Una Curia «più snella e
agile». Con meno dicasteri
e competenze più
definite. Sta per giungere
a compimento la prima
importante tappa della
lunga riforma che papa
Francesco ha avviato
subito dopo la sua elezione e che,
come ha annunciato lui stesso, presenterà
al prossimo Concistoro che si
terrà a metà febbraio.
«Le novità sono già state annunciate
nell’incontro di fine novembre
con i capi dicastero», spiega monsignor
Marcello Semeraro, vescovo di
Albano e segretario del C9 (Consiglio
dei nove cardinali per la riforma della
Curia), «e riguardano fondamentalmente
l’idea di far convogliare alcuni
Pontifici consigli attorno a due grandi
poli: laici-famiglia-vita il primo, carità-
giustizia-pace il secondo. Se anche
nel Concistoro si registrerà il consenso
che c’è già stato da parte dei capi dicastero
si andrà verso un alleggerimento
della Curia, con una struttura più gestibile
rispetto a oggi».
Le voci dei cinque continenti
Ci sono
volute 45 riunioni – e altre sei sono in
programma dal 9 all’11 febbraio – per
affrontare con completezza tutto il
tema della riforma. «Con un’ampia
consultazione, non solo dei capi dicastero,
ma anche delle voci dei cinque
continenti dai quali provengono i cardinali
del Consiglio istituito dal Papa.
La riforma ha bisogno dei suoi tempi
perché si tratta di trovare un equilibrio
», aggiunge monsignor Semeraro.
«Occorre infatti rendere più snella
la struttura, ma senza minimizzare
i problemi. Nel corso del tempo,
soprattutto sotto il pontificato di Giovanni
Paolo II, sono sorti diversi dicasteri.
E se le Congregazioni rispondono
a esigenze che riguardano atti
fondamentali per la vita della Chiesa,
bisogna invece ricordare che i Pontifici
consigli rispondono a delle emergenze
che si manifestano anche in una
maniera contingente.
Qualcosa che è
rilevante per un certo arco di tempo può non esserlo successivamente e
viceversa. È questa “ricognizione” che
si è fatta cercando di evitare l’eccessiva
settorializzazione, ma anche evitando
che finisca tutto in un calderone dove i
problemi sembrano indistinti». Mentre
in molti dicasteri ci si chiede che
fine faranno i propri uffici, perché è
stato spiegato che «il risultato finale
non sarà la somma algebrica dell’esistente
» ma molti uffici saranno
accorpati, cominciano già le discussioni
sui nomi da dare ai due nuovi
grandi poli.
C’è chi vorrebbe una maggiore
sottolineatura dell’unione uomo-
donna, con la parola matrimonio
esplicitamente citata nel polo laici-famiglia-
vita. E chi, sull’altro fronte, si
chiede se la parola carità debba precedere
o seguire la parola giustizia. Quel
che mette d’accordo tutti, a quasi 27
anni dalla promulgazione della Costituzione
Pastor bonus, è che un nuovo documento sulla Curia romana debba
tener conto sia dei tempi mutati, sia
dell’esigenza che essa sia sempre di
più uno strumento di aiuto al Papa e
non una struttura autonoma, di potere,
poco incline alla collaborazione.
«Speriamo poi che questa semplificazione
ricada a cascata anche
sulle Chiese locali», si augura il vescovo
di Albano, «perché, dalle Conferenze
episcopali alle diocesi, le nostre
Curie “copiano” un po’ il modello
romano. Abbiamo bisogno di un aggiornamento
e di uffici più funzionali.
Ripeto, con l’equilibrio necessario,
evitando che l’eccessiva semplificazione
faccia diminuire l’attenzione su
alcune questioni. Ma cercando anche
di non creare settori così specifici da
rendere poi difficile la comunicazione
e la collaborazione con gli altri».
Tempi ancora lunghi
Secondo il cardinale
Óscar Rodríguez Maradiaga,
coordinatore del gruppo di cardinali
chiamati a consigliare il Papa nel governo
della Chiesa universale e per il
progetto di revisione della Curia, la
riforma potrebbe essere pronta già
nel 2015. Ma il Papa ha un po’ frenato
l’ottimismo spiegando, in unintervista,
che i tempi di preparazione e
di approvazione di una nuova bozza
di Costituzione saranno più lunghi.
«Non penso però che si vada molto
più in là dell’inizio del 2016», dice ancora
monsignor Semeraro, «il lavoro è
cominciato, fittissimo, dall’aprile del
2013 e abbiamo già programmato tutti
gli incontri del 2015. Il consenso c’è e
sarà poi il Papa, naturalmente, ad avere
l’ultima parola».