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venerdì 16 maggio 2025
 
 

Matteo Marzotto. Il manager che non ha paura dei suoi dubbi

05/01/2017  All’apice del successo, l’industriale ha cominciato a farsi alcune grandi domande. E oggi? «Sono convinto della fede: non della mia, perché sono sempre debole, ma del dono che Dio ci fa»

Un manager brillante che non ha paura di esprimere la propria fede e di mostrare anche le proprie fragilità. Parliamo di Matteo Marzotto, già ai vertici di imprese private e pubbliche, da Valentino all’Enit, oggi sulla plancia di comando dell’Italian exhibition group (Fiera di Vicenza e Rimini). Uomo di successo, Marzotto ha conosciuto la fede fin dall’adolescenza nella sua Valdagno, scrigno veneto della famosa dinastia industriale che va avanti da quasi due secoli. «Sono cresciuto in una famiglia attenta alla religione, rispettosa, ma quasi per tradizione. Un primo approccio un po’ nozionistico, che comunque mi ha dato un certo imprinting e, fin da subito, la percezione della presenza di Dio. Però procedevo a tentoni e la mia era la classica preghiera del chiedere. Era una religiosità discreta. Come ero discreto anche io nell’esternarla. Anche se un po’ alla volta imparavo a dire grazie a Dio non per abitudine, ma come sincera riconoscenza al tanto che già allora avevo».

ALLA PROVA DEL SUCCESSO

Un “avere” che porta subito Matteo Marzotto a quello che lui stesso definisce «l’apice del successo», un periodo che non affievolisce la sua fede. «Anzi, proprio allora che venivo riconosciuto, secondo i canoni standard del mondo, come un giovane di successo, ricco, belloccio, sportivo e con tante belle donne attorno, ho iniziato a farmi domande più profonde. Il fatto è che non riuscivo a gioire a pieno, era come se mi mancasse qualcosa d’altro».

Marzotto contestualizza il tutto: «Eravamo nel 2005 e continuavo a dirmi: “Matteo, nella tua vita devi dare più spazio alla spiritualità”. Sono seguiti almeno sei anni di un certo “fai da te”, un periodo attraversato da prove ma anche da non prove». E qui ci tiene a sottolineare un passaggio: «Quando tutto andava bene, non mi compiacevo di me stesso, di quel momento, ma volevo cercare, trovare...».

In maniera naturale, tra un Consiglio di amministrazione e l’altro, il giovane prende a frequentare i santuari mariani: «Sentivo questo bisogno di affidarmi alla Mamma: Lourdes, Loreto, Fatima. Ma soprattutto Medjugorje, che arriva peraltro nel periodo più difficile della mia vita, con un problema dietro l’altro. Ma sentivo che qualcosa doveva accadere e che quello era il posto giusto».

Arriviamo così alla fine di quel periodo di sei anni ed è a questo punto, in quel luogo, che Marzotto incontra la comunità Nuovi Orizzonti, presente anche nella cittadina bosniaca, con la fondatrice Chiara Amirante e il giovane sacerdote don Davide Banzato, oggi assistente spirituale della comunità.

LA SVOLTA CON NUOVI ORIZZONTI

  

«Il primo approccio è stato quello della curiosità verso quel loro modo di accogliere tutti. E di pregare. Ecco, a quel punto ho imparato a pregare, a dire il Rosario, ad avere bisogno ogni giorno anche di un solo pezzetto di testo sacro. Grazie a Chiara, ai continui incontri e confronti con lei, nella mia vita è scoccata quello che io chiamo “Dio-incidenza”».

Marzotto continua a dipanare la matassa di un’esistenza che non cambia con chissà quali stravolgimenti e neppure scinde il binomio fede-ragione: «Mi è servito riscoprire la fede in maniera diversa, ma volevo anche applicarla razionalmente». Ed ecco che arrivano altre prove della vita: «Ma adesso capisco che anche il dolore, la sofferenza, non sono passaggi inutili. E che è importante avere un pensiero gioioso anche nei momenti in cui i fatti, la ragione, magari dicono il contrario. Ho imparato anche a isolarmi un po’, fosse pure solo per recitare una coroncina del Rosario: questo mi fa bene, perché sono solo un pover’uomo che cerca di dire sì ogni giorno».

Le prove della vita, si diceva. E qui Marzotto apre un capitolo importante, quello della morte dell’amata sorella Annalisa, portata via da un brutto male. Nasce così la Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica, che sta per compiere vent’anni di opere importanti, «che però non si fanno mai da sole. Un impegno che non puoi limitare alla filantropia. Per tanto tempo mi è sembrata una cosa bella, con la percezione di sentire vicina mia sorella. Poi ho iniziato a guardare il tutto con gli occhi della fede. E ho scoperto accanto a me un Angelo custode».

Prove e sofferenze hanno attraversato anche altri ambiti in cui si muove necessariamente un uomo di successo: «Ho vissuto altre vicende familiari che mi hanno stravolto la vita, più che altro per incomprensioni. È stata una battaglia tra il lasciarsi andare e il pensare che invece ci sono altre opportunità. Ma anche in quei giorni ho trovato la forza per non piangermi addosso, di ripetermi che Dio veglia. Qui ho trovato la dimensione non solo di una speranza generica, ma del completo abbandono alla speranza. Mi dicevo: “Matteo, fermati: quanta libertà, anche materiale, hai? Quanta responsabilità hai?”. Questa è stata la battaglia quotidiana, che poi ho iniziato a vivere bene, ripetendomi che se si chiude una porta si apre un portone. Anche qui è entrata in gioco la mia fede, che mi aiuta a incasellare ogni tessera del mosaico. E la mia buona fede, se posso permettermi questo gioco di parole, la metto in pratica anche in certe decisioni che coinvolgono me e altre persone. E sono convinto che pure questo faccia parte di un progetto».

UNA VITA NUOVA

Oggi Matteo Marzotto è un uomo maturo ma, sempre giocando un po’ con le parole, viene da chiedergli a che punto sia la maturità della sua fede: «Sono convinto. Non della mia fede, perché io sono sempre debole, esposto a mille desideri, ma del dono della fede. E ora ho consapevolezza che questo dono è grande. Ho imparato a parlare di Dio a chiunque, anche se nell’ambiente degli affari può essere difficile. Posso parlare davanti a una persona o a cinquemila, come è successo a Frosinone all’inaugurazione di Cittadella Cielo (progetto di accoglienza avviato da Nuovi Orizzonti, ndr). Poi ci pensa lo Spirito Santo. Per il resto, faccio la vita di sempre: il lavoro, gli affari, anche guadagnando bene. Ma ora lo faccio con l’abbandono e la consapevolezza di avere fede».

Guardando avanti, si staglia l’impronta di Nuovi Orizzonti, fino al passo di diventare Cavaliere della luce: «È una esperienza che mi ha cambiato, perché ogni giorno incontro uomini e donne che grazie a questa realtà hanno cambiato la loro vita. E allora cerco solo di seguirli, di dare anche io la mia disponibilità a fare qualcosa di bello della mia vita, per gli altri».

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