Le foto di questo servizio sono dell'agenzia Ansa.
«In Europa, di fronte a ogni emergenza migratoria, scatta una reazione istintiva: chiudersi a riccio e accusare gli altri Stati di poca solidarietà. I bracci di ferro, però, non servono. Bisogna che i Paesi dell’Ue escano dalla politica dell’emergenza. Ci vuole una visione condivisa di lungo periodo». Alla vigilia del vertice che venerdì 25 novembre convoca a Bruxelles i 27 ministri degli interni europei, Famiglia Cristiana esce in edicola con un numero che ospita un editoriale dello storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e già ministro per la cooperazione l’integrazione del Governo Monti.
«Oggi, nel mondo», osserva Riccardi, «masse di persone si spostano per mancanza di lavoro, conflitti, cambiamenti climatici e situazioni invivibili. Guardiamo al Pakistan: le immani inondazioni del mese scorso (un quinto del Paese colpito) incentiveranno il movimento globale delle popolazioni. È miope e inutile litigare tra europei su una crisi planetaria».
I problemi esistono. La recente polemica tra Parigi e Roma (e la conseguente convocazione di un vertice comunitario straordinario sul tema) lo dimostra. «Nell’Unione europea si paga il fatto che gli accordi di ricollocazione non hanno un meccanismo automatico. E poi c’è la questione delle Ong del mare. Anche sul respingimento c’è contraddizione si possono fare quelli individuali, ma non quelli collettivi. C’è dissenso pure sulla questione dei “Paesi sicuri” (di provenienza dei rifugiati). Alcuni Stati scandinavi, come la Danimarca, hanno incredibilmente dichiarato che la Siria è ormai sicura. La Libia resta uno Stato inesistente».
Che fare, allora? «Per diminuire i flussi gestiti dai trafficanti, si devono ampliare i canali legali di ingresso», conclude Riccardi. «In Italia il prossimo decreto flussi non deve essere basato solo sulle chiamate nominative, ma su accordi presi con gli imprenditori. Si deve introdurre il visto per la ricerca di lavoro. Vanno aumentati i ricongiungimenti familiari e reintrodotte le figure dei garanti per l’immigrazione: parenti di stranieri, associazioni, imprenditori devono avere la possibilità di garantire (anche economicamente) la venuta per ricerca di lavoro. Infine per i più vulnerabili (donne, chi soffre la repressione, chi necessita di cure) andrebbe allargato lo spazio dei corridoi umanitari».