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venerdì 08 novembre 2024
 
Medico e sacerdote
 
Credere

Don Dante Carraro: «Batteremo il Covid se non escluderemo gli ultimi»

15/07/2021  Parla il direttore di Medici con l’Africa Cuamm, autore del libro "Quello che possiamo imparare in Africa. La salute come bene comune" (Laterza), che fa cooperazione ispirandosi al Vangelo: «I vaccini sono un bene comune, non il privilegio di pochi»

Sono Medici “con” l’Africa. E sta tutta in questo “con” la qualità del loro approccio: «Dei 23 ospedali in cui operiamo, in sette Paesi africani, nessuno è nostro, sono tutti pubblici. Noi ci accostiamo per offrire il nostro supporto, ma non ci sostituiamo ai sistemi sanitari locali. Anzi, lavoriamo al loro interno per rafforzarli, specialmente ora che sono messi a dura prova dalla pandemia da Covid-19». Don Dante Carraro è nato il 29 marzo 1958 a Mellaredo di Pianiga, provincia di Venezia e diocesi di Padova. Medico cardiochirurgo, è entrato in seminario dopo la laurea, e dal 2008 è direttore di Medici con l’Africa Cuamm, un’organizzazione legata alla diocesi di Padova che da ben 70 anni invia dottori e infermieri in Paesi africani. «A parte me che sono un prete», spiega, «gli altri sono tutti laici. Siamo operatori sanitari e ci ispiriamo al Vangelo. Anche chi fra di noi non è credente condivide la scelta di mettere al primo posto coloro che, secondo le parole di Gesù, sono i privilegiati di Dio: i più poveri, chi non può pagarsi le cure ma ne ha diritto come gli altri». Attualmente, di Medici con l’Africa, che ha sede a Padova, fanno parte 4.700 medici, paramedici, infermieri, ostetriche, di cui il 10 per cento italiani e il 90 per cento africani. Un traguardo significativo, raggiunto in tanti anni di presenza continuativa in Africa, dove l’organizzazione ha puntato sulla formazione del personale sanitario locale. Il diritto alle cure, in questo periodo di pandemia, è emerso nella sua scottante attualità. Papa Francesco ha chiesto di «assicurare l’accesso universale ai vaccini» e «la sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale», per permetterne la produzione anche nei Paesi a basso reddito. «Una richiesta che condividiamo in pieno», dice don Dante. «Non si tratta solo di solidarietà, ma di sicurezza per tutti. Queste due “s” — solidarietà e sicurezza — devono andare avanti insieme se vogliamo uscire da questa emergenza».

L’IMPATTO DEL COVID IN AFRICA

Don Dante è appena rientrato dal Mozambico: «In questo Paese c’è una media di 8 medici per 100 mila abitanti. Nel distretto dove operiamo, nel mese di marzo ne sono morti 5, di medici. Questi semplici dati fanno capire l’impatto che può avere il Covid-19 in sistemi sanitari fragili». È vero che la popolazione nei Paesi africani è molto giovane, e questo fa sì che ci siano stati meno casi di morte e di complicazioni gravi. Ma la pandemia sta avendo conseguenze pesantissime sui sistemi sanitari. «In Sierra Leone, per esempio, la più grande maternità della capitale Freetown, a causa del Covid, è passata dall’avere 8 mila parti assistiti nel 2019 a 5 mila nel 2020», racconta don Dante. «Abbiamo perso 3 mila mamme, donne che non hanno potuto andare in ospedale a partorire in maniera sicura, con la possibilità di avere un cesareo o l’assistenza in caso di emorragia. E questo perché il Covid fa paura e molte famiglie decidono di non venire in ospedale». Diverse ricerche, pubblicate su riviste scientifiche, fra cui l’autorevole The Lancet, dicono che questa pandemia rischia di portare indietro le lancette dei sistemi sanitari in Africa di decenni. «Noi lo stiamo toccando con mano», afferma don Dante. In questo periodo, l’organizzazione padovana sta lavorando per far arrivare i vaccini per il Covid-19 dalle capitali africane alle zone più isolate. «Nei Paesi dove siamo presenti ci siamo resi disponibili a coprire quell’“ultimo miglio” che trasforma il vaccino in vaccinazione», spiega don Dante. «È fondamentale che i vaccini siano resi disponibili, ma questo non è che il primo passo. Poi bisogna farli arrivare alla popolazione su tutto il territorio». Un’esperienza che don Dante racconta in un libro scritto a quattro mani con Paolo di Paolo, Quello che possiamo imparare in Africa. La salute come bene comune (Laterza). «L’Africa insegna che con poco si può fare tanto, che c’è un modo di gestire la sanità più costruttivo. Invece del “lamento”, che domina spesso i nostri discorsi in Italia, è più utile l’arte del “rammendo”, riparare e rafforzare quello che esiste. E questo l’Africa ce lo insegna continuamente». Nell’immaginario comune l’Africa è ancora associata a problemi, guerre, malattie. Oppure è percepita come una minaccia nel contesto dei fenomeni migratori. A pesare è la mancanza di conoscenza di un continente dove la crescita economica negli ultimi anni è stata molto vivace, e che ha mostrato resilienza e capacità di innovazione davanti alle difficoltà.  «In realtà l’Africa è una grande opportunità per pensare a un mondo più ricco umanamente, dignitoso e bello per tutti», dice don Dante. «E credo che sia questa la nostra sfida comune più importante dopo la pandemia». 

UNA VOCAZIONE NON SCONTATA

  

Ma da dove nascono l’amore di don Dante per l’Africa e la sua vocazione? «Da piccolo leggevo il Piccolo missionario, la rivista per ragazzi dei Comboniani», racconta. «Mi affascinava la figura del dottor Giuseppe Ambrosoli, partito come medico e sacerdote missionario per l’Uganda al termine della Seconda guerra mondiale». La vita del direttore del Cuamm ha seguito, in fondo, quelle orme. Ma il suo non è stato un percorso lineare. «Sono nato in una famiglia cattolica, ma mia madre non voleva assolutamente che mi facessi prete», spiega. E racconta un episodio: «Da bambino mi piaceva fare il chierichetto. Mia mamma una volta si informò: “Ma il parroco ti dà la mancia quando vai a servire Messa?”. E io: “Sì”. “Quanto ti dà?”. “Trenta lire”. E lei: “Te ne do cinquanta se non ci vai più”». Sorride don Dante, e va avanti a raccontare della sua adolescenza, della presa di distanza dalla Chiesa. E poi del ritorno in parrocchia, «solo perché mi piaceva una ragazza che la frequentava», ammette. Il nuovo parroco, però, lo colpisce: «A noi giovani diceva soprattutto una cosa, che ripeteva allo sfinimento: “Siate voi stessi”». Quindi gli anni dell’università: «Medicina mi piaceva tantissimo. Eppure sentivo dentro un’insoddisfazione alla quale non riuscivo a dare un nome. Quello stesso parroco mi disse: “Molla i pensieri, concentrati nello studio. Se il Signore vuole farti capire qualcosa, troverà il modo”». Infine un momento preciso, in una chiesa: «Era un venerdì mattina. Ero passato per mettere questa inquietudine davanti a Dio, e lì ho capito che dovevo abbandonarmi. Anche se è stato durissimo lasciare la mia professione, quando sono entrato in seminario: mi veniva in mente il brano di Vangelo che parla dei pescatori che, chiamati da Gesù, “lasciate le reti, lo seguirono” (Marco 1, 18). Il peso di quelle reti abbandonate l’ho sentito tutto. Ma capivo che solo in quel fidarmi ciecamente c’era la mia libertà più profonda, quella che mi faceva essere totalmente me stesso». Due anni dopo essere diventato sacerdote, nel ’94 don Dante è stato incaricato dal vescovo di Padova di accompagnare il Cuamm, che sotto la sua direzione ha aggiunto il “secondo nome” di Medici con l’Africa. «Quello che avevo lasciato sulla spiaggia e mi pareva di aver perso per sempre l’ho ritrovato in modo diverso. Non come me lo immaginavo io da cardiologo. Ho dovuto rimettermi a studiare per imparare come si gestisce una struttura ospedaliera, come si forma il personale e si amministra un budget sanitario. E a fare tutto questo in modo che i poveri siano i privilegiati, non i più penalizzati».

Il libro: imparare dall’Africa

Nella foto la copertina del libro uscito per Laterza scritto a quattro mani da don Dante Carraro e dallo scrittore e drammaturgo Paolo di Paolo, Quello che possiamo imparare in Africa. La salute come bene comune. Nel libro, don Dante racconta la sua avventura umana intrecciata a quella di Medici con l’Africa Cuamm, che si spende — come scrive Claudio Magris nell’introduzione — per la crescita dell’Africa, il «parto epocale» di una nuova civiltà in cui questo continente sarà protagonista.

Quello che possiamo imparare in Africa. La salute come bene comune

€ 18,00 € 17,10 -5% Editore: Laterza Collana: I Robinson Pubblicazione: 20/05/2021 Pagine: 160 Formato: Libro in brossura ISBN: 9788858141878 Un ragazzo della provincia veneta, laureato in medicina, sceglie di diventare sacerdote, impegnandosi nelle parrocchie di periferia. Poi incontra l'Ong Medici con l'Africa Cuamm e nel 1995 fa il suo primo viaggio in Africa, nel Mozambico da poco uscito dalla guerra civile. È l'inizio di un'avventura personale che si affaccia in quella comunitaria della più grande organizzazione italiana in Africa.

 
 
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