Max Laudadio è esattamente il cristiano che non ti aspetti: inviato (d’assalto) di Striscia la notizia, è un ribelle armato di microfono, dal carattere sfrontato e il fascino radical chic, che ha conquistato il pubblico del celebre tg satirico di Canale 5. Insomma, è quanto di più lontano esista dallo stereotipo del cristiano contrito e spirituale: «Un cliché che io stesso avevo fatto mio», ammette il conduttore che, per lungo tempo, si è professato ateo.
Laudadio si è infatti avvicinato alla fede in tarda età, dopo aver incontrato nel 2015 il fondatore del Sermig, Ernesto Olivero. Da quel momento è cambiato tutto. O meglio: «È cambiata la mia spinta interiore. Se prima il motivo per cui facevo le cose era l’ego personale, ora invece tutto nasce da una condivisione con gli altri».
Ed è proprio questa apertura all’altro ad avere, per esempio, spinto Laudadio e sua moglie a prendere in affido due ragazzi, peraltro già grandi. La prima si chiama Ina. «L’abbiamo conosciuta per caso: aveva 15 anni e condivideva la stessa stanza di ospedale di mia figlia Bianca, quando era stata ricoverata per un controllo medico. Ina si trovava lì da sola perché i suoi genitori erano in carcere».
Diventano così amici e quando, arrivata a 18 anni, Ina non poteva più stare nella casa famiglia, Laudadio l’ha accolta a casa sua. «È stata tosta: a un certo punto è anche scappata di casa, per un anno intero. Pensavamo di averla persa: eravamo distrutti. Per me era un fallimento personale», ricorda. «Invece Ina è tornata dicendoci che aveva deciso di far fiorire i semi che avevamo messo nel suo cuore, scegliendo di condurre una vita normale e onesta».
Il secondo, Stanley, ha più di 30 anni, ed è arrivato in Italia fuga dalla Nigeria. Lui e Laudadio si sono conosciuti quando il conduttore cercava una badante per la nonna novantenne: non trovava nessuno, se non «questo omone, alto e dalla pelle scura» che veniva da un centro di accoglienza. Lo assunse quasi controvoglia, temendo che non sarebbe mai andato d’accordo con sua nonna invece, quando lei è passata a miglior vita, li ha trovati mano nella mano.
Alla luce della sua esperienza, cosa vuol dire accogliere l’altro?
«Significa donarsi. Ed è la più grande esperienza che si possa fare, perché ricevi indietro tantissimo. Per me essere cristiani è questo: donarsi all’altro. Gesù d’altronde diceva: “Vivi come me” (senza fare miracoli, ovviamente: quelli non sono dovuti). È quindi molto semplice: avere fede vuol dire dare il nostro meglio. Il punto però è che bisogna darlo, il nostro meglio. Prefiggendosi obiettivi reali».
La fa quasi facile…
«No, affatto! La mia grande battaglia non è aver capito che Dio esiste ma continuare a sceglierlo. Io ricomincio praticamente ogni mese, con – mi passi l’espressione – “cadenza satanica”. Quando infatti ti converti non è che smetti di essere tentato: sento ancora il desiderio di esaltarmi nel mio ego o di tradire la fiducia di chi amo. La sfida sta nel decidere di non cedere. Più vado avanti e più mi rendo conto che avere fede non è conveniente nel senso che devi fare delle scelte scomode: quello che è un bene per te, spesso non lo è per il tuo prossimo. Però è proprio questo che dà la felicità: misteriosamente, fare spazio all’altro ti rende profondamente felice».
Oggi si dibatte molto sul diritto ad avere figli. È davvero un diritto da rivendicare a tutti i costi?
«Essere genitori è un dono e allo stesso tempo una “follia d’amore”: mi fa sorridere chi cerca “il momento giusto” per avere un figlio perché, semplicemente, non lo è mai. Non lo si può programmare come il lavoro o l’acquisto di una macchina nuova. Tornando però alla sua domanda, non credo che sia un diritto avere un bambino, ma sicuramente ogni bambino ha diritto a una famiglia. Con l'associazione Ai.Bi. - Amici dei Bambini mi sono battuto per il cambio normativo nazionale delle adozioni: è impressionante pensare al numero di orfani nel mondo! Sono tantissimi! Stando a una ricerca, se tutti questi bambini si dessero la mano, potrebbero fare tre volte il giro del mondo».
A un certo punto Stanley ha ammesso di essere venuto in Italia per delinquere. Sembrerebbe quasi che la sua storia confermi i pregiudizi verso i migranti. Invece perché la sfata?
«Perché un giorno è venuto da me e ha confessato tutto: mi ha detto che se ne era andato dalla Nigeria perché non voleva crescere i suoi figli e che era venuto qui a delinquere. Poteva tacere e andare avanti con il suo progetto. Invece non solo non l’ha fatto ma ha deciso di prendersi le proprie responsabilità e vivere onestamente. La sintesi è: se dai una seconda possibilità, vera, a queste persone, può accadere qualcosa. È chiaro che se invece tu li prendi e li chiudi in un hangar, dove sono 50 in una stanza e non possono nemmeno lavorare… cosa vuoi che facciano? Finiranno per delinquere. Io sono il primo che dice che non possiamo accoglierli tutti. Ma quei pochi che accogliamo, vogliamo evitare di buttarli in un magazzino?».
Da anni, a Striscia, si batte contro le ingiustizie. Gli errori della Chiesa non hanno mai scoraggiato un uomo con la sua schiena dritta come lei?
«Purtroppo la Chiesa ha fatto ben di più di qualche errore: ha combinato dei disastri. Lo stesso catechismo sembra diventato un esame a crocette per quanto è proposto in maniera didascalica. Per esempio, noi siamo una famiglia molto credente ma mia figlia ha smesso di andare in chiesa: non perché sia in ribellione ma perché non dà credibilità a quel messaggio».
Invece lei regge botta. Perché?
«Perché la Chiesa siamo noi: i preti ma anche i fedeli. È fatta di persone, che possono sbagliare. Tutto il mondo funziona così: esistono preti bravi e sacerdoti terribili, politici dotati e pessimi, insegnanti buoni e insegnanti cattivi». Che cosa l’ha affascinata del messaggio cristiano? «Se mi sono innamorato follemente di Dio è perché mi sono accorto che con Lui non sono più solo. Leggendo il Vangelo trovi la risposta a ogni tua azione quotidiana attuale. Purtroppo siamo abituati a pensare al cristiano come a una persona che sta lì a pregare ma che poi, quando si arriva al dunque, non è coerente con gli ideali che professa. L’errore di fondo sta tutto qui: nel pensare che avere fede sia una caratteristica e non un modo di vivere».
Chi è Max Laudadio
Radio,TV.. e le missioni nel mondo.
Max, all’anagrafe Massimiliano, Laudadio ha iniziato a lavorare nel 1999 come autore di programmi tv per Disney Channel. A inizio anni Duemila ha condotto su Rai Radio 2 il programma Il Tropico del Cammello. In seguito è passato a RTL 102.5 con Chi c’è c’è, chi non c’è non parla e Tanto Domani è Domenica e Il Ficcanaso. Dal 2000 al 2003 ha lavorato anche per Le iene come inviato. Nel 2003 sempre come inviato è passato a Striscia la notizia, di cui dal 2009 al 2011 ha guidato anche la versione domenicale Striscia la Domenica. Ancora, nel 2017 ha condotto su TV2000 Missione Possibile, sulle attività missionarie nel mondo. Ha all’attivo anche diversi spettacoli teatrali.
Età 52 anni
Professione conduttore tv
Famiglia ha moglie, figlia e due giovani in affido
Fede riscoperta da adulto