È una promessa e si può essere certi che sarà mantenuta. Perché lei, Mariella Enoc, presidente del Bambino Gesù, il più importante ospedale pediatrico d’Europa, chiamata dal segretario di Stato Pietro Parolin per riportarlo alla sua missione originaria, cioè curare tutti e bene, e sbaragliare quella povertà sanitaria che impedisce alle persone di curarsi, è una donna che non si tira mai indietro: «Se qualcosa è stato tolto all’ospedale noi chiederemo i danni e la restituzione, non solo i danni economici ma anche quelli morali, e io mi batterò come una leonessa che protegge i suoi cuccioli».
Dentro il nuovo scandalo di Vatileaks, per il quale cinque persone sono sotto processo in Vaticano, ci sono carte che raccontano presunte malversazioni ai danni del Bambino Gesù, l’ospedale del Papa. Il suo compito è preciso: dissipare ogni ombra e ripristinare trasparenza perfetta nella raccolta e nelle spese dei fondi. Da poche settimane è operativa la nuova Fondazione che promuove conoscenza e opera raccolta di finanziamenti con un nuovo consiglio direttivo, dove siedono tra gli altri l’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli e l’ex presidente della Rai Anna Maria Tarantola. La prima campagna parte con il Giubileo e si chiama “Vite coraggiose”, che non sono solo quelle dei bambini, ma anche delle loro famiglie, dei medici e di chi dona. Durerà tre anni e serve per finanziare la ricerca scientifica e la cura sulle malattie rare, orfane, perché senza nome e senza cura, perché colpiscono meno di una persona su 100 mila.
Il Bambino Gesù è in prima fila da anni in questa battaglia, con il 5 per cento di tutte le malattie rare al mondo diagnosticate qui. Al Bano ha regalato la canzone della campagna Vite coraggiose. Per donare si può andare sul sito www.donaora.it. Dice Mariella Enoc: «Abbiamo sofferto in questi giorni, non lo nego. Se qualcuno ha sbagliato dovrà rimediare. Io voglio che non resti nessuna ombra».
Presidente Enoc, cosa è accaduto?
«Stiamo verificando e andremo fino in fondo. Questo ospedale ha il diritto di essere trattato bene».
Lei teme danni morali?
«Temo che la gente pensi che qui si spendono soldi per altri scopi. Invece noi il denaro lo spendiamo solo per i nostri bambini».
Quali finanziamenti ha il Bambino Gesù?
«Fa parte del Sistema sanitario nazionale, che paga le prestazioni secondo i protocolli. Poi c’è una legge dello Stato che prevede 50 milioni di euro per il Bambino Gesù, diventati 43 con la spending review, per sostenere la ricerca. Negli anni passati, inoltre, nelle leggi finanziarie era sempre previsto qualche altro sostegno proprio per mantenere il livello di eccellenza nella ricerca. Quest’anno il Governo non ha previsto alcun contributo. E infine i donatori, i benefattori privati. La Fondazione serve proprio a questo».
Preoccupata?
«No. Il Bambino Gesù parla con i fatti. Facciamo più trapianti di midollo di qualsiasi altro ospedale d’Europa. L’attività di ricerca scientifica è avanzatissima, abbiamo cuori artificiali sofisticati per tenere in vita i piccoli pazienti, visto che il cuore è l’unico organo che non si può trapiantare da vivente. Abbiamo fatto l’impianto del più piccolo cuore artificiale al mondo, appena 11 grammi, su un bambino di 16 mesi. Abbiamo curato 100 bambini stranieri con patologie gravissime non trattabili nei loro Paesi, tra cui 26 del Venezuela e altri dall’Africa e dall’Asia. Abbiamo formato qui 144 medici e infermieri di Paesi in via di sviluppo. Poi ci sono 200 missioni internazionali in 20 Paesi, da Haiti al Vietnam, comprese quelle dei campi profughi in Medio Oriente. Nell’ospedale copriamo tutte le specialità mediche pediatriche con ogni tipo di trapianto».
Sul fronte della povertà sanitaria?
«Le faccio un esempio. Abbiamo visto che sono diminuite le visite. I motivi sono vari, perché ci sono meno soldi per i ticket e anche per la polemica sull’inutilità dei vaccini, per cui i genitori meno attrezzati ritengono che sia inutile andare in ospedale. E allora abbiamo deciso di andare noi nelle periferie con l’aiuto di un’associazione che si chiama Osa e ambulatori mobili del progetto “Nontiscordardime”. La Fondazione serve a questo: curare i bambini e assistere le famiglie. Se devo ricoverare e operare un bambino dall’estero che altrimenti morirebbe, occorrono molti soldi per l’operazione e l’ospitalità dell’intera famiglia, a volte per un anno. Il Fondo regionale per far fronte a queste situazioni è stato ridotto a zero. Dunque, o trovo i soldi dei benefattori o i bambini muoiono. L’anno scorso abbiamo assistito 4.500 famiglie e abbiamo potuto contare su 190 stanze in albergo e strutture d’accoglienza per un totale di 103 mila pernottamenti gratuiti. Io chiedo fiducia e sostegno per questa Chiesa che intende servire i poveri, con il massimo dell’efficacia e dell’efficienza scientifica. Fare la carità non significa affatto abbassare il livello dell’assistenza e dello studio».