A pochi giorni di distanza escono due preziosi libri per ricordare una grande protagonista dello spettacolo italiano, Mariangela Melato, scomparsa l’11 gennaio 2013. Magnetica Mariangela (Manfredi Edizioni), curato da Anna Testa, con la prefazione di Rodolfo di Giammarco, riunisce le foto del celebre fotografo teatrale Tommaso Le Pera e propone anche testimonianze di amici, attori, registi che hanno lavorato con l’attrice (tra gli altri Renzo Arbore, Giorgio Armani, Anna Bonaiuto, Ferdinando Bruni, Elio De Capitani, Gabriele Lavia, Anna Melato, Eros Pagni, Marco Sciaccaluga, Toni Servillo, Franca Valeri). Attraverso la magia delle 250 foto di scena si ripercorrono gli spettacoli indimenticabili di cui l’attrice è stata protagonista. Mentre l’altro volume, Mariangela Melato, tra cinema, teatro e televisione (Mimesis), a cura di Cristina Formenti, per Quaderni degli attori milanesi - collana diretta da Alberto Bentoglio, Mariagabriella Cambiaghi, Elena Dagrada, Raffaele De Berti - con precisione e una lunga e documentata ricerca analizza, attraverso interventi di studiosi, tutti gli aspetti dell’unicità dell’arte della Melato: il teatro, nel sodalizio con Luca Ronconi (Mariagabriella Cambiaghi), e nel rapporto con il Teatro Stabile di Genova (Silvia Tisano). Inoltre, accurate sezioni sono dedicate al cinema (Cristina Formenti, Barbara Grespi, Lorenzo Rossi, Mauro Giori), alla televisione (Giorgio Simonelli, Michele Sancisi) e l’appendice riporta un’intervista all’amico giornalista Maurizio Porro, oltre alla teatrografia, filmografia e l’elenco delle trasmissioni televisive.
In questa occasione, abbiamo incontrato Anna Melato, la sorella minore di Mariangela, anche lei cantante e attrice, per illustrare il loro rapporto ma anche per ricordare la sua passione per la recitazione e spiegare il suo instancabile metodo di lavoro che l’ha indotta a recitare fino all’ultimo, nonostante fosse gravemente malata.
Tornando indietro nel tempo. La vostra era una famiglia borghese: vostro padre, nato in Germania, emigrato in Italia sotto il Nazismo, cambia il suo cognome da Honing a Melato, vive prima a Trieste e poi a Milano dove diviene vigile urbano, mentre vostra madre era una sarta. Come mai voi tre figli, oltre a Mariangela, scegliete di lavorare nello spettacolo, Ermanno, il maggiore diventa musicista, e tu Anna, la minore, attrice e cantante?
La nostra era una famiglia normale, ma nostra mamma ci ha trasmesso nel dna la sua passione per il ballo e la musica. Ermanno studiava musica, suonava la fisarmonica, mentre io e Mariangela, che aveva 11 anni più di me, abbiamo condiviso molti interessi comuni, tra cui la recitazione. Da bambina osservavo incuriosita mia sorella maggiore: Mariangela è sempre stata molto fantasiosa, aveva quelle che io definivo “le visioni”, cioè si vestiva in modo originale e stravagante per l’epoca. Spesso mia mamma, avendo una sartoria, ci vestiva con le gonne a righe rosse e blu, con i cappellini di velluto, ed eravamo sempre eleganti, così, quando crescendo, vedeva Mariangela combinarsi in modo anticonvenzionale restava sconvolta: un giorno, a 16 anni, ha tagliato un sacco per farlo entrare dalla testa e poi lo ha arricchito con nastri di tutti i colori, è stato uno choc per mia madre! In ogni aspetto artistico mia sorella voleva inventare e sperimentare, ma negli anni Sessanta le sue idee erano difficilmente accettabili dalla famiglia. Mio fratello ha studiato e suonato la fisarmonica, si esercitava con la musica di Handel, ma a noi sorelle piaceva di più quando suonava melodie più popolari. Lui era molto bravo, ed è anche grazie a lui se ho scoperto la mia passione per la musica, e grazie a mia sorella se ho conosciuto musicisti allora poco noti in Italia; quando avevo sette anni il massimo della modernità nella canzone italiana era Nel blu dipinto di blu (Volare) di Modugno, ma io, bambinetta alle scuole elementari, stupivo i miei compagni parlando di Tenco, di John Coltrane, perché Mariangela, sempre stravagante, veniva a casa con i dischi di jazz, che allora altri non conoscevano; noi scherzando li chiamavamo “i padelloni”. Nonostante nella mia famiglia si ascoltasse già musica, mia sorella ha sempre portato la novità in casa e la fantasia con una determinazione tale che le ha poi consentito di realizzarsi.
Quali studi ha intrapreso poi Mariangela?
Mariangela si è diplomata all’Accademia delle Belle Arti di Brera a Milano, dipingeva molto bene, poi ha lavorato come commessa alla Rinascente e, quando hanno indetto un concorsetto per allestire le vetrine, mia sorella, con la sua creatività, l’ha vinto subito, divenendo vetrinista. Poi passando per le via del centro ha visto un annuncio della scuola di Esperia Sperani, presso l’Accademia dei Filodrammatici di Milano, e ha voluto iscriversi: lei voleva sperimentare tutte le esperienze artistiche vitali.
Come ha reagito la vostra famiglia quando avete capito che Mariangela avrebbe lavorato veramente nello spettacolo?
A vent’anni Mariangela se ne andò di casa, per seguire il regista Fantasio Piccoli, fondatore del Teatro Stabile di Bolzano. In casa mia accadde un quarantotto: una figlia ventenne che parte per fare teatro era considerata una figlia perduta! Io rimasi molto male, perché mi sentivo sola, dall’avere due fratelli in casa diventavo figlia unica: mio fratello era andato in casa di una zia per studiare musica e Mariangela era partita. Così il primo Natale senza di lei presi l’indirizzo del teatro e le mandai per posta un panettone, per farle sentire che le eravamo vicini, immaginandola sola, anche se i nostri genitori erano arroccati nelle loro posizioni di rifiuto delle sue scelte. Quando poi mia sorella è venuta a Milano con il suo primo spettacolo, in cui diceva solo una battuta, i miei genitori, senza dirle nulla, presero il biglietto per vederla, ma anche dopo non glielo dissero e non commentarono. Lei voleva fare davvero l’attrice, ma intanto in teatro faceva la trovarobe, la suggeritrice, il tecnico delle luci. Un po’ alla volta i miei genitori hanno ceduto, perché hanno capito che la sua passione era talmente viva, che non potevano imporle di fare un altro mestiere. Mariangela è sempre stata tenace, non si riusciva a farle cambiare posizione su niente.
Una donna così forte e determinata come ha gestito il rapporto con i grandi registi, tra cui Luchino Visconti, Luca Ronconi, Giorgio Strehler, Garinei e Giovannini, Gabriele Lavia, che l’hanno diretta in teatro?
I grandi registi spesso sono anche grandi uomini e, quando capivano la sua preparazione e la sua abilità di muoversi sul palcoscenico, si confrontavano con lei. Quando Visconti le disse “Ti taglieresti i capelli?”, lei, che all’epoca aveva dei lunghi capelli, ha risposto: “Anche i piedi!” Con Luca Ronconi poi si era creato un rapporto fraterno, si capivano a sguardi, si ascoltavano l’un l’altra, lei sapeva come rendere al meglio le situazioni e quindi Luca si fidava e apprezzava le sue idee. Nel cinema Mariangela ha avuto un cammino, anche difficoltoso, infatti non aveva una faccia con i canoni della bellezza di allora, aveva un volto strano, un volto speciale che divenne poi la sua particolarità e la rese ricercata anche dai registi cinematografici tra cui Pupi Avati, Lina Wertmüller, Steno, Vittorio De Sica, Mario Monicelli, Franco Brusati, Giuseppe Bertolucci.
Mariangela si è dedicata completamente alla sua arte e, nonostante le storie d’amore, non si è sposata e non ha avuto figli, era tuttavia molto legata ai suoi nipoti.
Mia sorella non ha mai avuto ripensamenti sul suo stato, ma sul fatto di non aver avuto figli negli ultimi tempi aveva dei rimpianti. Ai miei due figli, Giacomo e Federico, che hanno 7 anni di differenza fra loro, era molto attaccata, come se fossero suoi figli, divideva con loro le sue idee e i suoi pensieri, soprattutto con il grande, Giacomo, che ora è medico e che era molto simile a lei nel dedicarsi allo studio con grande costanza, mentre per il piccolo, essendo più bambino, provava una grande tenerezza, ora Federico studia all’università.
E tra voi sorelle, diventate entrambe celebri e svolgendo anche lo stesso lavoro, vi confrontavate?
Sì, per ogni scelta professionale io le chiedevo consigli, e lei spesso me li chiedeva per sé anche se, nella maggior parte dei casi, sapeva già cosa fare. Ogni tanto la prendevo in giro: “Cosa vuoi dirmi con questi dubbi? Tanto hai già deciso!”
A me dava dritte efficaci per i ruoli che sceglievo, ma anche consigli pratici. Quando ho girato la fiction Rossella, mi avevano proposto di mettermi una parrucca con i capelli grigi, ma con la parrucca si recita male, così lei mi suggerì di farmi crescere i capelli bianchi naturali, così sono stata due anni senza tingerli, poi sono tornata al biondo perché mi sentivo troppo vecchierella.
Mariangela come si avvicinava allo studio dei molti personaggi che interpretava? Infatti reinventava i classici e li rendeva unici, tra cui Olimpia di Orlando Furioso e Cassandra nell’Orestea di Eschilo con le regie di Ronconi, Medea di Euripide, Anna dei miracoli di William Gibson diretta da Giancarlo Sepe, Blanche in Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams con la regia di Elio De Capitani, Fedra di Racine, con Sciaccaluga, fino all’ultimo Nora alla prova tratto da Casa di bambola di Ibsen, ancora diretta da Ronconi.
Mia sorella aveva un maniacale bisogno di sapere tutto a memoria, anche la parte degli altri attori; poi, fissata la parte, lavorava molto da sola sul personaggio, non staccava mai, studiava ore ed ore. Qualche volta abbiamo litigato, perché le dicevo che aveva bisogno di distrarsi e interrompere uno studio così ossessivo. Non era il suo il bisogno di sentirsi la prima della classe, ma era la necessità di sapere di avere tutto sotto controllo, per sentirsi sicura, e anche così aveva sempre paura del palcoscenico, fino all’ultimo tremava, temeva i vuoti di memoria, che non ha mai avuto, anzi riempiva quelli degli altri! Prendeva appunti sui copioni e ora, con l’Associazione Mariangela Melato, sto cercando, con l’aiuto di amici, di realizzare un sito con tutti i materiali che la riguardano, perché desidero che anche le nuove generazioni conoscano la sua arte. Dall’anno scorso abbiamo anche un Premio teatrale Mariangela Melato dedicato ad attori giovani ma già affermati, nato in collaborazione con il Premio Hystrio. Quando il Piccolo Teatro le ha dedicato il Teatro Studio mi sono commossa a vederlo scritto sui programmi della stagione. Mariangela ci teneva ai suoi colleghi attori, ha donato tutti i suoi libri di teatro alla scuola del Piccolo e quando era malata recitava lo stesso perché la sua preoccupazione principale era dover sospendere le recite e lasciare senza stipendio la compagnia. Lei pensava sempre agli altri ed ora tocca a me continuare a pensare a lei.