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domenica 10 novembre 2024
 
Sul confine caldo di Ventimiglia
 

La Caritas: «Prima di tutto la dignità dei migranti»

09/08/2016  Mentre "decomprimere" è la parola d'ordine di Franco Gabrielli, capo della polizia, che per allentare la tensione vuole spostare i migranti da Ventimiglia, quella di Maurizio Marmo, direttore della Caritas diocesana che gestisce l'emergenza da due mesi, è "accoglienza", che significa restituire dignità al migrante, ma anche permettere alla città di vivere serenamente.

«Decomprimere». È questa la parola d’ordine secondo il capo della Polizia Franco Gabrielli che ieri, lunedì 8 agosto, è arrivato a Ventimiglia per un ultimo saluto al collega defunto Diego Turra, agente del reparto mobile di Genova morto durante le tensioni del weekend tra polizia e i No border.
Decomprimere per risolvere il problema dei migranti che affollano la piccola cittadina ligure ormai da mesi nel tentativo di passare la frontiera diretti in Francia. «Decomprimere» che vuol dire «prendere queste persone e portarle da un'altra parte». Così il capo della Polizia Franco Gabrielli, in visita a Genova, Sanremo e Imperia ha commentato la situazione nella città di confine che ospita oltre 550 migranti tra il campo del Parco Roja e le Gianchette. Una situazione «grave» ha detto, «seppur non tragica. Loro vogliono passare la frontiera. Dall'altra parte non c'è disponibilità e quindi dobbiamo gestire lo stallo». E gestirlo significa decomprimere. «Rispetto a un anno fa» ha aggiunto il capo della Polizia, «è stato realizzato un centro dove dare accoglienza dignitosa a queste persone. C'è la gestione di un flusso che è rimasto costante a fronte del fatto che molte persone stanno risalendo la penisola e molte vengono rimandate qui dai francesi». Ma comunque il numero importante di persone può ingenerare tensioni. E di tensioni ce sono state soprattutto per la presenza dei no borders, “no frontiere, no confini” al grido di “siamo tutti cittadini del mondo”.

L'agente morto durante le tensioni con i no borders

Resta sullo sfondo la morte dell'assistente capo Diego Turra, stroncato da un infarto sabato scorso poco prima di un intervento del Reparto mobile su un gruppo di solidali e i cui funerali verranno celebrati domani ad Albenga. «Non abbiamo rabbia nei confronti di nessuno» ha detto Gabrielli. «Addebitare ai no borders la morte del nostro collega credo sia poco serio. Ovvio che queste persone, molto spesso professionisti dell'agitazione, hanno poco a che vedere con i drammi di chi dicono di rappresentare». Da giorni ormai i controlli a Ventimiglia sono potenziati: i rinforzi sono arrivati contestualmente all'arrivo dei no borders nel campeggio di Caix. Con la polizia c'è il battaglione mobile dei carabinieri. Ma dopo la morte del soprintendente Turra il Reparto Mobile di Genova se ne andrà a Chiomonte, sostituito dai colleghi di Torino. Una decisione che contribuirà a sciogliere la tensione.

Ascoltare e accogliere le parole d'ordine della Caritas diocesana

  

Maurizio Marmo, direttore della Caritas diocesana, che per primo ha gestito l’emergenza rinominando l’operazione “Ventimiglia con-fine solidale” per sottolineare la volontà di trasformare un limite in un'opportunità raggiunto al telefono commenta così la situazione. «Accoglienza vuol dire restituire dignità al migrante, ma anche permettere alla città di vivere serenamente. E non perché questi ragazzi diano fastidio, assolutamente no. Ma perché i numeri che aumentano complicano la gestione. Così come accade con le manifestazioni che altro non fanno che intralciare il nostro lavoro e che andrebbero fatte a Roma o a Bruxelles per cambiare la legge europea e non a Ventimiglia». Lui rispetto alla situazione è positivo: «Il bilancio sin qui è buono. Il campo allestito dalla Croce rossa italiana funziona e migliora col passare dei giorni. Noi continuiamo a gestire la prima accoglienza nella chiesa di Sant’Antonio dove al momento abbiamo un’ottantina di persone, soprattutto donne e famiglie. A due mesi dai primi arrivi cominciamo poi a vedere i primi risultati dello stile con cui lavoriamo, di ascolto delle vite e delle aspettative di queste persone. Alcune di loro, per esempio, hanno cominciato a fare richiesta di asilo, indice della volontà di cambiare la rotta del loro viaggio».

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