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sabato 14 settembre 2024
 
 

Mediterraneo, un mare di giovani

30/10/2011  Al meeting "MeYouMe" a Cosenza si sono riuniti oltre 200 ragazzi da 22 Paesi per progettare nuove forme di partecipazione attiva e creare una rete di associazioni del terzo settore.

«Quest'anno a Cosenza è stato bello poter incontrare i ragazzi del Nord Africa e del Medio Oriente, avere l'opportunità di ascoltare i loro racconti dal vivo, chiedere loro della vita reale e quotidiana, che i media non ci hanno raccontato». A parlare è Annibale Morsillo, 36enne formatore nel non profit, presidente del Centro solidarietà terzo settore di Manfredonia (Foggia) e uno dei partecipanti della terza edizione di "MeYouMe", il Meeting dei giovani del Mediterraneo, che fino al 31 ottobre raduna a Cosenza oltre 200 giovani tra i 18 e i 35 anni provenienti dall'Italia e da 22 Paesi dell'area mediterranea.

«In questa edizione abbiamo posto le basi per la costituzione di "Many", una rete internazionale di associazioni studentesche e giovanili dei vari Paesi», spiega Morsillo, «i temi sui quali poniamo l'accento sono il dialogo interculturale e interreligioso». E aggiunge: «Visto che non tutti i Paesi della rete fanno parte dell'Unione europea, come italiani noi portiamo "in dote" la nostra esperienza di dialogo strutturato con le istituzioni, la nostra idea di incontro con chi ha ruoli istituzionali. Ma, in realtà, noi siamo venuti a Cosenza soprattutto per imparare: sono loro, i ragazzi di Nord Africa e Medio Oriente, quelli che portano le vere novità».  

Il Meeting di Cosenza è organizzato dal Movimento di Volontariato italiano (MoVi) insieme alla cooperativa sociale Delfino Lavoro e giunge come evento conclusivo del progetto "XXL-Spazi larghi di partecipazione giovanile", promosso nel corso del 2011 dal MoVi in otto Regioni italiane, con il coinvolgimento di 1.200 giovani tra i 18 e i 30 anni. «Il "MeYouMe" è un processo alla pace, al futuro», è stato il commento di Franco Bagnarol, presidente del MoVi. «Questo, più che essere un meeting, è una scuola di politica dove la gente si incontra, si dà coraggio, crede che il futuro possa essere veramente nelle nostre mani e possa creare situazioni nuove sulla nostra dimensione».

«Ho partecipato anche al Meeting del 2009, la seconda edizione. Ma questa volta è tutto completamente diverso». May Eddib è orgogliosa di poter rappresentare lo spirito della nuova Libia a Cosenza. Trentenne ingegnere informatico a Tripoli, May fa parte di due Ong impegnate l'una nel sostegno ai feriti durante la guerra, alle persone che hanno subito abusi, alle famiglie che hanno perso dei cari negli scontri, l'altra nella costruzione di un processo democratico nel Paese, «dal momento che per decenni il concetto di democrazia è rimasto estraneo ai libici».

May, come hai vissuto il lungo periodo del conflitto?
«Io e i miei familiari siamo rimasti a Tripoli, la nostra città. Ma negli otto mesi della guerra tutta la vita quotidiana si era fermata. Io non potevo andare al lavoro, ero barricata in casa. Non potevo neppure uscire. Ora, sento come se fossi nata di nuovo, come se la mia vita ricominciasse adesso».

Hai mai pensato di andartene dalla Libia?
«Avrei avuto la possibilità di farlo: i miei due fratelli, medici, lavorano all'estero, uno in Canada, l'altro in Gran Bretagna. Ma io non ho mai voluto scappare da qui. Se avessi lasciato il mio Paese in futuro non avrei mai smesso di pentirmene. E adesso sono molto fiera di essere qui, di prendere parte personalmente al processo di ricostruzione della Libia. Per tanti decenni siamo rimasti esclusi dalla partecipazione attiva e democratica; ora, finalmente, respiriamo la libertà».

Pensi che i giovani avranno un ruolo di protagonisti nella rinascita del Paese?
«I giovani si stanno già muovendo, hanno cominciato a lavorare e a darsi da fare per prendere parte alla ricostruzione. Sotto il vecchio regime, ad esempio, non ci era possibile fondare delle Ong o creare dei movimenti indipendenti. Ma fin dal giorno della liberazione abbiamo assistito a grandi cambiamenti: oggi, a Tripoli, sono già nate un centinaio di associazioni giovanili. I giovani si stanno attivando, sono coinvolti nella vita politica, le loro voci sono ascoltate. Io nutro grandi aspettative per il futuro».

Zied Ben Arbi è arrivato a Cosenza dalla Tunisia, pochi giorni dopo le elezioni che hanno segnato l'inizio di un nuovo capitolo nella storia del Paese nordafricano, dopo i 23 anni del regime di Ben Alì. Ventitré anni, studente universitario di Economia a Cartagine con doppia cittadinanza tunisina e italiana, anche Zied è un "veterano" del "MeYouMe": anche lui era presente a Cosenza già nel 2009. Ma anche per Zied questa volta il Meeting ha assunto un valore tutto nuovo e particolare.

«Sotto il vecchio regime, noi tunisini potevamo viaggiare nel resto del mondo, ma in patria non avevamo alcun diritto di critica. Adesso le cose sono cambiate. Tutti parlano dei giovani, del ruolo della gioventù nella rivoluzione. E io penso che per noi ci saranno grandi opportunità». Zied aggiunge: «Fin da quando ero bambino, mentre tutti i miei amici sognavano di andarsene dalla Tunisia, io al contrario ero convinto di voler restare nel mio Paese e fare tutto il possibile per viverci bene. Da un anno a questa parte, però, ho cominciato a pensare di voler andare all'estero ma non a causa della situazione politica, bensì per la mia formazione: ho il progetto di andare a terminare i miei studi in Francia. Poi, si vedrà».

Quanto al voto in Tunisia, che ha decretato la vittoria del partito islamico, Zied commenta: «Le elezioni sono state chiare e non c'è nulla di cui preoccuparsi, non c'è un pericolo islamista. Io, ad esempio, sono musulmano e molto credente, ma non ho nulla contro chi la pensa diversamente, rispetto tutti i partiti politici e desidero che lavorino con tranquillità. La maggior parte dei giovani tunisini è gente molto aperta; ma, d'altra parte, non possiamo certo voltare le spalle alla nostra storia, la nostra fede e le nostre tradizioni».

 
 
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