Madonna aveva detto durante le apparizioni. Mi spronava ad andare a Messa non solo la domenica, bensì anche durante la settimana, ma io le rispondevo che con il lavoro non ci riuscivo, non avevo tempo libero, e lei mi capiva sempre. Il Rosario l’ho sempre recitato, tutti i giorni, e ora anche più spesso».
E sacrifici riusciva a farne?
«Sacrifici ne facevamo tanti tutti i giorni, lavoravamo dall’alba al tramonto, dovevamo soltanto ricordarci di offrirli a Dio».
Ha sempre vissuto in questa casa dove si trova ora?
«Sempre, a parte un breve periodo quando, da bambina, i miei genitori mi mandarono a vivere a qualche chilometro da qui da un’altra famiglia che non aveva figli, mentre noi eravamo otto fratelli e sorelle. A me non piaceva, ma non avevo scelta. Sono tornata a casa quando avevo 14 anni».
È andata a scuola?
«Mai. A 5 anni portavo già al pascolo le pecore».
È cambiato molto il mondo da quando lei era giovane?
«Molto, moltissimo. Lei non ha idea di quanto sia diverso oggi».
Ripensando al passato, ha dei rimpianti?
«Avrei tanto voluto dedicare la mia vita a Dio e farmi suora, ma mia madre non me l’ha permesso. C’era bisogno di me per lavorare in casa e nei campi. E così ho obbedito. Era normale un tempo: quello che i genitori dicevano, i figli facevano».
Ha avuto gioie nella sua vita? Qualche grazia?
«Gioie ce ne sono state, certo, ma di grazie ne ricordo due in particolare: due miracoli che conservo nel cuore e non condivido con nessuno».
Testo di Federica Tourn. Foto di Giulia Bianchi