Non capisco mia figlia: ha già tre figli e un ottimo marito; ora si occupa anche di un bambino di undici anni, emigrato e insicuro, gli offre il pranzo e fa i compiti con lui. Ieri, come sempre, l’aiutavo a fare le scorte di ragù da congelare; questa volta mi ha chiesto di non aggiungere neanche un po’ di macinato di suino. «Ma tanto lui non se ne accorge!» dico io. E lei: «È musulmano, mamma, anche se non se ne accorge, io lo rispetto». Sono stupefatta. Che fare?
- Sono stupefatta anch’io, cara Elisabetta, ma non perché questa figlia è “incomprensibile”, come sostieni tu. Proviamo a imparare da lei: di solito nel ragù lei mette anche un po’ di trito di maiale, ma ora no, perché ha un ospite, un piccolo ospite con enormi difficoltà. Di sicuro quando mangia la pasta al ragù di carne non si accorgerebbe di una minima quantità di macinato di suino.
Eppure lei coglie la fiducia che il piccolo musulmano ha in lei, e non vuole tradirla! Tua figlia ci insegna che cosa sia la relazione di aiuto, che non vuol dire “Ti aiuto a mia misura, ti voglio rendere in qualche modo simile a me”, ma “Ti rispetto”. Anzi, alla tua piccola /grande fiducia restituisco la mia piena fiducia, perfino senza aspettarmi che tu te ne accorga, senza aspettarmi un grazie. Ora, cara mamma Elisabetta, potresti guardare tua figlia con riconoscenza e con grande stima. In fondo, lei non si merita uno sguardo interrogativo e perplesso, ma un grazie. Puoi dirle, con tutto il cuore: “Qualche volta le madri imparano dalle figlie: grazie!”. E così vi sentirete più vicine…