Mark Ronson Mark Ronson, produttore e cantante tra le menti più creative del pop moderno, è come non te lo aspetti: disponibile. E, cosa da non sottovalutare, non guarda mai l'orologio. Pur nel turbinio delle sue frenetiche giornate milanesi per la promozione del nuovo album, il quarto, Uptown Special (Sony), scritto e prodotto insieme a Jeff Bhasker e primo grande album del 2015. Una fusione di r&b, soul e funk, dove collabora con artisti del calibro di Stevie Wonder, Bruno Mars, Kevin Parker, Andrew Wyatt. Ad anticiparne l'uscita, il singolo Uptown Funk con Bruno Mars, il più trasmesso dalle radio del pianeta e ambientato nella New York degli anni '70. Lo incontriamo nel quartier generale di radio Deejay, a Milano.
Uptown Special è la punta di diamante della sua carriera artistica. Si aspettava un successo così planetario?
"Era passato molto tempo dall'ultimo disco e sapevo che per il mio ritorno avrei dovuto fare qualcosa di veramente speciale: il mio album migliore. Nella musica i generi, gli stili, i produttori si avvicendano a ritmo frenetico, quindi se a qualcuno nel 2015 importa ancora di Mark Ronson è perché Mark Ronson fa il disco più bello".
Michael Chabon, premio Pulitzer per la narrativa nel 2001, ha scritto la maggior parte dei testi del suo nuovo album. C'è una sorta di fil rouge tra una canzone e l'altra?
"All'inizio volevo che fosse lui a occuparsi di tutti i testi, poi io e Bruno Mars abbiamo avuto l'intuizione di scrivere Uptown Funk, e abbiamo preferito che ogni canzone avesse una sua identità. I brani sono più interessanti se raccontano storie a sé. Michael l'avevo incontrato molto velocemente in una di quelle situazioni in cui si autografano libri. Un anno dopo gli ho mandato una email senza pretese e senza sapere se mi avrebbe scritto i testi o dato solo qualche idea. In realtà mi ha mandato i testi completi. Due settimane dopo io, Michael e Jeff Bhasker eravamo già a Venice, in California, per sperimentare: a volte siamo partiti dai testi e abbiamo adattato la melodia, altre volte il contrario.
Lavorare fianco a fianco con il grande chitarrista e produttore Nile Rodgers al nuovo disco dei Duran Duran ha influenzato il mood del suo album o è stato il contrario?
"Conosco Nile Rodgers da quando avevo sei anni perché era amico dei miei genitori. Da ragazzo, quando facevo il dj nei locali di musica black a New York, per forza di cose mettevo quel genere e non potrei non esserne influenzato oggi. Quando ho realizzato Uptown Funk l'ho fatto ascoltare al mio chitarrista preferito, che ha suonato con Amy Winehouse, e lui mi ha detto che la chitarra sembrava quella di Nile Rodgers. È un grandissimo complimento. Da ragazzo, quando ascoltavo buona musica mi chiedevo perché mi piacesse quella canzone di Madonna o quell'altra dei Duran Duran o di David Bowie. Beh, comun denominatore era la produzione di Nile Rodgers. Nel singolo Uptown Funk, si riscontrano sonorità stile Motown, percussioni sintetiche alla Michael Jackson, voce riecheggiante alla James Brown.
Sua mamma, Ann Dexter, è una scrittrice appassionata di musica. Il suo patrigno, Mick Jones, è un chitarrista, fondatore del gruppo rock Foreigner. Il suo destino era segnato...
"A casa si respirava musica: Mick aveva l'apparecchiatura con cui potevo registrare i demo che facevo con la mia band. Anche mio papà, che non era un musicista, ha sempre amato il soul e il funk. Ma poi sono stato io a trovare la mia strada. Della New York degli anni '90 ricordo l'energia, la voglia di ascoltare musica nei locali della downtown, dove la gente, quanto mai eterogenea, veniva per ballare e non per il tavolo riservato con la bottiglia di champagne. Oggi la musica non ha più quel ruolo primario".