Il bilancio dei best seller di Messori è davvero
impressionante : “Ho scritto tanto ma, in fondo, per cercare di
rispondere a una sola domanda: è vero o non è vero? E’ davvero risorto?
La nuova evangelizzazione per me significa riscoprire la fede
cominciando dalle radici, dai fondamentali, da Gesù di Nazareth. Nella
prospettiva cristiana prima viene la fede e poi la morale. Ma in fondo,
se ci pensi, buona parte della predicazione ecclesiale, nel post
Concilio è stata una predicazione su temi etico-sociali. Temi
importanti, ma che appartengono a un cristianesimo secondario. Il
cristianesimo primario è credere in ciò su cui tutto si basa: l’annuncio
della resurrezione di Cristo. Il resto segue di conseguenza. Non puoi
annunciare la morale cristiana se non credi in Gesù come Figlio di Dio.
Occorre , ancora e sempre, confrontarsi con la storicità di questo
predicatore errante ebraico. E’ esistito? Era davvero il Cristo?”.
In fondo è quello che ha cercato di fare papa Ratzinger con la sua
trilogia su Gesù. Libri in cui Messori è l’unico autore italiano vivente
citato (e raccomandato ) almeno nei primi due . “Ho conosciuto il
Vangelo quando avevo 24 anni e facevo la tesi con Alessandro Galante
Garrone, il massimo del laicismo sabaudo. Feci un’inchiesta storica,
rigorosamente storica. Ho cercato di ripartire da zero. Ho sempre detto:
mettiamoci di fronte a questo problema con le armi della storiografia.
Il cuore del Vangelo è quello che la liturgia chiama il mistero
pasquale, il mistero della passione, morte e resurrezione di Gesù. Tutto
il Cristianesimo sta in bilico sulla verità di passione, morte e
resurrezione”.
Varcare la soglia della speranza è il titolo del libro che Messori
scrisse intervistando Giovanni Paolo II. Un successo planetario:
vendette 23 milioni di copie in pochi mesi e fu tradotto in 53 lingue.
“Quel libro, mi si creda , ho cercato di non farlo. Santità, gli dissi,
abbiamo bisogno di un maestro e di una guida sicura, non abbiamo
bisogno di un opinionista in più. Accettando il genere giornalistico
della intervista si entra nel mondo del “secondo me”. Ne discutemmo a
tavola , nel suo alloggio privato (una copia di quelli polacchi) a
Castelgandolfo. Ottenni almeno che non fosse un’intervista televisiva,
come era stato programmato, ma un libro. Ha risposto alle mie domande
scrivendo a mano, in polacco, allo schema di domande che gli avevo
mandato. Invece ho cercato con tenacia , anche se tutti mi davano del
matto, di fare un libro intervista con l’allora cardinale Ratzinger. Il
Sant’Uffizio, battezzato con il nome politicamente corretto di
Congregazione per la Dottrina della fede, era noto per il suo silenzio e
per il suo riserbo. Tanto che i suoi archivi erano ancora sotto chiave e
inaccessibili. Quando dicevo che volevo intervistare il prefetto
dell’ex Sant’uffizio tutti mi prendevano per un folle. Il cardinale
Ratzinger, già arcivescovo di Monaco, era a Roma solo da un paio d’anni,
e sapevo bene che diceva delle cose importanti, assolutamente
coraggiose allora, ma le diceva in un modo un po’ troppo complesso.
Aveva bisogno di un divulgatore, tipo un cronista come me. Per una serie
non solo di mie insistenze ma di casi fortunati, alla fine nacque Rapporto sulla fede.
Fu un saggio di importanza storica, ovviamente non per le mie domande,
ma per le sue risposte, chiare, nette, non conformiste. In fondo è un
manifesto del cattolicesimo postconciliare, quello autentico, non quello
fazioso . Secondo gli storici la fine del postconcilio selvaggio
coincide con l’uscita di Rapporto sulla fede. Ratzinger è un grande teologo sul serio, io sono solo un divulgatore. Bisogna rispettare il suo carisma".
Come nacque, concretamente, quel libro?
"Quando ci cimentammo in quell’impresa, nella frescura estiva del seminario di Bressanone, Ratzinger
non aveva un piano preciso. Io invece ce l’avevo. Gli ho sempre voluto
bene, sentendo una istintiva sintonia. Avevo, ed ho, un grande
affetto per lui come persona oltre che una grande stima come studioso.
Quello che chiamavano il Panzer Kardinal, il grande inquisitore,
dicevano che sembrava un Torquemada redivivo. Stando con lui per tre
giorni e tre notti nel seminario deserto compresi a fondo la sua
personalità e la sua umiltà. Ricordo che alle dieci di sera veniva a
bussare alla mia stanza per precisare delle cose. Non c’è persona più
diversa dalla leggenda nera che hanno creato su di lui. E’ una persona
affettuosa, calda, dialogante, lontanissima da ogni dogmatismo. Mi
disse: sa qual è la mia sofferenza maggiore? Dovere giudicare e magari
mettere sul chi va là i miei colleghi teologi. Sono colleghi che spesso
sono anche amici, eppur il mio dovere è quello di metterli in guardia
da certe loro affermazioni. Quello che mi ero proposto era demolire la
leggenda nera su di lui. Lui si è fidato. E io, da parte, mia ho fatto
del mio meglio”.
Si è parlato a
lungo delle "dimissioni" di Benedetto XVI, avvolte ancora oggi da molte ipotesi .
Nell’interpretazione di Messori c’è poco di misterioso. “Il pontefice
ha chiarito quello che c’è stato dietro quella decisione che ha
sorpreso la Chiesa e il mondo intero. Mi sono dimesso, ha spiegato,
perché Dio mi ha fatto capire, perché nella preghiera mi ha parlato. Ha
precisato che non è stata ovviamente un’apparizione ma è stata un
mozione interiore basata soprattutto sulla sua età avanzata e sulla
sua consapevolezza di non avere le forze adeguate per portare il peso
della Chiesa e dei suoi presenti e sempre crescenti problemi. Io ho
sempre sorriso dei dietrologi e dei complottardi perché so per
esperienza che la realtà è molto più semplice di quanto non vogliano.
Non ho mai accettato l’idea che lui se ne sia andato per protestare
contro la Curia, oppure per fuggire mostrando fino a che punto è giunta
la decadenza della Catholica. Il marchio fondamentale dell’uomo
Ratzinger è una serietà tutta tedesca. In lui c’è la serietà con cui
guarda la vita e con cui guarda la fede e la Chiesa. Molto più
semplicemente papa Ratzinger ha dato un’occhiata al calendario. Nella
sua agenda c’era il fatto che c’era in programma la GMG, per giunta nel
clima tropicale del Brasile. Da persona serissima qual è si è reso conto
che le sue forze non gli permettevano più di assicurare alla Chiesa una
guida lucida, ferma e quotidiana per affrontare un’impresa simile. Per
cui si è arreso all’età. Questo alla base della sua motivazione
interiore. Ogni papa ha il suo carisma e il suo stile. Wojtyla era
sostanzialmente un grande mistico slavo, basta vedere come pregava. Si
buttava in terra con le braccia in croce davanti all’altare e stava in
quella posizione in preghiera per delle ore. I suoi collaboratori, a una
certa ora della notte, dovevano portarlo a letto tirandolo per i piedi.
Ratzinger è un grande teologo mitteleuropeo, un bavarese metodico.
Possiede un altro tipo di carisma, è un grande realista, con uno stile e
un temperamento diverso dai suoi predecessori. Wojtyla aveva deciso di
dare “spettacolo al mondo” (l’espressione è paolina ) della sua
agonia. E io credo che abbia fatto bene. Ci vuole coraggio. Ha scelto di
agonizzare in pubblico. Questo non rientra nel carisma di Ratzinger,
che è una persona riservata. Entrambi hanno pensato al bene della
Chiesa. Se Wojtyla ha pensato che rimanere sulla croce in pubblico
avrebbe giovato alla Chiesa, Ratzinger ha pensato che il bene della
Chiesa fosse quello di avere una guida più salda, più sicura. Grazie a
Dio il Vangelo sa far posto a tutti i carismi”.
Messori e Benedetto si
erano visti poco prima che il pontefice desse le dimissioni, papa
Raztinger aveva voluto vederlo in occasione del suo libro Bernadette non ci ha ingannati
. “Mi guardo bene dal disturbarlo ora ”, precisa Messori . “Rispetto
il suo isolamento. Ha annunciato di volere sparire per il mondo, e io
pensavo che fosse una sistemazione provvisoria, ero pronto a scommettere
che si sarebbe ritirato nel monastero benedettino di Le Barroux .
Quand’era ancora cardinale, ai tempi del Sant’Uffizio, ogni tanto
staccava, prendeva un aereo per Nizza e si recava in Provenza, sotto il
Mont Ventoux, in questo bellissimo monastero. Per una persona dalla
salute delicata è un toccasana. Ha il clima del Sud, un’abbazia
circondata da grandi campi di lavanda. Conosco l’abate del luogo. Una
volta mi disse sottovoce che l’allora cardinal Ratzinger sperava di
andare in pensione per terminare finalmente i suoi libri e di rifugiarsi
proprio lì, con tutta la sua biblioteca”.
E invece Benedetto ha scelto di rimanere in Vaticano. “Confesso che mi
ha sorpreso. Ma avrà certamente le sue ragioni che non tocca di sicuro a
noi sindacare: non è persona che affidi nulla al caso, tutto ha sempre
fatto dopo averci pensato e, soprattutto, pregato molto”.
“Questa è una strana scristianizzazione”, ci dice Vittorio Messori nella
penombra del suo studio , pieno fino al soffitto di libri, ricavato
nell’abbazia già benedettina di Maguzzano, non lontano dal lago di
Garda, dove approfondisce e scava sulle ragioni della fede, in una sorta
di ricerca infinita che lo appassiona insaziabilmente. “Nella nuova
evangelizzazione il problema da porsi per primo è riscoprire e
riaggiornare l’apologetica. Non a caso ho incoraggiato e aiutato come
ho potuto un gruppo di amici e colleghi, capitanati dall'ottimo
Gianpaolo Barra , a fondare il primo mensile italiano di apologetica, Il Timone , sul quale scrivo ogni mese un lungo articolo”.
Spiega l’autore di Ipotesi su Gesù: “L’apologetica serve a far
capire che la fede non è razionale come un teorema di geometria, ma è
ragionevole. Il Viandante sotto mentite spoglie sulla via di Emmaus
spiega ai discepoli in tutte le scritture ciò che lo riguardava, ci dice
il Vangelo di Luca: inizia così l’apologetica. Questa benemerita ossessione di Ratzinger di
unire fede e ragione è il desiderio ritrovare quelle ragioni per
credere che una volta era, appunto , affidata all’apologetica e che
adesso è stata buttata via, come fosse cosa anacronistica mentre è
indispensabile. Così in Vivaio , la rubrica che ho tenuto per anni su Avvenire – e che ora continuo ogni mese su Il Timone
- svolgevo un tentativo di scoprire l’apologetica e di mostrare che
ancora oggi funziona. Del resto Ratzinger non ha mai scritto nulla se
non per mostrare la ragionevolezza della fede. Le grandi questioni
etiche non sono affrontabili se non se prima non ti poni il problema
della credibilità della fede : se questa non è salda, la morale non ha
un appiglio, resta sospesa nel vuoto”.
Messori è scrittore cattolico di best seller di argomento religioso
dalle tirature sorprendenti . “Avendo constatato l’eco straordinaria,
nel mondo intero, delle dimissioni di Benedetto (che in fondo erano un
atto interno della Chiesa cattolica) e del Conclave, e misurando
l’interesse che c’è, nel bene come nel male, intorno alle cose vaticane
, devo dire che se davvero il cristianesimo è morto, beh … è uno
strano cadavere”. E in effetti è un cadavere molto vitale, vitalissimo,
che ha un impatto mondiale e attira l’interesse addirittura spasmodico
dei media. Basta entrare in una libreria. O leggere un quotidiano”.
“ L’informazione religiosa”, prosegue lo scrittore , “è ormai una
specializzazione imprescindibile, anche nei giornali on line”. Ma non è
stato sempre così. Messori torna agli anni della sua giovinezza a
Torino, quando, sfogliava La Stampa diretta dall’ebreo agnostico
Giulio De Benedetti, “lettura indispensabile, allora , per ogni
subalpino. Non ricordo di aver mai letto notizie riguardanti la Chiesa
cattolica o la religione, né in positivo né in negativo. Niente
anticlericalismo ma anche nessun interesse per temi simili. Come
sappiamo, le cose sono molto cambiate da allora “.
Per questo oggi siamo di fronte a una sorta di paradosso: “Assistiamo da
decenni a una caduta della pratica religiosa, a comportamenti morali
di massa che divergono dalla prospettiva cattolica. Eppure pensiamo cosa
capita quando, per esempio, la Chiesa nega i funerali religiosi a un
suicida. Succede un pandemonio, uno scandalo. Anche se non era un
praticante, guai se la Chiesa non gli assicura i funerali religiosi. In
realtà io vedo una scristianizzazione soprattutto nel costume sociale e individuale, nelle
questioni etiche. Però devo dire che quello che sta succedendo oggi non
è la fine del cristianesimo, ma è la fine di una certa cristianità”.
Che tipo di cristianità?
“È finita la cristianità di massa”, risponde lo scrittore, “è finita la
prepotenza clericale, è finito il parroco che esigeva dal sindaco che
facesse chiudere le osterie alla domenica all’ora della messa grande.
Una cristianità di cui non sono affatto nostalgico. Perché non ho
nessuna nostalgia della Chiesa preconciliare. Sta finendo una certa
cristianità e ne sta arrivando un’altra dove la fede è una scelta. Una
volta, soprattutto in provincia, l’anticonformista era quello che non
andava a messa. Oggi l’anticonformista è quello che va a messa, non c’è
dubbio. La fede è ritornata come deve essere, come la propone il
Vangelo, che non impone, ma propone. Una proposta accettata da una
minoranza”.
Questo però non spiega il boom di rinnovato interesse per le
cose di Chiesa.
“In realtà la maggioranza del mondo intero non accetta
la fede, la religione, la Chiesa, ma ne ha una grande nostalgia.
Wojtyla è andato in giro per 102 Paesi del mondo. Ovunque ha trovato
folle immense. Erano solo cristiani? Anche oggi, davvero crediamo che il
mezzo milione di persone che affolla piazza San Pietro sia fatto tutto
di cristiani praticanti? Anche i non credenti ne sono attratti”.
Per Messori c’è un bisogno assoluto di annunciare il cristianesimo
soprattutto per quello che è. “Oggi tanta gente si ritrova nelle
condizioni in cui mi trovavo io fino agli anni di università. Avevo
letto molte cose, ma mai i Vangeli. Facevo parte di quelli che li
rifiutavano senza conoscerli. La rievangelizzazione vuole dire
soprattutto questo. Significa cercare di spiegare che cosa è veramente
il cristianesimo, che cos’è il cattolicesimo. Perché moltissimi, anche a
causa di tanti scandali della Chiesa istituzionale, ne hanno una
visione distorta. Si tratta di spiegare che cosa Gesù Cristo dice e
vuole nel senso autentico. Per questo, lo ripeto, sono convinto che per
spiegare davvero che cos’è la Chiesa e la proposta evangelica sia
necessario riscoprire e rilanciare una sana onesta , rigorosa
apologetica. Venendo da lontano, dal fondo dell’anticlericalismo e del
laicismo emiliano e torinese, mi sono reso conto che bisognava lavorare
su questo".