Renzo Salvi
Si chiamerà “Amici della Cittadella” e al nome hanno aggiunto “Memoria e profezia”. È l’associazione appena nata per collaborare con la Pro Civitate Christiana di Assisi, giunta invece a 75 anni di età, e per portare quello spirito anche lontano dalla città di san Francesco. «Vuole essere uno strumento – spiegano i fondatori – per sostenere la “Chiesa in uscita” di Bergoglio, dando ali e radici a quella svolta». Ne parliamo con il neopresidente Renzo Salvi.
Come nasce questa idea?
Crediamo che con Francesco siamo di fronte a un “cambiamento d’epoca”, innescato dalle rivoluzionarie dimissioni di Benedetto XVI, e lo vogliamo sostenere. Di fronte al pontificato di Francesco, infatti, c’è chi esulta e chi invece non vede l’ora che passi. Chi esulta si riconosce nella “Chiesa in uscita”, nell’attenzione ai poveri, nello stile dell’annuncio che si unisce al coraggio della denuncia verso il sistema economico-politico che genera la miseria e le nuove forme di schiavitù. Chi storce la bocca contesta invece la presunta mancanza di uno spessore teologico e un improprio superamento della dottrina. Sotto il fuoco incrociato c’è sicuramente l’Amoris Laetitia, frutto della discussione sinodale, ma anche l’insistenza sul magistero sociale. La vera rivoluzione di Bergoglio è nell’immagine di Dio, ora presentato come il Dio della Misericordia di cui i credenti sono chiamati a essere eco e presenza nel mondo. Il nuovo alfabeto pastorale di Francesco ricorda quello di Roncalli, un frequentatore della Cittadella: il suo segretario Loris Capovilla ripeteva che, quando pronunciò il Discorso alla luna, tutti rimasero colpiti dalle carezze e dalla luna, ma la rivoluzione era nella frase di Giovanni XXIII «La mia persona conta niente, è un fratello che parla a voi». Con la nuova associazione vogliamo tradurre l’annuncio di Bergoglio in scelte concrete e durature per non correre il rischio di voltare disinvoltamente pagina dopo questo pontificato. Vogliamo elaborare proposte di cambiamento da avanzare innanzitutto alla Chiesa italiana ma anche alle istituzioni civili sull’immagine di Dio che emerge dal pontificato di Francesco, sulla chiesa povera per i poveri, sull’ecologia integrale, sul dialogo ecumenico e interreligioso e sulle nuove schiavitù.
Concretamente cosa farete?
Collaboreremo alle iniziative della Pro Civitate Christiana con l’idea di lavorare sui territori di tutta Italia. Il primo appuntamento sarà la 75^ edizione del Corso di Studi Cristiani ad Assisi (24-28 agosto); quei giorni saranno l’occasione per dibattere delle proposte o provocazioni, raccolte nei mesi precedenti: da parrocchie a comunità, da gruppi familiari delle diverse diocesi agli attivisti ecologisti. Usando un riferimento della Chiesa americana di vent’anni fa, è una “call to action”, una chiamata all’azione che aiuti a trasformare in scelte concrete, in prassi, in itinerari formativi, l’insegnamento di Francesco. Guardandosi negli occhi e non via Skype, faremo scaturire iniziative per continuare il percorso nei territori. Senza dimenticarci delle altre attività della Pro Civitate.
Quali?
La pubblicazione di Rocca, il quindicinale che la Pro Civitate pubblica dal 1939: vive per il 96% di abbonamenti, non ospita pubblicità e affronta da temi internazionali a questioni come la scuola, lo smog e la giustizia. Poi, la casa editrice della Cittadella e la struttura di accoglienza – dalle aule alle stanze per dormire – che ad Assisi organizza convegni (“Se la coppia riscopre il noi”, “Economia casa per tutti” alcuni titoli).
Nel nome richiamate la “memoria e profezia” della Pro Civitate. Come la racconterebbe?
Il fondatore è un paolino milanese, don Giovanni Rossi, segretario del cardinal Ferrari, che nel capoluogo lombardo aveva contribuito all’associazionismo cattolico, tra forni sociali, banche di credito cooperativo e centri professionali. Nel 1939 con un gruppo di collaboratori fondò la Pro Civitate Christiana; ripeteva: «Bisogna che noi prepariamo più che opere, ponti; più che prediche, dialoghi; più che ricordi, nuove visioni di un avvenire di libertà, di pace, di giustizia». Ai membri – uomini e anche donne, laici, tutti laureati, che sceglievano la castità e la preghiera – venivano richiesti, anche tuttora, tre anni di preparazione teologica e volontariato. Negli anni Cinquanta si impegnavano nella predicazione, con le missioni popolari, ad esempio in Piazza Maggiore a Bologna o con altoparlanti sulle gondole a Venezia, e poi le marce della fede da Assisi. Dalla Cittadella passarono grandi vescovi – da Montini a Lercaro, da Roncalli a Bettazzi – e in generale il carisma della Pro Civitate è quello di anticipare i tempi della Chiesa. Avvenne soprattutto per il Concilio, a cui i suoi membri parteciparono in massa, accreditandosi come giornalisti nei vari panel e impegnandosi poi nel movimentismo di aggiornamento post-conciliare.