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mercoledì 22 marzo 2023
 
Il Papa in Armenia
 

Memoria e misericordia: così si ricostruisce il Paese

25/06/2016  Papa Francesco vola fino a Gyumri, seconda città dell'Armenia, devastata nel 1988 da un violento terremoto, e celebrando la messa all'aperto - l'unica di tutto il viaggio e per la prima volta in un luogo aperto come non è consuetudine nel Paese, inviota a ricostruire come persone e come popolo. Nel mondo «c’è bisogno di cristiani», continua il Papa, «che non si lascino abbattere dalle fatiche e non si scoraggino per le avversità.

Memoria, fede e misericordia. Celebrando la messa all'aperto - l'unica di tutto il viaggio e per la prima volta in un luogo aperto come non è consuetudine nel Paese - papa Francesco ricorda il terremoto che ha devastato, nel 1988, Gyumri, seconda città dell'Armenia e rende grazie «per tutto quanto è stato ricostruito». Prendendo spunto dalla lettura di Isaia «riedificheranno le rovine antiche, restaureranno le città desolate», Bergoglio esorta anche a chiedersi cosa occorre ricostruire nella vita di ciascuno. E pone tre pilastri su cui «riedificare senza stancarsi». La memoria, innanzitutto, «la memoria di quello che il Signore ha compiuto in noi e per noi», una memoria personale, ma poi anche una collettiva, «la memoria del popolo. I popoli hanno infatti una memoria, come le persone. E la memoria del vostro popolo è molto antica e preziosa. Nelle vostre voci risuonano quelle dei sapienti santi del passato; nelle vostre parole c’è l’eco di chi ha creato il vostro alfabeto allo scopo di annunciare la Parola di Dio; nei vostri canti si fondono i gemiti e le gioie della vostra storia. Pensando a tutto questo potete riconoscere certamente la presenza di Dio: Egli non vi ha lasciati soli. Anche fra tremende avversità, potremmo dire con il Vangelo di oggi, il Signore ha visitato il vostro popolo».

E poi la fede, «respiro del vostro popolo», «speranza per il vostro avvenire. C’è sempre un pericolo, che può far sbiadire la luce della fede: è la tentazione di ridurla a qualcosa del passato, a qualcosa di importante ma che appartiene ad altri tempi, come se la fede fosse un bel libro di miniature da conservare in un museo». Chiede una fede viva, papa Francesco, chiede ai giovani di non aver paura di seguire Gesù con il dono della propria vita, liberando «il cuore dai pesi del timore e dell’orgoglio. Facendo spazio a Lui, diventiamo capaci di irradiare amore. Potrete in questo modo dar seguito alla vostra grande storia di evangelizzazione, di cui la Chiesa e il mondo hanno bisogno in questi tempi tribolati, che sono però anche i tempi della misericordia».

Ed è la misericordia il terzo pilastro di cui parla Francesco perché «è l’amore misericordioso: è su questa roccia, sulla roccia dell’amore ricevuto da Dio e offerto al prossimo, che si basa la vita del discepolo di Gesù. Ed è vivendo la carità che il volto della Chiesa ringiovanisce e diventa attraente. L’amore concreto è il biglietto da visita del cristiano: altri modi di presentarsi possono essere fuorvianti e persino inutili, perché da questo tutti sapranno che siamo suoi discepoli: se abbiamo amore gli uni per gli altri».

Chiama alla comunione, Bergoglio, alla costruzione di una unità che va perseguita senza stancarsi, superando ogni barriera di separazione. «Che i credenti diano sempre l’esempio», esorta, «collaborando tra di loro nel rispetto reciproco e nel dialogo, sapendo che "l’unica competizione possibile tra i discepoli del Signore è quella di verificare chi è in grado di offrire l’amore più grande!"».

Nel mondo «c’è bisogno di cristiani», continua il Papa, «che non si lascino abbattere dalle fatiche e non si scoraggino per le avversità, ma siano disponibili e aperti, pronti a servire; c’è bisogno di uomini di buona volontà, che di fatto e non solo a parole aiutino i fratelli e le sorelle in difficoltà; c’è bisogno di società più giuste, nelle quali ciascuno possa avere una vita dignitosa e in primo luogo un lavoro equamente retribuito».

L'esempio, per l'Armenia, viene da Gregorio di Narek, monaco, teologo, poeta e mistico armeno, che il Papa definisce «grande araldo della misericordia divina, che ho voluto proporre all’attenzione di tutti annoverandolo tra i Dottori della Chiesa universale: san Gregorio di Narek, parola e voce dell’Armenia. È difficile trovare qualcuno pari a lui nello scandagliare le abissali miserie che si possono annidare nel cuore dell’uomo. Egli, però, ha sempre posto in dialogo le miserie umane e la misericordia di Dio, elevando un’accorata supplica fatta di lacrime e fiducia al Signore, nella certezza che "mai è adombrata dalle tenebre della rabbia la luce della [sua] misericordia"».

 

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