«Un quarto degli stranieri regolarmente residenti (23,4%) ha meno di 18 anni (gli italiani sono il 17,7%). Il loro futuro è qui. E anche loro sono il nostro futuro». Commenta così il professor Daniele Marini i risultati dell'ultima indagine LaST, il Laboratorio sulla Società e il Territorio, promosso da Community Media Reserach e Questlab, di cui egli è direttore scientifico. La rilevazione ha analizzato gli orientamenti della popolazione - e in particolare dei nordestini - nei confronti dei migranti. L'indagine si è svolta su un campione rappresentativo della popolazione nazionale (900 casi), con più di 18 anni, utilizzando come metodo la posta elettronica e i principali social network. Per più di 9 nordestini su 10 (93,1%) è giusto che i migranti in regola votino alle elezioni del proprio comune, il 74,3% ritiene opportuno che si esprimano anche alle elezioni parlamentari.
Ancora controverso risulta, invece, il tema dell'attribuzione della cittadinanza, dove prevalgono i sostenitori di un diritto condizionato (secondo il 45,6% del panel totale, e il 54,9% degli abitanti del Triveneto), e quindi assegnato su esplicita richiesta dell'interessato e in base ad alcune condizioni, quali la regolarità di residenza da alcuni anni, e la conoscenza della storia e della lingua italiana. Ad appoggiare questa opzione sono prevalentemente le fasce di età centrali della popolazione (25-34enni: 53,6%), le persone attive sul lavoro (imprenditori: 64,1%; operai: 56,6%; disoccupati: 55,0%), i residenti nel Nord Est (54,9%), i diplomati-laureati (53,2%), ma anche chi è avverso (56,5%) e ambivalente (67,2%) nei confronti dei migranti. Una quota leggermente inferiore (il 42,1% degli interpellati e il 36,8% dei nordestini) è, invece, sostenitore dello ius soli, ovvero la cittadinanza italiana va attribuita a tutti quanti sono nati nel nostro Paese, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. Fra queste due posizioni, si colloca, in misura marginale, quella della cittadinanza secondo lo ius sanguinis (il 12,3% della popolazione e l'8,3% dei residenti nel Nord Est), a tutti i nati in Italia, purché i loro genitori siano già in possesso di quella italiana.
«Il tema migratorio è complesso e difficile e i processi di integrazione fra culture e stili di vista diversi sono di per sé problematici - riprende Marini -. Tuttavia, non possiamo continuare a ignorare un tema che si sta sempre più ben delineando. L'interazione/integrazione va definita e gestita in modo pragmatico, non ideologico, stabilendo regole condivise e guardando a come siamo oggi e, ancor di più al domani, in modo consapevole». Tornando alla ricerca, si nota che la percezione positiva del ruolo dei migranti nelle nostre comunità è molto diffusa: quasi tre interpellati su quattro (72,4% dei nordestini, in linea con la quota nazionale del 72,7%) ritengono che la presenza dei migranti generi apertura culturale, e l'81,4% della popolazione nel Triveneto e il 72,5% della popolazione nazionale, li considera una risorsa per il nostro sistema produttivo. Sul fronte dell'ordine pubblico e della sicurezza - e questo è un dato interessante - si assottiglia la differenza fra italiani e stranieri: per ben quattro intervistati su cinque (82,4% a livello nazionale e 85,5% nel Nord Est), la propensione a delinquere appartiene indifferentemente agli uni e agli altri. Tuttavia, il 19,6% in Italia e il 43,2% degli abitanti del Nord Est, li considera una minaccia per la sicurezza, più che per l'occupazione (21,4%). Chi dimostra più preoccupazione in merito al problema lavoro sono le fasce più deboli sul mercato. Ancora, il 20,1% in Italia e il 21,4% degli abitanti del Nord Est percepiscono i migranti come un pericolo per le tradizioni locali.