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giovedì 22 maggio 2025
 
anniversari
 

Matteotti, una lezione di storia patria ed educazione civile

31/05/2024  La commemorazione del deputato socialista fatto uccidere da Mussolini a Montecitorio in occasione dell'ultimo discorso tenuto prima di morire, 11 giorni dopo, alla presenza del capo dello Stato e delle più alte autorità. La storia di questo martire della democrazia ci insegna che le democrazie incapaci di decidere aprono la strada dell'autoritarismo

Lo scranno di Giacomo Matteotti in Parlamento: in suo onore non potrà essere occupato da alcun deputato.
Lo scranno di Giacomo Matteotti in Parlamento: in suo onore non potrà essere occupato da alcun deputato.

Un’ora e un quarto è durata, ieri 30 maggio 2024, nell’aula di Montecitorio la commemorazione del centenario dell’ultimo discorso di Giacomo Matteotti alla Camera dei Deputati, che gli costò undici giorni dopo il rapimento e il vigliacco e brutale assassinio per mano di una squadraccia fascista capeggiata da Amerigo Dumini. C’erano tutte le autorità massime dello Stato, il presidente della Repubblica Mattarella, la leader del Governo Meloni, i presidenti delle Camere La Russa e Fontana, il presidente della Corte costituzionale Barbera, tanti ex (da Fini a Bertinotti, da Casini a Violante), politici, giornalisti, uomini e donne dello Stato. E, soprattutto, tanti ragazzi da tutta Italia. È innanzitutto a loro che era destinata quella lezione concentrata di storia patria e di educazione civica. Matteotti, come tanti altri italiani, forse lo conoscevano solo dal nome della via a lui dedicata in ogni città del Paese. Ora potranno dire di conoscerlo come un martire civile, un amico che ha dato la vita per loro. 

Per una volta destra e sinistra si sono ritrovate d’accordo a riconoscere che quell’uomo, morto a 39 anni, figlio del Polesine e delle lotte contadine, lui di famiglia ricca, fu ucciso da una dittatura brutale che eliminava fisicamente i nemici, gonfia del suo orgoglio fondato sulla convinzione che “ora toccasse a lei” e sull’incapacità di reagire di una società ancora ferita dalla guerra alla violenza impunita e arrogante delle squadre paramilitari fasciste.

È stato bello ascoltare il leghista Fontana dire: «La Camera onora Giacomo Matteotti, uno dei padri della nostra democrazia, vittima dello squadrismo fascista» e “ritirare” (proprio come si fa con le maglie dei giocatori nobili di una squadra di calcio) lo scranno da cui pronunciò il famoso discorso, drammatizzato in modo mirabile dall’attore Alessandro Preziosi. È stato emozionante ascoltare da Bruno Vespa la ricostruzione del quadro familiare, che in ogni uomo è l’altra faccia della medaglia che restituisce umanità e verità all’uomo pubblico. È stato interessante la ricostruzione dei fatti affidata a un mini documentario di Rai Cultura proiettato in aula e allo storico Emilio Gentile, secondo cui fu la violenza fascista già in atto a uccidere Matteotti e non il contrario, cioè l’assassinio del deputato socialista l’evento che avrebbe scatenato la furia del regime. Lo sta a dimostrare l’assunzione tronfia di responsabilità dell’assassinio pronunciata da Mussolini nel gennaio 1925.

Se siamo contenti di aver appreso che Giorgia Meloni dopo la commemorazione ha affermato davanti alle telecamere che «la lezione di Matteotti ci ricorda, oggi più che mai, che la nostra democrazia è tale se si fonda sul rispetto dell’altro, sul confronto, sulla libertà, non sulla violenza», ancor più ci resta nel cuore la lezione di alta politica che Luciano Violante quando è toccato a lui parlare. Il primo è sul valore della democrazia, frutto di due aneddoti di cui è stato testimone sugli scranni di Montecitorio: «Tre sono i caratteri dei liberi Parlamenti: si discute tra persone che hanno legittimamente diverse opinioni; è impossibile che una parte abbia sempre ragione e l’altra abbia sempre torto; per arrivare ad una sintesi ciascuno deve sforzarsi di comprendere le ragioni dell’avversario». Il secondo riguarda i rischi per la democrazia: «Proprio la storia di Matteotti ci insegna che le democrazie incapaci di decidere aprono i cancelli all’autoritarismo».

Due lezioni dalla storia che dobbiamo conservare per evitare gli errori del passato e rendere davvero onore a Giacomo Matteotti, martire della giustizia a cui tutti, che la si pensi a destra o a sinistra, dobbiamo rendere onore.

Da sinistra, Sergio Mattarella, Ignazio La Russa e Giorgia Meloni alla cerimonia in Parlamento.
Da sinistra, Sergio Mattarella, Ignazio La Russa e Giorgia Meloni alla cerimonia in Parlamento.

Per una volta destra e sinistra si sono ritrovate d’accordo a riconoscere che quell’uomo, morto a 39 anni, figlio del Polesine e delle lotte contadine, lui di famiglia ricca, fu ucciso da una dittatura brutale che eliminava fisicamente i nemici, gonfia del suo orgoglio fondato sulla convinzione che “ora toccasse a lei” e sull’incapacità di reagire di una società ancora ferita dalla guerra alla violenza impunita e arrogante delle squadre paramilitari fasciste.

È stato bello ascoltare il leghista Fontana dire: «La Camera onora Giacomo Matteotti, uno dei padri della nostra democrazia, vittima dello squadrismo fascista» e “ritirare” (proprio come si fa con le maglie dei giocatori nobili di una squadra di calcio) lo scranno da cui pronunciò il famoso discorso, drammatizzato in modo mirabile dall’attore Alessandro Preziosi. È stato emozionante ascoltare da Bruno Vespa la ricostruzione del quadro familiare, che in ogni uomo è l’altra faccia della medaglia che restituisce umanità e verità all’uomo pubblico. È stato interessante la ricostruzione dei fatti affidata a un mini documentario di Rai Cultura proiettato in aula e allo storico Emilio Gentile, secondo cui fu la violenza fascista già in atto a uccidere Matteotti e non il contrario, cioè l’assassinio del deputato socialista l’evento che avrebbe scatenato la furia del regime. Lo sta a dimostrare l’assunzione tronfia di responsabilità dell’assassinio pronunciata da Mussolini nel gennaio 1925.

Se siamo contenti di aver appreso che Giorgia Meloni dopo la commemorazione ha affermato davanti alle telecamere che «la lezione di Matteotti ci ricorda, oggi più che mai, che la nostra democrazia è tale se si fonda sul rispetto dell’altro, sul confronto, sulla libertà, non sulla violenza», ancor più ci resta nel cuore la lezione di alta politica che Luciano Violante quando è toccato a lui parlare. Il primo è sul valore della democrazia, frutto di due aneddoti di cui è stato testimone sugli scranni di Montecitorio: «Tre sono i caratteri dei liberi Parlamenti: si discute tra persone che hanno legittimamente diverse opinioni; è impossibile che una parte abbia sempre ragione e l’altra abbia sempre torto; per arrivare ad una sintesi ciascuno deve sforzarsi di comprendere le ragioni dell’avversario». Il secondo riguarda i rischi per la democrazia: «Proprio la storia di Matteotti ci insegna che le democrazie incapaci di decidere aprono i cancelli all’autoritarismo».

Due lezioni dalla storia che dobbiamo conservare per evitare gli errori del passato e rendere davvero onore a Giacomo Matteotti, martire della giustizia a cui tutti, che la si pensi a destra o a sinistra, dobbiamo rendere onore.

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