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sabato 21 giugno 2025
 
 

Michel Platini: ci salveranno le donne

08/06/2012  «C’è chi vuole far morire il calcio di scandali, truffe, denaro eccessivo e debiti. Io predico il fair play finanziario, che fra poco batterà i suoi colpi contro i club trasgressori».

Ritrovare Michel Platini è ritrovare – obiettivo sempre più faticoso e affascinante – l’allegria del gioco del calcio, il suo football en fête che lui praticava giocando e che difende e comanda adesso da presidente (eletto nel 2007) dell’Uefa, la federazione delle federazioni europee. Un incontro che potrebbe anche essere di routine, nell’imminenza del Campionato europeo, in programma tra Ucraina e Polonia dall’8 giugno al 1° luglio, con pronostico vago e auspici generici, e che invece si trasforma, nel corso di una conversazione che lui fa diventare appassionante proprio con la sua passione, espressa in un italiano perfetto, in un trekking in salita fra problemi, speranze, certezze e paure.

A Nyon, Svizzera francofona, la sede dell’Uefa, in un edificio che si sporge sul lago Lemano e la sua bella quiete liquida, il giornalista ritrova il rital, il giovane oriundo italiano che giocava a testa alta, conosciuto a Parigi nel 1978 e frequentato a Torino in cinque anni di Juventus, dal 1982 al 1987 con tanti trofei di squadra e individuali e il titolo continentale 1984 per la Francia. Ritrova, in un ufficio pieno di coppe “sue”, il critico comunque sempre allegro del nostro catenaccio, il cultore dell’arte picassiana del gioco di fantasia contro la logica euclidea dei presunti schemi. Smise presto perché non si divertiva più, rifiutò un’offerta diretta di Gianni Agnelli per restare in Italia a lavorare con la Juve, non si divertì neanche cercando il football- champagne come selezionatore della sua Nazionale di Francia.

Si diverte adesso, a 57 anni, da presidente europeo?
   «Mi appassiono. C’è chi vuole far morire il calcio di scandali, di truffe, di denaro eccessivo e di debiti. Io predico il fair play finanziario (l’obbligo di chiudere i bilanci senza debiti), che fra poco batterà i suoi colpi contro i club trasgressori, predico la lealtà serena, che non si è estinta. Sono ottimista per il futuro a lunga gittata e lo sono anche per i prossimi Campionati europei, in Polonia e in Ucraina, Paesi dove al calcio si vuol bene, dove ci sarà e arriverà gente che ha la mia fede».

Anche gente che vorrebbe un’Ucraina diversa da quella che tiene in carcere una sua ex leader...
   «Lo sport davanti a certi problemi ha il diritto e anche la chance di rimanere sé stesso. Noi produciamo sport, non possiamo sottomettere lo sport a cause che vogliano fargli visita. Cinque anni fa sono state scelte liberamente le sedi delle partite, noi siamo al di sopra di ogni sospetto sulle votazioni. Nei posti alti dell’Uefa c’è un turnover importante di persone, ma resta fissa in tutti la convinzione generale che ci attende un grande torneo europeo».

Troppe, le partite ormai condizionate da sospetti, come conferma l’ennesimo scandalo italiano, e da paure, quando non da violenze in campo e fuori...
   «Lo so, dall’Uefa segnaliamo ai Governi anomalie, stranezze, tensioni, flussi assurdi di denaro nelle scommesse. Poi tocca alle autorità preposte. Ma so anche quale arma è la nostra volontà di andare avanti comunque. Si gioca per i vecchi come per i giovani, per i grandi saggi come per i bambini della scuoletta. Si gioca per l’altra metà del cielo. Io vedo in glorioso arrivo la donna nel calcio: non solo la spettatrice, ma l’attrice, la giocatrice. Il calcio femminile secondo me sarà la grande scoperta dei prossimi anni, anzi se a Berlino vanno in 80 mila a vedere una partita fra donne vuol dire che ormai ci siamo. Le donne giocano bene e sono leali, e questo fa spettacolo sano e vero: per tutti quelli dello sport, non per i voyeur. Fra poco i pessimisti sul futuro del calcio saranno presi a pallonate dalle donne».

C’è pure l’assalto della tecnologia, che vuole sostituirsi alle decisioni umane, agli errori dei nostri poveri occhi sempre meno importanti di fronte a macchine perfette...
   «Sarei un pazzo a rifiutare il progresso. Ma ci vogliono trentacinque telecamere per monitorare bene una partita. E solo il calcio ricchissimo se le potrebbe permettere: per offrire poi noia di giudizi meccanici, o spunti per rivoluzioni popolari se l’arbitro dice no e la macchina dice sì. Al massimo possiamo aumentare, e lo stiamo già facendo con i giudici di porta, gli occhi umani. Niente di più. Il calcio non deve essere snaturato nella sua affascinante irrazionalità che sta in ogni partita, mentre alla fine di un campionato c’è il razionale esito finale».

Il calcio delle discussioni da Bar Sport...
   «Il calcio che gustiamo. Le discussioni sono sale». – Il Platini giocatore diceva che a un certo alto livello le differenze sono fatte soltanto da fortuna, prodezze individuali specie di portieri e attaccanti, e arbitri.

E il Platini dell’Uefa?
   «Confermo. I giocatori sono importanti, si capisce, ma gli arbitri sono basilari, sono la garanzia umana di un bel futuro umano. Non possono vedere tutto, però devono essere aiutati a vedere bene le cose essenziali. Il problema arbitrale è mondiale, è della Fifa».

E Platini punta alla presidenza della Fifa?
   «Non ci penso. L’Europa mi riempie le giornate, la vita. Mi vedete ingrassato, ma è perché appaio sempre accanto a giocatori magri. Però il tempo passa, il tifoso giovane che mi chiedeva l’autografo per sé e poi per suo papà, ora me lo chiede per suo nonno. Ho lasciato la famiglia a Parigi, compresi due nipotini, sono sempre qui a Nyon o in viaggio. Il calcio europeo possiede i valori massimi, andate a controllare le classifiche dei campionati mondiali. In Ucraina e Polonia non sentiremo la mancanza di Brasile e Argentina».

Il Platini giocatore diceva anche che bastavano tre accorgimenti per vivificare le partite...
   «Vero. Il primo, vietare il retropassaggio volontario, antisportivo al portiere: fatto. Il secondo, far sì che dopo il fischio dell’arbitro il giocatore falloso si allontani comunque e sempre dal pallone, senza calciarlo lontano o metterci il piede sopra, pena l’ammonizione: quasi fatto. Il terzo, cartellino giallo per ogni giocatore che parla con l’arbitro, capitano escluso: spero che sia fatto presto. Decide il board dei custodi-padroni del regolamento, non l’Uefa».

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