Natale e i bambini: è un connubio scontato,
ma anche imprevedibile per la capacità
che essi hanno di meravigliarsi e capire
l’essenza della festa che noi adulti abbiamo
banalizzato. Resto colpito quando,
dinanzi al presepe della parrocchia, li
scorgo con il naso e il muso spiaccicato contro il
vetro che separa la grotta della natività con il
muoversi di eventi, storie e personaggi attorno a
essa, da chi la guarda. Spingono con le mani contro
il vetro nel tentativo di penetrare la storia e
renderla feconda anche con la propria presenza.
Vogliono scoprire il mistero e svelarlo. Non si lasciano
distrarre, puntano all’essenziale, che è
il Bambinello nella mangiatoia.
Per loro tutti gli altri sono personaggi sconosciuti,
per certi aspetti estranei, appartengono a
un’altra collocazione anagrafica e storica. E hanno
bisogno di qualcuno che spieghi loro che ci
fanno lì, nel presepe, il macellaio, il fruttivendolo,
il pizzaiolo. Ma Lui lo conoscono, ci si riflettono
come in uno specchio. E lo scrutano con la furba
curiosità di chi dice: «Ma quello sono io!». Un
bambino sa cos’è il Bambino, anzi il Bambinello
come amiamo chiamarlo. E attende di scoprire
chi è, in una ricerca affascinante che nel Natale
ha il suo inizio, ma dura tutta una vita.
Ecco perché il Natale è dei bambini, come i
bambini appartengono al Natale. E di noi adulti,
che presumiamo di sapere tutto, che ne è? Ci vengono
in mente le parole di Gesù che, chiamato a
sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:
«Se non vi convertirete e non diventerete come
bambini non entrerete nel regno dei cieli. Perciò,
chiunque diventerà piccolo come questo bambino,
sarà il più grande nel regno dei cieli» (Matteo
18, 2-4). Sono parole nette, quelle di Gesù, che
piombano nel cuore di una discussione tra i suoi
discepoli su chi fosse il più “grande” tra di loro.
Sono una rottura scandalosa per le consuetudini culturali e religiose del tempo. Allora come oggi.
Se è vero che, dopo duemila anni, non conserviamo
retaggi di discriminazioni insopportabili nei
confronti dei bambini, è pur vero che non sono
al centro delle nostre attenzioni. I “piccoli” del Vangelo non sono solo i bambini,
ma anche i poveri, gli anziani soli, gli immigrati,
i rom, i carcerati reclusi in condizioni disumane,
i clochard che “disturbano” la quiete dei
nostri territori, i giovani senza lavoro e quelli
senza orientamenti né certezze...
Tutti lasciati ai
margini delle nostre premure. No, decisamente
non sono al centro! Non ancora.
Capita sovente di vedere il bambinello gesù
“sfrattato” dalla sua collocazione naturale,
non più al centro in qualche presepe. la scena
viene rubata da altri personaggi. Lo stesso accade
nella vita delle nostre città, pur così radicate nella
tradizione cristiana: Gesù non è più al centro! E' pericolosamente emarginato, non di rado, anche
dalle prassi religiose delle nostre comunità,
con troppa disinvoltura sbilanciate nella ricerca
di nuove suggestioni devozionali, così poco toccate
dalla freschezza dello spirito.
Non ci resta che
affidare il timone della storia ai più piccoli che,
con innocente incoscienza, sopportano le nostre
contraddizioni e resistenze. alle famiglie vorrei
raccomandare di riscoprire l’arte nobilissima di
fare il presepe nelle loro case, ma ricordarsi di
mettere il bambinello al centro della scena… E
della loro vita.
Don Carmine - Sorrento
E' Natale. le città si riempiono di luminarie, corone
di luci adornano le finestre delle case, si
respira aria di festa. anche in momenti di crisi,
i negozi sono affollati, file di persone si accalcano
davanti alle vetrine, c’è la frenesia
degli ultimi acquisti, si organizza il cenone,
si fanno gli inviti, si sceglie dove trascorrere le vacanze.
A tutto si pensa, meno che al “festeggiato”, cioè al Bambinello Gesù che nasce povero in una grotta,
si fa “bambino” con i “piccoli” della terra. E
viene a portarci luce e salvezza per i nostri giorni.
La tua lettera, caro don Carmine, ci invita a riscoprire
lo stupore e la meraviglia dei bambini di
fronte al mistero della salvezza. e a mettere gesù
non solo al centro del presepe, ma soprattutto al centro
della nostra vita. Il Natale non è la festa del
“buonismo” o del “sentimentalismo”. Tanto meno
del consumismo, ammantato di qualche struggente
nenia natalizia. E' il cuore del messaggio cristiano,
l’inizio della storia di redenzione. E' una “festa scomoda”,
che deve “disturbarci” e scuoterci dall’apatia
e dall’indifferenza.
Per aprirci all’altro e accogliere i
“piccoli” e gli “ultimi” delle “periferie esistenziali”, come
ci invita a fare papa francesco. Nel periodo dell’Avvento, abbiamo allegato alla
rivista degli agili volumetti di don tonino bello.
Fanno
sempre riflettere i suoi “auguri scomodi” («vi voglio
infastidire per Natale»): «Gesù che nasce per
amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda e
senza spinte verticali... Se anche voi volete vedere
“una gran luce” dovete partire dagli ultimi»
Don Antonio