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domenica 15 settembre 2024
 
Visto per voi
 

Miyazaki è tornato, tra realtà e magia, tra bene e male

24/10/2023  La nostra recensione del nuovo film d'animazione del maestro giapponese, "Il ragazzo e l'airone", presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma

“E voi come vivrete?”, se lo domanda oggi Miyazaki, ce lo chiediamo noi da sempre. Il quesito, come il titolo originale di Il ragazzo e l’airone, potrebbero richiamare il romanzo giapponese del 1937 di Genzaburō Yoshino. Ma qui siamo molto lontani dal libro. Il protagonista è Mahito, un giovane di dodici anni che si trasferisce dopo la morte della madre. Fatica ad ambientarsi, viene bullizzato. Un giorno un airone gli dice che forse può aiutarlo a placare il suo dolore, a riempire il suo vuoto. È l’inizio di una ricerca in un mondo fantastico, intriso di magia. In pochi sono stati in grado di incarnare lo spirito del tempo come il maestro giapponese dello Studio Ghibli. La realtà pittorica si mescola alla finzione, il sentimento scaturisce dai tratti simmetrici dell’animazione orientale. Ma la filosofia è sempre al centro. Siamo oltre le leggi della logica, la sfida è ribaltare le regole della fisica. La delicatezza poetica è fondamentale per capire il confine tra bene e male, sempre sfumato, mai assoluto. Surrealismo, iconografie religiose che spaziano tra lo shintoismo e il richiamo biblico: in una sequenza il riferimento a Lazzaro è lampante. 
Il film è sospeso tra intimismo, animo romantico e l’apocalisse che incombe, con una vena testamentaria di grande potenza. Alla Mostra di Venezia, per la presentazione di Si alza il vento, Miyazaki aveva dichiarato che non sarebbe più tornato dietro la macchina da presa. Per nostra fortuna, le sue intenzioni sono cambiate. Ma in Il ragazzo e l’airone l’incedere degli anni è un cardine, un elemento da cui non si può prescindere. L’esistenza è descritta come un’illusione, un colpo in testa da cui possono scaturire allucinazioni o momenti concreti. Ogni cosa è circolare, nasce e finisce nello stesso punto. Non ci sono limiti di spazio. La storia del Giappone si unisce al percorso di crescita, all’elaborazione del lutto. La perdita di un genitore è il motore propulsivo, la sofferenza è il punto da cui ripartire. 
Il ragazzo e l’airone mostra ancora una volta il genio e la creatività di Miyazaki, e guarda anche al suo cinema. Racconta di luoghi incantati, mette in scena la lotta tra luce e oscurità. E potrebbe essere l’immagine opposta di Il mio vicino Totoro. L’impianto narrativo è simile: la madre malata, una nuova casa, un misterioso dirimpettaio. Ma se Totoro è diventato il simbolo dello Studio Ghibli, la chiave per decifrare ogni dilemma esistenziale con tenerezza, l’airone rappresenta l’ambiguità dei legami, la fiducia persa e ricostruita, con l’invito a non fermarsi all’apparenza.
In Il ragazzo e l’airone ci sono i tratti di Laputa – Castello nel cielo, la tragedia di Princess Mononoke, la curiosità pericolosa di Il castello errante di Howl. E soprattutto c’è lo sguardo unico, inconfondibile, di un maestro in grado di rielaborare ogni universo, anche quello che ha creato, rendendolo fresco e moderno a ogni esplosione cromatica. Imperdibile, presentato in anteprima italiana alla Festa di Roma, e in sala dal 1° gennaio.    
 

 
 
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