Febbraio 2011: Maria Sandra Mariani, turista appassionata del deserto del Sahara, viene sequestrata nel sud dell'Algeria dall'organizzazione Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi). La donna viene liberata ad aprile del 2012, dopo 14 mesi di prigionia. Stessa sorte per Rossella Urru, cooperante sarda: rapita in Algeria ad ottobre del 2011, la ragazza ritrova la libertà dopo 270 giorni nelle mani dei sequestratori, gruppo di fondamentalisti islamici, a luglio del 2012. Ancora prima, nel 2004, era stata la volta delle "due Simone", Simona Pari e Simona Torretta, anche loro cooperanti, rapite in Iraq a settembre e rilasciate dopo 19 giorni di prigionia. Nel 2014 la Siria è stata il teatro del sequestro di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, arrivate nel Paese per portare aiuti umanitari raccolti con l'organizzazione da loro fondata, rapite e vendute ai jihadisti del Fronte al-Nusra, liberate a gennaio del 2015. Più recentemente, a settembre del 2016, Danilo Calonego e Bruno Cacace, operai piemontesi, e l'italo-americano Frank Poccia, che lavoravano in Libia per conto di una società di Modovì, sono stati rapiti a Ghat, sudovest libico, al confine con l'Algeria, rilasciati poco tempo dopo. In questi casi, i rapimenti hanno avuto un lieto fine, con la liberazione degli ostaggi. Per altri, purtroppo, non è andata così.
Rapimenti e conseguenti riscatti per riportare a casa: cifre esorbitanti (sebbene ufficialmente non vengano confermate) che generano un giro di affari enorme. Un business che serve a finanziare l'economia criminale e del terrore e il traffico dei migranti: così, con i soldi dei riscatti i Governi occidentali finiscono per alimentare proprio il fenomeno che cercano di combattere. Una conseguenza nefasta e paradossale delle falle della globalizzazione. "Una politica demenziale", la stigmatizza senza mezzi termini Loretta Napoleoni, saggista e giornalista che vive tra Londra e Stati Uniti, studiosa esperta di legami tra economia e terrorismo, nel suo ultimo libro Mercanti di uomini. Il traffico di ostaggi e migranti che finanzia il jihadismo (Rizzoli):
"Dall'11 settembre 2001", scrive l'autrice, "il numero dei sequestri è cresciuto in modo esponenziale, come pure l'entità dei riscatti. Se nel 2004 bastavano due milioni di dollari per liberare un ostaggio occidentale in Iraq, oggi ne servono più di dieci". La lucrosa economia dei sequestri ha fatto prosperare altri business satelliti: "Il numero di società di sicurezza private specializzate in sequestri si è moltiplicato, e le loro tariffe sono salite alle stelle". Nel libro la Napoleoni conduce un'indagine approfondita sul fenomeno, rafforzata da testimonianze di negoziatori, membri dei servizi segreti, ex ostaggi, esperti di lotta al terrorismo.
Prede spesso facili dei sequestratori, spiega la studiosa, sono i giornalisti, in particolare i freelance sconosciuti o gli aspiranti reporter e fotoreporter che, in Iraq o in Siria, inseguendo scoop e storie sotto le bombe sperano di trovare la via per accedere ai grandi media. Ma a quale prezzo? Il pericolo che corrono avventurandosi, spesso impreparati, in zone di guerra è altissimo e si finisce per rischiare la pelle per niente. La Napoleoni ricostruisce la vicenda del sequestro in Siria del danese Daniel Rye Ottosen (che ha avuto un lieto fine), racconta l'amara vicenda dell'americano Jim Foley, rapito dall'Isis in Siria nel 2012, decapitato quasi due anni dopo, nel 2014. E, con lucidità tagliente e pragmatismo, l'autrice sfata una sorta di mitologia consolidata in Occidente e nel nostro Paese: "Nella maggior parte dei casi, gli occidentali non vengono rapiti perché sono eroi, ma perché non si rendono conto del rischio che corrono". Chi viene sequestrato, insomma, spesso ha tenuto un comportamento irresponsabile, esponendo se stesso a un rischio che avrebbe potuto evitare, non ha ascoltato i consigli di chi è più esperto prima di partire e magari si è fidato troppo di un fixer (l'aggancio sul posto che organizza viaggi, contatti...) che l'ha poi tradito e venduto.
Per molti ostaggi non c'è stato nulla da fare. Ma, scrive la Napoleoni, "alla fine tutti trattano con i rapitori e i terroristi", pagando riscatti altissimi o trattando una scambio. Attraverso il business dei sequestri i Paesi occidentali diventano loro stessi ostaggio delle organizzazioni criminali. A farne le spese sono i migranti, i disperati che fuggono da guerre, fame, persecuzioni, violenze. Il commercio delle vite umane è un racket criminale di proporzioni immani, il moderno schiavismo. "I mercanti di uomini non sono diversi dai mercanti di schiavi del XVIII secolo", ammonisce Loretta Napoleoni, "dai colonizzatori del XIX e dai dittatori del XX, tutti convinti di poter decidere liberaramente della vita altrui. E vivono e operano nei nostri Paesi. Nessuno è al sicuro, neppure noi".
(Foto Reuters)