Quando il maresciallo Spinelli, in
tuta mimetica, entra nell’asilo i
bambini istintivamente gridano
entusiasti: «Papà!». A ingannarli
è la divisa militare perché
qui sono tutti figli di militari e per loro
ogni persona in divisa che entra è il loro
papà. Il caporalmaggiore capo Simona
Di Silvestro è venuta a prendere il figlio
Matteo. È un asilo un po’ particolare.
Siamo nella caserma Ugo Mara di
Solbiate Olona, nel Varesotto, dove ha
sede il quartier generale del Comando
del Corpo d’armata di reazione rapida
della Nato, l’unico in Italia.
«È un vero
e proprio villaggio multietnico», spiega
il comandante, il generale Giorgio Battisti,
che fino a gennaio scorso ha guidato
un contingente di circa 300 militari,
uomini e donne, provenienti tutti da
questo Comando, nell’ambito della missione
Isaf in Afghanistan. «Non era la
prima volta», racconta, «avevamo già
partecipato nel 2005 e nel 2009. Nell’ultima
missione laggiù c’erano militari
provenienti da 49 Paesi del mondo. E
questo ci ha permesso di fare un’esperienza
veramente multiculturale».
Le tute dei militari si fondono con i
colori dei giocattoli. Una parte dei posti
dell’asilo è riservata ai bimbi di Solbiate
come previsto dalla convenzione firmata
con il Comune nel 2009. «Questo
», chiosa Battisti, «è il segno che siamo
ben integrati con la popolazione locale.
Spesso, nei Comuni vicini, da Milano
a Varese, siamo coinvolti in molte operazioni: da “Strade sicure” agli
interventi sull’emergenza maltempo. E
i cittadini apprezzano molto. Nel 2012,
il Comune di Solbiate Olona ci ha concesso
la cittadinanza onoraria».
In questo villaggio globale convivono
quotidianamente circa 1.600 militari
provenienti da 15 nazioni diverse:
dalla Turchia agli Stati Uniti d’America,
dalla Germania alla Grecia, dalla
Spagna all’Inghilterra. A loro si aggiungono
le famiglie che vivono sparse
nelle città limitrofe. La lingua ufficiale
è l’inglese ma molti conoscono
benissimo l’italiano. Come la signora
Baiba, lettone, che nel vertice Nato
del 2006 a Riga ha conosciuto il marito
Mario Sechi che lavora nell’esercito.
Si sono sposati e ora vivono qui.
Baiba insieme con la signora Giancarla,
moglie di un altro militare, sta preparando
la festa di Halloween. Ad aiutarle
c’è John Bulley, un soldato americano
sposato con una donna tedesca
che in questo modo ritrova un po’
l’aria di casa.
Il generale Giorgio Battisti nel suo studio: 61 anni, dal 2011 è il Comandante del Corpo d'armata Nato di Solbiate Olona (Varese)
Il club delle mogli
Le mogli dei militari
hanno creato un vero e proprio
club con varie attività, dal mercatino di
Natale, il cui ricavato viene devoluto in
beneficenza alla Caritas di Solbiate e
per aiutare le famiglie dei soldati feriti
in missione, ai corsi di inglese e italiano
fino alle lezioni di fitness in palestra
e le gite culturali. «È un modo per socializzare
e aiutare le famiglie dei militari
a integrarsi nella nostra comunità»,
spiega Giancarla.
Un’altra meta preferita dal “club delle
mogli” è quella della palestra. Per i loro
mariti una necessità, prima ancora
che svago. «Tutti i militari», spiegano, «devono allenarsi obbligatoriamente almeno
sette ore a settimana in vista delle
esercitazioni e delle prove annuali di
efficienza operativa come la corsa dei
tremila metri».
Nella cappella del Comando alcuni
militari si fermano qualche istante per
pregare. C’è un cappellano a disposizione,
ogni domenica si celebra la Messa.
E la convivenza con i militari di altre religioni?
«È buona», spiega Battisti, «i
turchi di fede musulmana partecipano
alle nostre feste di Natale con grande
entusiasmo. C’è un reciproco rispetto
delle fedi e delle tradizioni culturali di
ognuno che è fondamentale anche per
lavorare bene».
Un’esperienza quotidiana
che a Battisti ricorda quella già vissuta
in Afghanistan: «Lì la gran parte di alleati
con cui abbiamo operato erano
musulmani, noi partecipavamo alla loro
preghiera del venerdì, e loro facevano
lo stesso con noi», spiega il comandante.
«Ogni domenica c’era una preghiera
comune con il nostro cappellano
e gli imam afghani per ricordare tutti
i caduti».
Al primo piano del reparto operativo
c’è una riunione interforze. Al tavolo,
attorno a una cartina dell’Afghanistan,
siedono militari turchi, inglesi, italiani,
americani e greci. Chiediamo a
Battisti com’è, visto da qui, lo spettro
dell’Isis. «Combattere questi terroristi
», chiarisce il generale, «non è un attacco
all’islam ma a un’organizzazione
criminale ed estremista che non ha alcun
rispetto della vita e della libertà
umane». A breve arriveranno nel Comando
militari albanesi e croati. «Le sfide
sono tante», chiosa Battisti, «occorre
essere preparati». Ubique celere, recita,
non a caso, il motto del Comando