Vade retro giudici. Adesso a remare contro il governo sulla questione migranti ci si metterebbe pure la magistratura. Ne è convinta Giorgia Meloni che ha preso il cellulare in mano e ha scritto sui social attaccando pesantemente i giudici del tribunale di Catania che hanno messo in libertà quattro migranti sbarcati a Lampedusa e trasferiti nel nuovo centro di Pozzallo in ottemperanza alle recenti normative emanate dal governo. I migranti che chiedono protezione internazionale e che provengono dai cosiddetti “Paesi sicuri”, così dispone il provvedimento governativo, devono essere trattenuti o, in alternativa, devono pagare una cauzione di quasi 5000 euro per non andare in un centro.
Il tribunale di Catania ha ritenuto pochi giorni fa, invece, "incompatibili con le norme Ue" le misure adottate, accogliendo il ricorso dei migranti tunisini, internati a Pozzallo. Secondo il giudice il decreto del governo è "illegittimo in più parti". Fonti legali precisano che la parte più contestata riguarda proprio la nuova procedura di trattenimento e la cauzione di 4.938 euro da pagare per non finire nel centro, incompatibile con il diritto comunitario e con la cosiddetta “direttiva accoglienza”. «Il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda e il trattenimento deve essere una misura eccezionale e limitativa della libertà personale ex art. 13 della Costituzione», è una delle argomentazioni.
"Sono rimasta basita di fronte alla sentenza del giudice di Catania, che con motivazioni incredibili rimette in libertà un immigrato illegale, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dichiarando unilateralmente la Tunisia Paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura) e scagliandosi contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto", esterna la premier che poi difende l’operato dell’esecutivo: «Siamo di fronte a una pressione migratoria senza precedenti. Il governo italiano lavora ogni giorno per fronteggiare questa situazione e contrastare l’immigrazione illegale di massa». Ma, sempre secondo la premier, c’è chi rema contro e non solo all’estero, come la Germania, che finanzia le Ong in Mediterraneo: «Tutto diventa molto più difficile - scrive infatti - se nel frattempo altri Stati lavorano nella direzione diametralmente opposta, e se perfino un pezzo di Italia fa tutto il possibile per favorire l’immigrazione illegale».
Il concetto di Meloni è semplice, e rientra nella teoria dell’accerchiamento che sempre più agita i giorni del governo e che, in sintesi, si può riassumere così: c’è una parte d’Italia buona e “patriota” che s’impegna per difendere i sacri confini dall’invasione dei migranti e, invece, una parte che fa di tutto per impedirlo, anche in modo scorretto, vedi i giudici di Catania, rei d’opporsi ai decreti governativi con motivazioni strumentali. Un’esternazione che ricorda vagamente i giorni in cui Silvio Berlusconi attaccava le “toghe rosse” di far politica per interposto potere. Infatti il commento di Sara Kelany, deputata di DdI e responsabile dell’immigrazione è stato ancor più esplicito: quella di Catania è stata una "decisione politica e ideologica", ha affermato. A lei ha risposto il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia: “Noi non partecipiamo all'indirizzo politico e governativo, facciamo giurisdizione. È fisiologico che ci possano essere provvedimenti dei giudici che vanno contro alcuni progetti e programmi di governo. E questo non deve essere vissuto come una interferenza, questa è la democrazia".