Monsignor Francesco Moraglia, 66 anni, dal 2012 patriarca di Venezia. Foto Ansa. In alto: un tratto del confine tra Bulgaria e Turchia, nei pressi di Lenovo, in una foto d'archivio dell'agenzia Reuters scattata il 14 settembre 2016. In copertina: monsignor Moraglia in una foto dell'Ansa.
«Ritengo illusorio e non confacente con la realtà pensare di risolvere, oggi, la questione epocale dei migranti costruendo barriere fisiche alla nostra frontiera orientale che, pure, certamente va controllata e ‘regolata’». Lo dichiara il patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia, in una nota in cui rileva come «la risposta alla tragedia umana di interi popoli non può essere quella dei ‘muri’, ma quella della politica. Una politica che, una buona volta, voglia affrontare tale vicenda senza pregiudizi ideologici o ingenuo buonismo ma con realismo».
Di "muri" a Est si parla di qualche giorno. «Alzare barriere ai confini per fermare gli arrivi è un'ipotesi al vaglio, testimonia l'attenzione del Viminale per gli ingressi irregolari dal confine orientale, ovvero dal Friuli Venezia Giulia», ha detto il Governatore Massimiliano Fedriga (Lega), Sul tema risulta programmato un vertice a Roma lunedì primo luglio e non è escluso che venerdì 5 luglio Salvini sia a Trieste.
In nquesto contesto si colloca la riflessione del patriarca di Venezia che tra l'altro è il presidente della Conferenza episcopale triveneta. Monsignor Moraglia ha ricordato che «accogliere chi si trova nello ‘status’ di migrante o rifugiato è un dovere e un principio fondamentale, riconosciuto dalla nostra Costituzione (articolo 10) e dalla Convenzione di Ginevra», il patriarca rileva, però, che «oggi nessun Paese è in grado di rispondere da solo». «Ecco, allora, l’appello veramente pressante – e che dovrebbe trovare tutti coesi – alla politica europea e mondiale perché attivi a livello planetario una sorta di ‘piano Marshall’. La politica europea, in particolare, deve trovare responsabilità, lucidità, volontà e modalità condivise, uscendo da angusti schemi e schieramenti, per regolamentare un fenomeno che tocca in modo universale non solo l’Italia ma l’intero continente europeo».
Moraglia indica all’interno di questa azione politica l’opera del volontariato considerata «necessaria». L’impegno di tutti, a livello personale e sociale, è quello di «garantire una integrazione reale, vera, dal volto umano, creando un contesto favorevole e culturalmente attrezzato». Infine, l’invito a «perseguire, in Italia e in Europa, sapendo guardare oltre gli interessi particolari, con realismo e lungimiranza, con senso della giustizia, tutelando i diritti e il rispetto dei doveri di tutti».
Tra le tante, e originali, mobilitazioni delle comunità ecclesiali italiane in questo travagliato periodo, una citazione a parte merita l'niziativa programmata sempre sul lato adriatico del nostro Paese, in Puglia, per la precisione a Bari. Si tratta, spiega chi ha avuto l'idea, di due “semplici segni” in giorni in cui “sentiamo più forti le preoccupazioni legate ai nostri fratelli e sorelle migranti”. Prima un digiuno che “si trasformi in gesto di carità e accoglienza”, poi un momento di riflessione, silenzio e preghiera, che si svolge lunedì 1°luglio, dalle 20.30 alle 21.30, sul lungomare di Bari, nel Largo Giannella. A organizzarlo sono la Caritas e l'ufficio Migrantes della diocesi di Bari-Bitonto. «Sentendo anche noi quella ‘immensa tristezza’ di cui parlava pochi giorni fa papa Francesco a seguito dell’immagine di quel papà con la figlioletta di due anni riversi morti nel Rio Grande accogliamo il suggerimento a pregare per questi nostri fratelli chiedendo al buon Dio un sussulto di umanità nelle nostre scelte”, si legge in una nota. Caritas e Migrantes segnalano, inoltre, che “non è una manifestazione contro nessuno», ma che si tratta di «piccoli gesti per non rinunciare a farci accoglienti».