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sabato 14 settembre 2024
 
 

Non sparate sui festival

14/09/2013  Settembre è il mese dei festival culturali. E mentre Mantova annuncia dati positivi, si riaccende la discussione sul loro valore: sono occasioni di formazione e approfondimento o momenti di festa fine a se stessa? L'impressione è che chi li frequenta ne esca comunque arricchito.

Non si annoia chi, in queste settimane, cerca qualche svago culturale. Settembre propone ormai da anni un calendario serrato di manifestazioni: il primo fine settimana è appannaggio del Festival della mente di Sarzana, quello successivo sale in cattadra il Festival della letteratura di Mantova, la terza settimana sono Modena, Carpi e Sassuolo a diventare protagonisti parlando di filosofia, alla fine del mese è il momento del Festival della letteratura di viaggio a Roma, ma anche di Torino spiritualità... Abbiamo citato solo i principali, ma migliaia di persone accorrono anche a Carrara per Con-vivere, a Pordenone per Pordenonelegge, a Firenze per l'Expo rurale... Né queste iniziative cessano con settembre: a inizio ottobre, ad esempio, parte Bergamoscienza...

Che questo format culturale mantenga la sua attrattiva, lo confermano i dati. L'edizione appena conclusa del Festival della letteratura di Mantova - il padre di tutti i festival - ha totalizzato 112 mila presenze (erano state 100 mila l'anno scorso, nell'edizione funestata dai tagli ai finanziamenti e dal terremoto), 64 mila i biglietti staccati (anch'essi in aumento, quattro o cinque euro il costo medio), 48 mila le presenze agli incontri gratuiti, 150 mila visite al sito in due settimane... Le cose non sono andate affatto male nemmeno a Sarzana, per il Festival delle mente: 350 mila presenze.

Come va giudicata questa partecipazione? Sono, questi festival, occasioni di reale approfondimento culturale, di discussione, di conoscenza, di lettura o - come alcuni sostengono - sono semplicemente delle sagre abbellite in cui, al posto del tartufo o della porchetta, gli organizzatori hanno messo la letteratura, la filosofia, la spiritualità?

I festival si svolgono in un clima festoso, conviviale, ludico. Il che non è certo da condannare, anche perché così si trasmette l'idea che la cultura non è noia e contrizione. Se si condisce un'intervista seria e un'ora abbandonate di ascolto con l'esperienza della gastronomia locale, che male c'è (e vediamo chi ha il coraggio di sostenere che la cucina non è cultura)? L'essenziale è che l'aspetto della festa non prevalga sui contenuti, non si esprima a discapito delle idee e del dibattito, che si mantenga un equilibrio intelligente, altrimenti, sì, il pericolo del folclore e del salotto domestico è in agguato.

In secondo luogo, c'è la speranza, se non la certezza, che a furia di sentir parlare di libri, incontrare autori, far circolare idee qualcosa di consistente resti impigliato nella mente del visitatore, qualche stimolo, qualche provocazione o, semplicemente, la voglia di leggere quel romanzo di cui si è parlato in un dato evento o di dare un'occhiata al saggio di quel pensatore che si è incontrato al bar mentre prendeva un caffè... Non tutti torneranno a casa convertiti o folgarati sulla via dei festival, certo, magari avranno però conosciuto un punto di vista diverso...

Ancora, sembra tutto sommato più utile trascorrere una giornata o un weekend ad ascoltare un filosofo, uno scienziato, un artista o uno scrittore che chiusi in casa davanti alla televisione o a esercitarsi al tiro a piattello... O no?

Infine, attorno a ogni festival si sono costituite reti nutrite di volontari, che dedicano parte del loro tempo a organizzare, aiutare, preparare... Giusto per dare un dato, solo a Sarzana operano 4 mila volontari, la maggior parte adoloscenti e universitari...

Perciò, non sparate sui festival.

 
 
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