«Sono ricco di relazioni ma amo la solitudine e il silenzio. Coltivo l’intelligenza che va nel profondo ma sono una persona estremamente pratica. Insomma, una persona un po’ bipolare?».
Ride di gusto, l’imprenditore Massimo Folador, quando gli chiedi quale sia l’immagine che meglio lo identifica. Come direbbe il filosofo Hegel, la sua vita è una coerente «sintesi degli opposti», dove tutto cambia e tutto ritorna. «Da giovane», racconta, «sono cresciuto nell’oratorio di Induno Olona, vicino a Varese. Dopo la laurea in Scienze politiche mi sono lanciato nella Milano da bere, nel business, nella carriera. Sono stato manager, direttore commerciale e amministratore in grandi gruppi editoriali. Poi verso i 40 anni, nel mezzo di un cammino di successo, il mio complesso equilibrio si è rotto, a livello umano e professionale. Ho attraversato tempi di ripensamento e di dolore. Nella crisi, ho incontrato il mondo dei Benedettini: lì è finita la mia prima vita ed è iniziata la seconda».
Ora, a ben guardare, che connessione poteva mai esserci tra un manager in crisi di identità e il mondo benedettino? «Mi ero diviso da me stesso», rammenta Massimo, «le mie dimensioni fondamentali tiravano da parti opposte. Fino al giorno in cui sono andato all’eremo di Santa Caterina, dove allora aveva sede una piccola comunità di benedettine e c’era padre Roberto Comolli, che ha insegnato per tanti anni all’abbazia di Disentis, in Svizzera. Lì ho incontrato persone più serene di me, più equilibrate e profonde, senza per questo rinunciare al gusto dell’intraprendere. Erano l’àncora di salvezza che cercavo, la via per una nuova unificazione».
In effetti, l’ora et labora dei monaci benedettini offre una sintesi unica per chi insieme coltiva l’aspirazione a una vita spirituale e la voglia di agire con successo: «In realtà il motto originario del mondo benedettino», dice Massimo, «è ora et lege et labora, ossia “prega e leggi e lavora”, che mette insieme spirito, mente e corpo. Noi continuiamo a scindere: o siamo troppo spirituali e devoti o troppo pratici e carnali o troppo intellettuali. Decisivo è invece quell’et: non possiamo vivere bene e costruire bene se non connettiamo tutte le nostre dimensioni. I Benedettini, senza volere fare impresa, hanno portato a perfezione la birra e il vino, costruito le cattedrali e sviluppato la cultura attraverso gli amanuensi. Chi più di loro ha lasciato tanta impresa di valore nella storia? E come hanno fatto? Prima di tutto pregavano e meditavano. Le loro scoperte erano frutto della sacralità che mettevano nel loro lavorare, l’esito finale di un bene cercato e condiviso».
LA SCELTA DI CAMBIARE
Nella sua seconda vita, Massimo Folador è sceso dal treno del business come imperativo quotidiano e ha deciso di diventare libero professionista. Libero di nome e di fatto.
Forte delle sue nuove scoperte, dal 2001 ha iniziato ad offrire a tante grandi aziende italiane consulenza, progettazione e realizzazione di interventi formativi per migliorare la qualità delle risorse umane e della stessa organizzazione. Poi nel 2006 ha scritto un libro, L’organizzazione perfetta, sintesi del suo percorso. Ed è iniziata, passo dopo passo, la sua terza vita di scrittore, conferenziere, insegnante universitario di Business Ethics e Sviluppo sostenibile presso la Liuc-Università Cattaneo (Castellanza, Varese), e infine di imprenditore.
SAN BENEDETTO E L’IMPRESA
«In quel primo libro, che ha venduto 30 mila copie», ricorda, «rilessi la regola benedettina rintracciandovi le radici di una capacità di fare impresa che mira al bene comune, invece che al puro guadagno individuale. San Benedetto nel costruire la sua comunità dice: “Fa’ in modo che i forti abbiano di che desiderare e che i deboli non si sgomentino”. Benedetto ha sempre in mente le persone e la comunità, un’organizzazione ben strutturata dove la persona è il tassello fondamentale, ma diventa tale solo se si integra nella relazione con gli altri. A ognuno va garantito il suo desiderio e il suo ritmo, per essere in grado di costruire valore per tutti».
La visione di un’economia che mira al bene comune, come Folador racconta nel suo ultimo libro (Storie di ordinaria economia, 2017), vive su tre pilastri: «L’attenzione al capitale umano e alla valorizzazione delle persone, lo sviluppo delle relazioni e della cooperazione, sia all’interno che all’esterno dell’azienda, e la capacità di vivere l’impresa come un sistema, un progetto sociale che va oltre i confini dell’impresa stessa».
L’impresa “bella e possibile” del mondo benedettino è anche la fonte essenziale della società di consulenza e formazione, che Folador ha fondato a servizio delle imprese e della loro capacità di generare valore: «Questa è la nostra impresa», spiega, «e l’abbiamo chiamata Askesis, termine greco che indica l’ascesi e intende la capacità di prefigurare un modello e poi di realizzarlo, come fa l’artigiano. Askesis indica anche l’allenamento quotidiano, come quello dello sportivo. Ecco, le mie parole essenziali sono discernimento e allenamento, ascesi e azione. Ogni giorno dobbiamo cercare di capire a fondo chi siamo, cosa vogliamo, come è il mondo, per poi provare ad agire e realizzare in maniera pervicace quello che abbiamo capito».
Come dice il Vangelo, portiamo sempre il nostro cuore là dove si trova il nostro tesoro. «Il tesoro vero», conclude Massimo, «quello che non dobbiamo sbagliare a identificare, è la tensione al bene comune. È questa tensione, non la perfezione, che fa di un uomo una persona in cammino».
LA VITA E L’OPERA PRIMA IL “BENE”
Nato nel 1961, dopo una vita da manager, Massimo Folador è oggi formatore, docente universitario alla Liuc (www.liucbs.it), imprenditore nel campo della consulenza e formazione aziendale con la sua società Askesis srl (www.askesis.eu), che annovera tra i propri clienti alcune fra le principali aziende italiane. Collabora con il quotidiano Avvenire e ha al suo attivo diversi libri, tra cui ricordiamo: L’organizzazione perfetta. La Regola di San Benedetto. Una saggezza antica al servizio dell’impresa moderna (Guerini e Associati 2006); Un’impresa possibile. Persone e aziende che costruiscono il futuro (Guerini Next, 2014); Storie di ordinaria economia. L’organizzazione (quasi) perfetta nel racconto dei protagonisti (Guerini Next 2017). Nel tempo libero promuove la cultura, la spiritualità e le opere benedettine attraverso l’associazione Verso il cenobio (www.versoilcenobio.it), di cui è presidente.
Foto di Giovanni Panizza