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venerdì 15 novembre 2024
 
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Migranti, dai barconi alle Dolomiti

14/06/2015  Le storie di Soma e Rodica: dalla Libia e dalla Moldavia a Trento per fuggire da miseria e guerre. Con un sogno comune: aprire un negozio per costruirsi un futuro. Due storie a lieto fine di mobilità sociale, durante i giorni del 10° Festival dell'Economia. Esempi concreti di integrazione possibile.

Brillano a ogni frase gli occhi di Soma e Rodica. Trasmettono amore, gratitudine, soddisfazione per i pericoli scampati, sofferenza per ciò che hanno dovuto vivere. Due storie, le loro, da insegnare nelle scuole: non per dimostrare l'idiozia del razzismo. Giusto per far capire ai giovani italiani, privilegiati senza saperlo, cosa vuol dire cercare di strappare la felicità con tutte le proprie forze.

Le loro terre d'origine non potevano essere più distanti. Lui, Soma Fofana, è arrivato in Italia dal Mali, via Libia, dove, ancora non diciottenne, combatteva con l'esercito pro-Gheddafi nella guerra civile. Lei, Rodica Sztoika, dalla Moldavia via Bulgaria e Grecia. Lui su una delle tante carrette del mare che solcano il Mediterraneo cariche di speranza e disperazione e che, se tutto va bene, sbarcano a Lampedusa e permettono di chiedere asilo. Lei via aereo, auto, nave e treno, per vivere una vita da clandestina.

Comune la destinazione finale che la sorte ha deciso per loro: Trento. Lì, entrambi, anche grazie alle attività di supporto per gli immigrati predisposte dalla Provincia Autonoma, hanno coronato un loro sogno: aprire un proprio negozio.

Due esempi concreti di mobilità sociale scovati proprio nei giorni in cui il Trentino affronta l'argomento ospitando decine di economisti, premi Nobel, analisti per la X edizione del Festival dell'Economia.

Soma Fofana davanti alla vetrina di "All'ombra del baobab". In copertina, un suo primo piano.
Soma Fofana davanti alla vetrina di "All'ombra del baobab". In copertina, un suo primo piano.

Un pezzo d'Africa nel centro storico

Stupisce ascoltare tanta serenità e saggezza in ragazzo di appena 23 anni. «A me interessa avere un'occasione per costruire la mia dignità, il mio futuro. Non ho paura: l'ho già affrontata. So di dover rischiare. L'uomo vive nel rischio, ogni giorno. Ma è normale. E deve poter dire: ci ho provato».

Una saggezza millenaria che si legge già nella scelta del nome del suo negozio di oggetti e cibi etnici: “All'ombra del Baobab”. Per il suo popolo è un simbolo sacro. Una metafora di come si costruisce una società giusta: «Sotto alla sua ombra ci ritroviamo a discutere dei problemi del villaggio, giovani e anziani. Parliamo di come risolverli tutti insieme. E qui in Italia speriamo che persone di provenienze diverse possano incontrarsi e conoscersi».

Il nome lo ha scelto insieme al suo socio, Boubacari Demelle, di quattro anni più grande, anche lui maliano. Posto più strano per costruire un futuro professionale insieme non poteva esserci: «Ci siamo incontrati sulla nave militare che da Lampedusa ci ha portati a Genova. Poi insieme siamo stati trasferiti in Trentino». Il percorso d'inserimento, una volta a destinazione, è stato facilitato dalla rete di accoglienza organizzata dal Cinformi, il centro provinciale per l'Immigrazione. Loro, insieme alle onlus e alla Caritas locale, hanno organizzato i corsi d'italiano, hanno trovato il modo per riempire in modo proficuo il “tempo libero” attraverso forme di volontariato (nei sei mesi di attesa del riconoscimento dello status di rifugiato i migranti non possono lavorare). E hanno assecondato il desiderio dei due ragazzi di confrontarsi con un'attività imprenditoriale: «Non vogliamo chiedere aiuto allo Stato. Non ci piace dover bussare alla sua porta tra un lavoro e l'altro».

Rodica Sztoika, moldava, nel negozio che ha aperto a Trento.
Rodica Sztoika, moldava, nel negozio che ha aperto a Trento.

Il cibo di casa per costruirsi un futuro

  

La stessa tenacia e determinazione la si sente nelle parole di Rodica. Nel suo caso, l'apertura di un negozio – una bottega alimentare che propone prodotti provenienti dalla Moldavia ma anche dalla Russia, dall'Ucraina e dalla Romania – è venuta parlando con suo marito, conosciuto a Trento un anno dopo il suo arrivo nel 2008. «Prima lavoravo come addetta alle pulizie e come badante. Ma in questo modo riesco a mantenere un qualche legame con la mia casa».

In appena un anno, è diventata un punto di riferimento per gli immigrati dell'Est europeo e ha fatto scoprire nuovi sapori  agli italiani.

Anche nel suo caso, cruciale il sostegno dell'amministrazione locale. «Prima mi hanno insegnato come si gestisce un'attività imprenditoriale. Poi mi hanno aiutato a ottenere un contributo di 20 mila euro attraverso fondi europei e, grazie alla loro presentazione, ho potuto accendere un mutuo di 15 mila euro da una banca locale».

Rodica dietro al bancone. Il suo negozio importa prodotti dalla Moldavia, il suo Paese d'origine, e dall'est europeo.
Rodica dietro al bancone. Il suo negozio importa prodotti dalla Moldavia, il suo Paese d'origine, e dall'est europeo.

Integrare i nuovi italiani è possibile

Due esempi che dimostrano come sia possibile integrare i nuovi italiani, creando forme virtuose di convivenza. «In Trentino», spiega l'assessora alla solidarietà sociale della Provincia autonoma di Trento Donata Borgonovo Re, «gli immigrati sono il 9,5% della popolazione, più della media nazionale. Il fenomeno è una sfida per il nostro territorio ma anche una grande occasione di arricchimento civile, sociale e culturale. Accogliere chi viene qui in fuga da guerre e da miseria ed è alla ricerca di un futuro migliore, significa costruire una comunità più solidale e più sicura per tutti. Ed è responsabilità di una politica lungimirante farsene carico».

Due gli ambiti di intervento: saper accogliere chi arriva e nel frattempo affrontare il tema della stabilizzazione dei “nuovi Italiani”: «La richiesta di ricongiungimenti familiari», rivela Borgonovo Re, «è ormai il primo motivo di richiesta dei permessi di soggiorno e ha superato quello per motivi di lavoro».

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