Il vero Matteo Achilli
Seduto su un cubo di cemento nel giardino dell’Università Bocconi, risponde con un sorriso a un «Ciao, Matteo!» rivoltogli da uno studente, mentre al cellulare impartisce istruzioni come un imprenditore navigato. L’universitario che confessa di non essere ancora riuscito a dare un esame quest’anno e il titolare di un’azienda che ha fatturato oltre 300 mila euro e che ha appena aperto una sede a New York. Tutto questo è Matteo Achilli, la cui storia è raccontata nel libro e nel film The Startup trasmesso stasera da Rai 3.
Una storia che inizia a Roma, nel quartiere periferico Corviale, dove Matteo viveva con i genitori. «Io mi stavo preparando per la Maturità e proprio in quel periodo mio padre fu licenziato». Stanco di vedere avanti solo chi ha le conoscenze giuste, Matteo ha un’idea: creare un sito Internet per mettere in contatto i giovani che cercano un lavoro con le aziende, sulla base di un unico criterio: il merito. A ogni curriculum inserito viene assegnato un punteggio: così per le aziende sarà più facile trovare proprio i lavoratori che stanno cercando.
L’idea è buona, però ci vogliono i soldi per realizzarla. Nel film, il padre di Matteo dice alla madre: «Abbiamo un solo figlio, che però ha le idee chiare. A costo di mangiare pane e cipolla dobbiamo aiutarlo». Così con i 10 mila euro dalla liquidazione del padre e con l’aiuto di Giuseppe, un informatico che studiava a Pisa, nel 2012 nasce Egomnia, una startup come si dice nel gergo, cioè un’azienda dal forte carattere innovativo.
Nel frattempo, Matteo si trasferisce a Milano per frequentare la Bocconi, l’ambiente ideale per far conoscere e far crescere la sua creatura. Che infatti ha un boom, tanto da far guadagnare a Matteo le copertine di riviste del settore e da finire pure in un documentario della Bbc. Tutto questo, compresi gli inevitabili sbandamenti dovuti alla sua inesperienza, è raccontato nel libro e nel film.
Ma già prima che uscissero, sono comparsi in rete articoli che sostengono che sia tutto un bluff, l’ennesimo fenomeno mediatico dietro cui c’è il nulla, o quasi. A sostegno di questa tesi, si dice che il traffico sul sito è molto scarso e che nel 2015 la società ha fatturato 314 mila euro, con debiti per 120 mila e un utile di 5 mila. Numeri troppo bassi per giustificare tutto questo interesse? No, secondo Matteo: «Sono partito con 10 mila euro e in tre anni sono arrivato a oltre 300 mila. E poi il core business (l’attività principale di un’azienda, ndr) di Egomnia non è il portale in sé, ma la vendita della sua tecnologia alle aziende, che possono utilizzarla anche in maniera autonoma. Insomma, ho 25 anni e sono titolare di un’impresa in costante crescita che dà lavoro a me e ad altre sette persone. Non è male, no?».
Da quando ha iniziato, Matteo afferma che la situazione per i giovani imprenditori è un po’ migliorata. «Ci sono state leggi a favore delle startup, ma soprattutto c’è più consapevolezza in giro rispetto a quando ho iniziato io. Vedo tanti ragazzi e ragazze che, oltre a essere preparatissimi, hanno le idee molto chiare su cosa vogliono fare e su come realizzarlo».
Un’immagine che contrasta con quella dei “bamboccioni” o, se si preferisce, dei Neet, gli oltre due milioni di giovani tra 15 e i 29 anni che non studiano, né lavorano. «Il libro e il film sono rivolti principalmente a loro. Io non mi considero dotato di un particolare talento. Però sono uno che non molla mai. Ho avuto e ho tanti momenti di sconforto. Ma subito dopo mi ripeto: “Ce la devo fare!”. Io ragiono sempre in termini di società, o meglio di ecosistema. Se dieci ragazzi stanno a casa a non fare niente, l’ecosistema andrà sempre peggio. Se invece studiano, fanno progetti, falliscono e poi ritentano ancora, tutto l’insieme migliora. Bisogna stimolarli e anche far capire che, va bene, io sono stato anche fortunato, ma la mia storia dimostra che non è necessario andare dall’altra parte del mondo per realizzare i propri sogni».
Se chiediamo a Matteo quali sono i problemi più gravosi che affronta ora, sembra di sentire un cinquantenne alla guida di un’azienda tradizionale: «La burocrazia, che ti sfinisce anche quando devi chiedere un’agevolazione, e la tassazione. Io le tasse le pago volentieri, anche se sono troppo alte, ma perché devo farlo prima di avere incassato? Il sistema è concepito perché tu sia costretto, se vuoi crescere, a rivolgerti alle banche. Che però vogliono garanzie che tu, in quanto giovane, difficilmente puoi dare...».
Tra fidi bancari da onorare e nuovi clienti da conquistare, Matteo dice di non dimenticare di avere solo 25 anni. «Appena posso mi ritrovo con i miei amici. È importante alleggerire la mente». Il progetto di una famiglia è invece per ora lontano. «Non avendo vincoli, se domani devo partire per la Cina e restarci un mese posso farlo senza problemi. Devo dare tutto me stesso fino a quando l’azienda potrebbe andare avanti anche senza di me».
Nel film si vede che il rapporto con Emma, la sua fidanzata storica, a un certo punto va in crisi anche a causa della vita frenetica che lui conduce. «Ora abbiamo trovato un equilibrio. Abbiamo poco tempo per vederci, ma non credo di star facendo qualcosa di sbagliato: sto costruendo il mio e il nostro futuro».