Fra Marinko Sakota: francescano, 53 anni, studi anche dai Gesuiti e in Germania, dove poi si è laureato; dal 2010 è a Medjugorje dove dal 2013 è parroco.
24 giugno 1981: nello sconosciuto paese di Medjugorje, in Bosnia Erzegovina, quattro ragazzi tra i 15 e i 16 anni (Ivanka Ivanković, Mirjana Dragićević, Vicka Ivanković, Ivan Dragićević, ai quali poi si aggiungeranno Ivan Ivanković e Milka Pavlović, di 20 e 12 anni) affermano di aver visto la Madonna apparire loro su una collina, sotto le sembianze di una giovane donna con un bambino in braccio. Da allora è un susseguirsi di presunte apparizioni, inframezzate da interventi della Chiesa, con papa Benedetto XVI che nel 2010 nomina una Commissione internazionale d’inchiesta, all’interno della Congregazione per la dottrina della fede e presieduta dal cardinale Camillo Ruini, composta da 17 tra cardinali, vescovi, teologi ed esperti. Quattro anni dopo viene consegnata a papa Francesco una relazione conclusiva, di fatto mai pubblicata, anche se alcuni contenuti sono stati anticipati dal giornalista Saverio Gaeta nel suo Dossier Medjugorje (Edizioni San Paolo): per la Commissione sarebbero soprannaturali le prime sette apparizioni, mentre su tutte le altre il giudizio resta sospeso.
Il cardinale Ruini, lo scorso 19 febbraio ha dichiarato al Corriere della Sera: «L’idea che ci siamo fatti è che all’inizio fossero autentiche apparizioni mariane. Poi, potrebbero essere entrate in gioco dinamiche psicologiche, note agli studiosi. Comunque da Medjugorje continua a sgorgare un torrente di bene». Nel luglio 2018 l’arcivescovo polacco Henryk Franciszek Hoser viene nominato da papa Francesco visitatore apostolico a carattere speciale per la parrocchia di Medjugorje. Lo scorso 15 maggio un altro segnale, peraltro inaspettato dai più: da Medjugorie si prega il Rosario nell’ambito dei luoghi, scelti direttamente da papa Francesco, per la maratona internazionale di preghiera per la fine della pandemia. A guidare il Rosario è la parrocchia di San Giacomo, affidata a fra Marinko Sakota: francescano, 53 anni, studi anche dai Gesuiti e in Germania, dove poi si è laureato; dal 2010 è a Medjugorje e dal 2013 come parroco. Proprio a fra Marinko abbiamo rivolto alcune domande
Fra Marinko, quali sono i frutti spirituali più evidenti che Medjugorje ha donato in questi 40 anni?
«Aderendo al criterio di Gesù "Dai loro frutti li riconoscerete", possiamo constatare che a Medjugorje e attraverso Medjugorje nel cuore di migliaia e migliaia di persone in tutto il mondo sono germogliati i germi che hanno portato buoni frutti. È difficile elencare tutti i buoni frutti di Medjugorje nel mondo, ma la loro essenza è il rinnovamento della Chiesa attraverso l'individuo rinnovato. Attraverso Medjugorje, la fede in Dio è nata in molte persone e in molti credenti perduti è stata rinnovata la fiducia in Dio, la speranza e la carità. Centinaia di persone hanno testimoniato di aver sperimentato qui la guarigione. In centinaia di sacerdoti, monaci e monache è nata la vocazione spirituale durante il pellegrinaggio a Medjugorje. Tanti qui hanno vissuto l’esperienza di Dio, il cambiamento della propria vita, la pace e una profonda esperienza di preghiera, hanno creato gruppi di preghiera nei loro paesi e nelle loro parrocchie contribuendo così al risveglio della rinascita sia nella propria famiglia sia nella parrocchia».
Ci sono delle attività o dei gruppi di preghiera che incarnano particolarmente lo spirito di preghiera di Medjugorje?
«È davvero difficile elencare tutti i gruppi di preghiera nel mondo ispirati ad esso. Anche nel campo sociale, nel campo dell'amore per l'uomo, Medjugorje ha dato moltissimo. Le persone che hanno avuto l'esperienza più profonda di Dio, si sono sentite chiamate ad impegnarsi e mostrare la loro cura per le persone bisognose. Ne ricordiamo solo alcuni: il Villaggio della Madre e la Comunità del Padre Misericordioso, Mary’s meals (I pasti di Maria, vedi articolo a pagina 15), le Mani di Maria e tanti altri».
A Medjugorje tanti si sono riaccostati dopo molto tempo alla riconciliazione: è anche questo un frutto?
«Certo, Medjugorje è chiamata per questo “confessionale del mondo". Molte persone di ogni dove hanno sperimentato il perdono e la misericordia di Dio, molti hanno perdonato chi li aveva feriti o quelli con cui erano entrati in conflitto. I cuori delle persone a Medjugorje si dispongono al sacramento della confessione più facilmente che in altri luoghi. Ho constatato personalmente che alcuni non avevano intenzione di confessarsi, ma qualcosa le ha poi spinte ad inginocchiarsi e a ritornare al Padre col cuore contrito».
Le storie più ricorrenti che emergono dai racconti dei pellegrini che si recano a Medjugorje riguardano senza dubbio le conversioni, soprattutto del cuore: perché secondo lei accade questo?
«La conversione è una delle chiamate più importanti a Medjugorje e uno dei frutti più grandi. Tanti hanno testimoniato la loro conversione dal male e dal peccato e il loro ritorno a Dio, alla fede, alla Chiesa. Un sacerdote ha testimoniato la sua conversione dicendo: “Qui a Medjugorje mi sono accorto, che in 30 anni di predicazione non ho mai parlato alla gente del digiuno, ad esempio per spiegare: perché, come, quando, pericoli e benefici. Ho accennato al digiuno, naturalmente, almeno in Quaresima. Ora che leggo la Sacra Scrittura mi chiedo come sia stato possibile trascurare questo messaggio quando si trova su quasi tutte le pagine. Gesù digiunava, parlava di digiuno, diceva che anche i suoi avrebbero digiunato. E temo che ci siano molti altri messaggi in attesa della mia conversione per poterli scoprire". Perché molte persone sperimentano la conversione a Medjugorje? Penso che la grazia speciale di Dio attraverso la Madonna, tocchi i cuori delle persone».
Sono tanti anche i giovani che vengono in pellegrinaggio: cosa li spinge ad intraprendere questo viaggio che, agli occhi dei coetanei, può apparire poco alla moda?
«I giovani amano questo luogo e vi vengono volentieri. È un fatto quotidiano che i giovani si confessano qui. Non è raro vedere giovani arrivare in pellegrinaggio a piedi. L'incontro più numeroso di ragazzi a Medjugorje è il Mladifest, che si tiene dall'1 al 6 agosto di ogni anno. È prodigioso come la vita si risvegli in tanti giovani che vi partecipano. Si risvegliano in loro i germi d’amore e di bontà, i germi di gioia e notiamo come se una pace misteriosa entrasse nei loro cuori. È una sensazione indescrivibile guardare i volti dei giovani e osservare come si sentono amati e accolti e come anche loro amano Dio, Gesù, Maria, la preghiera, l'Eucaristia, la confessione, l'adorazione. E la cosa più bella è vedere come i giovani amano la Chiesa».
Il lungo tempo di pandemia ha cambiato qualcosa anche a Medjugorje?
«Come anche altri luoghi del mondo, anche Medjugorje ha risentito gli effetti della pandemia. Il numero dei pellegrini è visibilmente diminuito ma non hanno mai smesso di venire a Medjugorje. La maggior parte dei gruppi proviene da Polonia, Ucraina, Spagna, Romania, Francia, Serbia, anche da Brasile e Messico».