Shakespeare tutto e il suo Il mercante di Venezia in particolare sviscerano l'animo umano con tale profondità da presentarne, sempre, letture poliedriche e complesse. Sulla complessità e ricchezza del Mercante, Valerio Binasco e la Popular Shakespeare Company hanno costruito uno spettacolo, in scena al Piccolo di Milano fino al 24 novembre, che si caratterizza anzitutto per la capacità di divertire il pubblico, ma che, a uno sguardo più attento, offre notevoli spunti di meditazione.
La vicenda è nota: il mercante Antonio si indebita con l'usuraio ebreo Shylock per aiutare un amico, per la verità piuttosto spendaccione, a conquistare la sua amata Porzia. Un rovescio della fortuna lo costringerà a pagare l'orribile "penale" prevista dal contratto: una libbra di carne. Nel processo finale, sarà un'invenzione di Porzia, ormai promessa sposa all'amico di Antonio, a salvarlo.
Troviamo, nella regia di Binasco, il tema centrale e conosciuto: il denaro, la sua pervasività, un dio a cui gli uomini si consacrano... Fin qui, nulla di nuovo. Viene invece accentuato il conflitto fra diversi, fra culture e identità: Shylock è un usuraio, che vive per il denaro, certo, ma qui si impone anche e soprattutto come ebreo. E come tale viene odiato e schermito da Antonio e dai suoi amici. Che il tema del confronto, o meglio della paura del diverso assuma qui un ruolo fondamentale, lo testimonia il timore non privo di disprezzo con cui Porzia rifiuta a priori un pretendente di colore...
E già questo basta a confondere un po' i limiti fra buoni e cattivi: Antonio è generoso nella gestione del denaro e si permette un assolo in cui condanna l'immoralità dell'usura, ma poi si mostra quasi violento nell'odio dell'ebreo.
E ancora: i giovani che gironzolano attorno ad Antonio, a partire dallo spasimante di Porzia, sono dediti al divertimento e allo spasso, prendono in giro tutti (ne sa qualcosa il cameriere che li serve in una sorta di happy-hour trasferito nella Venezia antica), sperperano denaro, si accaniscono, appena possono, sul solito ebreo cattivo e usuraio...
Anche la figura di Porzia pare giocata sui contrasti, poiché si manifesta dapprima come una ricca bambolotta dedita ai suoi giochi d'amore (e impaurita dal pretendente nero), ma poi antepone il sentimento a qualsiasi patrimonio nella scelta del partner e, infine, dà prova di intelligente creatività salvando Antonio, proprio in base a una interpretazione "letterale" della legge, sconfiggendo così sul suo stesso campo Shylock, che esigeva un'applicazione radicale del contratto. E qui si trova la dialettica fra lo spirito (il senso) e la lettera della legge.
Per dare voce alla complessità di questi temi - valore del denaro, sentimenti, spirito/lettera della legge, intolleranza, paura del diverso - Binasco gioca sull'accentuazione di un doppio e contrastante registro, uno drammatico, incentrato sulla figura di Shylock e le scene a lui affidate, e un altro comico, espresso dal gruppo di giovani, Porzia e la sua divertentissima balia.
Insomma, bene e male convivono in tutti noi, nesuno è totalmente buono o tatalmente cattivo...
Tutta la compagnia si dimostra all'altezza del progetto. Impossibile non spendere una parola per Silvio Orlando-Shylock, strepitoso nell'incarnare - anche imitando alla perfezione la parlata yiddish - la figura dell'usuraio ebreo, avido e umiliato dal disprezzo altrui.