Eravamo state compagne di scuola, accoppiate di classe per gli esami di Stato, e non ci eravamo mai apprezzate davvero. Certamente nessuna aveva mai condiviso le idee dell’altra. Jole Santelli, che avrebbe compiuto 52 anni a dicembre, era sfrontata, appariscente, poco studiosa, almeno sui banchi del liceo. Eppure non si riusciva a non volerle bene. Riempiva la scena, teneva banco con quella voce rauca che il tempo aveva reso persino più seducente. Era stata una bella sorpresa, per noi che l’avevamo conosciuta in quegli anni, e per me che, per lettera dell’alfabeto, me l’ero ritrovata in molti corsi nella facoltà di Giurisprudenza alla Sapienza, saperla avvocato negli studi della Lagostena Bassi e di Previti. E poi vederla scalare i vertici della politica. Fino a diventare sottosegretaria alla Giustizia del Governo Berlusconi e ancora, prima donna nella nostra storia, presidente della Regione Calabria. Aveva avuto coraggio a candidarsi nonostante il tumore che l’aveva colpita e la conseguente chemioterapia. E anche a scegliere, per farsi curare, un ospedale della nostra regione, senza usare alcuna la corsia preferenziale. Non si sa se il decesso sia stato dovuto a un infarto, un improvviso malore, l’aggravarsi repentino della sua malattia. Si sa invece che la si è vista ballare, nella criticatissima festa del 9 ottobre, senza mascherine e distanziamento. Ma, mentre il cordoglio politico resta unanime, e i ricordi personali scorrono nella memoria, non è questo il punto più importante.
Jole Santelli muore in un momento delicato per la recrudescenza della pandemia, per gli equilibri regionali sempre in bilico, per i nodi ancora da sciogliere su criminalità organizzata, ambiente, disoccupazione, sviluppo. E anche se le sue proposte per il rilancio dei territori e il suo piano sanitario regionale a tanti apparivano non adeguati, su una cosa credo si possa essere tutti concordi: amava la Calabria e la voleva migliore. Ha lavorato tenacemente con i suoi modi, la sua determinazione, le sue “ciotìe”, (come chiamavamo a Cosenza certe sue trovate). E ha speso tutte le sue energie, fino a un momento prima di morire, per questo. E allora ciao, non addio, Jole. Testarda e fragile, elegante e zingara, amata e sola.