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venerdì 08 novembre 2024
 
 

Mario il guerriero e la mamma

29/06/2012  Una fiera statua Masai dopo il secondo gol; l'emozione più grande, dedicare la vittoria alla madre. Così Balotelli ci ha travolti e conquistati.

    Siamo esplosi al primo gol, le emozioni ci hanno travolto al secondo e abbiamo deciso per sempre che sì, Balotelli è davvero "Supermario". Giovinezza, potenza e talento allo stato puro, e una freddezza, una lucidità che stupiscono in un ragazzo che fuori dal campo ne combina di tutti i colori: in 16 minuti, quelli trascorsi tra le due reti, ha travolto le illusioni tedesche e deciso il nostro 2-1 sulla Germania.

    E al 36' del primo tempo, Mario Balotelli è diventato un'icona. Quando si è sfilato la maglietta ed è rimasto immobile, in quella posa da guerriero con gli occhi fissi, in un lampo abbiamo intuito gli spazi africani e contemplato una statua Masai. Con quel nome che più italiano non si può, "Supermario" è stato un simbolo della globalizzazione bella, che travolge i razzismi e senza la quale non avremmo umiliato i tedeschi.

    Poi, quando parla, Balotelli ritorna ragazzo. Lo spogliarello che gli è costato il cartellino giallo, lo ha commentato così: "I compagni non si sono mica arrabbiati, è che mi invidiano il fisico". Presunzione sfacciata e ingenua, e assolutamente giovanile. Ma commovente, invece, il modo nel quale ha descritto il suo momento più emozionante, quando è andato in tribuna e ha abbracciato la madre adottiva, una donna non più giovane venuta apposta a Varsavia, dicendole: "I gol sono per te".

    Prima della partita contro la Germania, Balotelli lo si amava o lo si odiava, per motivi viscerali più che razionali. Il suo colore, la sua storia, la sua età, le sue intemperanze venivano usati per abbatterlo o giustificarlo. Ma a Varsavia alla fine si è visto soltanto il talento, quella porta dove chi è nato fuoriclasse sbatte tutte le rabbie e gli umori balzani e crea davanti al mondo qualcosa che è più grande di lui. E ieri sera eravamo tutti Balotelli: abbiamo dimenticato i problemi, i mal di pancia e un'Italia (intesa come Paese, non come Nazionale) che non sempre ci piace, per sentirci fieramente, istintivamente italiani. Come quel nostro connazionale di colore, immobile in mezzo alla stadio, che senza volerlo in un secondo ci ha reso meno provinciali.

    Speriamo che Supermario abbia detto un grazie a Prandelli, che ha creduto in lui ed è riuscito a dargli qualche regola. Noi, da parte nostra, ringraziamo di cuore questo allenatore e quest'uomo che non ha mai perso la sua umanità in un ambiente cinico, che riesce a vincere senza diventare arrogante e ha quella faccia onesta e normale che non crea un'immagine, ma un esempio e un risultato sì.

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