È difficile scegliere un tema, soprattutto all’esame “principe” della scuola italiana, la maturità. Non si sa mai che cosa dire su argomenti complessi. Oppure si ha paura di ripetere malamente le idee contenute nelle tracce. O di andare fuori tema. Vengono in soccorso le tracce per i temi “personali”, come si diceva un tempo: quelli dove si può fare riferimento alla propria esperienza individuale per poter dire qualcosa di vissuto, che sia convincente. E poi, la voglia di raccontarsi degli adolescenti è sempre forte. Perché risponde al bisogno profondo di capire chi si è e che cosa si vuole: il lavoro fondamentale di tutta l’adolescenza.
Quest’anno è stato proposto un florilegio di testi letterari e poetici (Petrarca, Pirandello, Dickinson, Merini, equamente divisi per genere: due donne e due uomini) e tre opere di pittori (più difficile trovare le pittrici) su un sentimento centrale per ogni essere umano: la solitudine. Da evitare perché rattrista, o da ricercare per stare in compagnia di se stessi, la solitudine rimane un’esperienza comune a molti ragazzi. Spero che nello svolgimento i maturandi abbiano apprezzato l’opportunità che dà la solitudine di ascoltare più in profondità la propria voce interna, con i suoi desideri e i suoi timori. Anche in un’epoca di connessioni totali, in cui avere finito i giga genera angoscia, c’è spazio per il momento in cui ci si guarda nello specchio dell’anima e si fanno bilanci o ci si chiede dove si sta andando.
Qualche volta, sdraiati sul letto con le cuffie nelle orecchie, è possibile lasciarsi sollecitare dalle note e dalle parole per abbandonarsi al flusso dei pensieri. Non sempre “chiari e distinti” come le idee di Cartesio: talvolta sono pensieri confusi oppure trascinanti, che però hanno bisogno di essere riordinati, magari parlandone con una persona veramente amica. Perché la solitudine, per essere feconda, ha bisogno di essere alternata alle relazioni. Un po’ come i battiti del cuore, in cui si alternano con regolarità espansioni e contrazioni, sistole e diastole.
Certo, c’è la solitudine di chi non ha amici, di chi fatica a costruire relazioni amorose, o di chi nasconde pensieri tristi o vergognosi. È uno stato d’animo doloroso, ma forse, più che di solitudine, bisognerebbe parlare di isolamento. Poi c’è l’altra solitudine, quella che aiuta a costruire la propria identità e a conoscere se stessi. “Beata solitudine, (che è la) sola beatitudine” si diceva un tempo in latino…