Meno tasse per chi fuma… elettronico. È questa la scelta del governo Renzi col Decreto-tabacchi sarà varato che domani. In pratica, l’intervento in favore della e-cig riguarda uno sconto sulle accise per un prodotto che si annuncia innovativo: una sigaretta elettronica che al posto degli ormai consueti liquidi da far evaporare aspirando, contiene delle barrette di tabacco che vengono scaldate dal vapore ma non si accendono, non bruciano e, dunque, in assenza di combustione, non producono catrame. L’idea è un brevetto italiano del centro ricerche della Philip Morris di Bologna che, accanto alle normali sigarette - come molte altre industrie di tabacco - sta spostando la propria attenzione e, almeno in parte, anche gli investimenti, sulle sigarette elettroniche.
C’è un particolare di natura prettamente industriale: nel gennaio scorso, infatti, la Philip Morris ha investito circa 500 milioni per lo stabilimento in Emilia e il 10 ottobre il presidente del Consiglio ha presenziato alla posa della prima pietra dello stabilimento Philip Morris a Crespellano, in provincia di Bologna. Seicento i posti di lavoro ma, attenzione, la multinazionale statunitense aveva minacciato di spostare la produzione in Germania senza agevolazioni fiscali. Ecco il perché dello sconto sulle accise deciso da Renzi, che ha salvato 600 posti di lavoro. Ora, la palla passa dall’industria alla salute. La nuova sigaretta elettronica che vantaggi darà? Sposterà molti tabagisti dalla più nociva sigaretta tradizionale a quella più moderna o rischia di diventare un involontario ma evidente ulteriore stimolo verso il fumo? La domanda è di quelle decisive, sia per l’azienda che produce Marlboro, Merit, Philip Morris, Chesterfield, Virginia Slims e Diana, sia per la salute di tutti. È stato reso pubblico proprio nei giorni scorsi, infatti, uno studio secondo cui il fumo passivo, di cui già si conosceva la nocività, indurrebbe anche a un aumento del peso delle persone che subiscono le tirate dei tabagisti al loro fianco. Lo studio della Brigham Young University di Salt Lake City, pubblicato sull’American journal of physiology, endocrinology and metabolism, afferma che chi vive con un fumatore ha un maggiore rischio di problemi cardiovascolari e metabolici, soprattutto se è un bambino. In pratica, il fumo passivo fa ingrassare.
La ricerca dice che tra le risposte al fumo passivo del nostro organismo c’è, infatti, l’alterazione della sensibilità all’insulina. Una volta che questa continua ad aumentare, si ingrassa. Bene: ma il fumo delle e-cig come va considerato? E la decisione del Governo se da un lato garantisce il posto di lavoro nella fabbrica italiana, in quale prospettiva si pone dal punto di vista della sanità? Non va dimenticato, infatti, che dopo il boom iniziale, i dati sulla sigaretta elettronica sembrano essere scesi all’improvviso: un flop o, per non essere pessimisti, una riduzione sostanziale notevole di adepti del fumo da svapare? Chi non svapa più è tornato alla sigaretta tradizionale o ha smesso del tutto? E, soprattutto: la nuova sigaretta elettronica con tabacco che non brucia incentiverà di più i tabagisti a cambiare abitudine o chi non fuma a dire be’, sempre meglio di una sigaretta normale? Nell’uno, come nell’altro caso, di certo multinazionali come Philip Morris non sembrerebbero rimetterci, sulla carta. Anzi sulla cartina.