Poliziotti e medici legali lavorano sul luogo dov'è stata uccisa Ivonne Gallegos, candidata sindaco a Ocotlan de Morelos, nello Stato di Oaxaca, in Messico, il 20 marzo 2021. Foto Ansa.
In Messico ben 91 persone impegnate nella campagna elettorale e ai partiti politici, di cui 36 candidate, sono stati ammazzate. È il bilancio, secondo agenzie come Etellekt e DataInt, del più grande processo elettorale nella storia. Con quasi 92 milioni e mezzo di elettori il Paese con il tricolore e l’aquila che afferra il serpente, il 6 giugno è andato alle urne per rinnovare 21.368 incarichi politici. Tra questi ci sono 500 consigli federali degli Stati Uniti Messicani, questo il nome ufficiale del Paese, e 15 governatorati, 20.292 presidenze municipali e consigli locali. Il dato significativo, oltre ai morti, è la diminuzione di potere del presidente della Repubblica, Lopez Obrador, finora plenipotenziario detentore della maggioranza politica a livello locale e nazionale. La cronaca racconta che con i 782 attacchi e crimini contro i candidati, i numeri della violenza superano quelli delle elezioni del 2018, in cui le aggressioni erano state 774.
L’avvocato Abel Murrieta, noto per la difesa di una comunità mormone vittima di un drammatico episodio di cronaca, ex procuratore e candidato a sindaco, è stato ammazzato il 13 maggio. Il politico di 58 anni, era vicino a un centro commerciale a Ciudad Obregón, nello stato di Sonora, quando un uomo si è avvicinato e gli ha sparato, mentre Sarahí Figueroa, candidata a deputato a Guanajuato per il Partito Verde, è riuscita a scampare a un attentato. Sono due esempi di una serie di donne e uomini che volevano mettersi in gioco, ma che non sempre sono arrivati vivi alla data del voto. Mentre il Paese, molto lentamente si rimette in sesto per guardare a vinti e vincitori, si riflette su come nulla sia migliorato nel delicato e importante mondo della democrazia. “In alcune città non è stato possibile aprire i seggi per ragioni di sicurezza. Ma non è tutto, in tanti hanno rinunciato alla corsa dopo una serie di minacce e intimidazioni”, spiega padre Omar Sotelo, direttore del Centro Cattolico multimediale “La narco politica, narco economia e narco cultura, continuano ad essere piaghe per diverse aree del Paese”, ammette il religioso e giornalista messicano. Sguardo serio, ma capace di trovare un po’ di ironia anche nelle situazioni più dure del suo sempre amato Messico, ammette una realtà certamente non facile.
Un dato inedito e storico in questa tornata elettorale, è stato l’alleanza contro Morena, il partito del presidente Andrés Manuel Lopez Obrador, tra due storici avversari: il Pan (Partito Azione Nazionale), partito conservatore di destra, e il centrista Pri (Partito Rivoluzionario Istituzionale), formazione che ha governato il Messico ininterrottamente per 70 anni, sino al 2000. Assieme al PRD (Partito della Rivoluzione Democratica), si sono coalizzati in Va Por Mexico al fine di combattere lo strapotere di Lopez Obrador che con 8 partiti puntava alla consacrazione blindata del suo mandato. Il pericolo per molti era che con la maggioranza qualificata in Parlamento, potesse modificare la Costituzione e così ampliare la durata del mandato presidenziale, che attualmente è di 6 anni, il cosiddetto sexenio. Il rischio è stato sventato, manca una costruzione politica che cerchi di limitare corruzione e violenza in un Paese che sta soffrendo molto, soprattutto nelle fasce deboli della popolazione. Nei primi quattro mesi di quest'anno, 11.595 persone hanno perso la vita vittime di omicidio o femminicidio.