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martedì 12 novembre 2024
 
 

Migranti, la strage silenziosa: la denuncia della Chiesa

10/12/2015  I morti sono più che raddoppiati: furono 1.600 nel 2014, sono stati oltre 3.200 quest'anno. Tra essi, tantissimi bambini: più di 700. Gli interventi di monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, e del cardinale Francesco Montenegro, presidente della Caritas Italiana.

«Continua una strage silenziosa nel Mediterraneo, con i morti che sono più che raddoppiati nel 2015 rispetto al 2014, passando da 1.600 a oltre 3.200. Tra essi molti bambini: oltre 700 dall’inizio dell’anno, anche neonati», denuncia  il direttore generale della Fondazione Migrantes, monsignor Gian Carlo Perego dopo gli ennesimi naufragi finiti in tragedia. «L’Europa che trova sempre risorse per bombardare, non trova risorse per salvare vittime innocenti. L’operazione europea Triton non ha saputo rafforzare il salvataggio in mare delle vite umane rispetto all’operazione italiana Mare nostrum»,  continua monsignor Perego: «una vergogna che pesa sulla coscienza europea. L’Europa sembra ora – a fronte della minaccia terroristica – giustificare i muri e la chiusura delle frontiere, oltre che il disimpegna nel creare canali umanitari che avrebbero potuto oltre che salvare vite umane, combattere il traffico degli esseri umani, una delle risorse del terrorismo».

«L’accoglienza», osserva ancora monsignor Perego, «anziché in centri  di accoglienza aperti sembra affidarsi ancora una volta a centri chiusi, gli ‘hotspots’, come dimostra il Centro di accoglienza di Lampedusa: più di 20.000 persone arrivate al porto e trasferite nel Centro, chiuso ad ogni ingresso e uscite. La paura insieme alla convenienza sembra far ritornare indietro di anni il cammino di protezione internazionale costruito in Europa». 

«La morte di 700 bambini in mare nell’ultimo anno fa pensare alla “strage degli innocenti. Quando leggiamo le pagine del Vangelo restiamo interdetti su come Erode abbia potuto fare una cosa simile, ma oggi ci accorgiamo che gli stiamo facendo concorrenza», ha commentato dal canto suo l’arcivescovo di Agrigento e presidente della Caritas italiana, il cardinale  Francesco Montenegro, in un’intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000, sottolineando che è «una strage che dovrebbe farci riflettere. Sono migliaia i morti che continuiamo a contare senza reagire. La morte di 700 minori non ci fa pensare, ma se dovessero scomparire 700 bambinelli dai nostri presepi questo diventerebbe motivo d’indagine. Gesù è presente nei fratelli più piccoli: dovremmo essere capaci di riconoscere Gesù in questi bambini che muoiono nel mare se vogliamo fare il presepe».

Il cardinale Montenegro ha inoltre commentato le insufficienti misure, politiche ed economiche, adottate dall’Europa sulla questione dei migranti contrapposte a quelle dei finanziamenti per gli interventi armati: «Fino a quando il Dio profitto resta il grande Dio continueranno a fare queste scelte. Ma sappiamo che sono scelte sbagliate. C’è la necessità di rimettere l’uomo al centro. L’attenzione all’uomo deve diventare un impegno per tutti, dalla politica all’economia. Il Papa ha detto che la misericordia e la solidarietà sono i binari in cui il treno della vita deve camminare”. “Sono tante le cose che si devono rivedere»,  ha concluso il cardinale Montenegro, «con gli hotspot si rischia di creare altri clandestini e poveri in giro per le strade. E’ necessaria dunque una riflessione da parte di chi amministra la cosa pubblica».    

Continua invece l’accoglienza  dei richiedenti asilo e protezione internazionale che, dopo l’appello di papa Francesco del 6 settembre scorso, è cresciuta nelle strutture ecclesiali, nelle parrocchie e nelle famiglie, conclude il direttore della Migrantes realizzando «un’accoglienza diffusa, costruita insieme, senza conflittualità. Un’accoglienza intelligente che aiuta anche a conoscere volti e storie di sofferenza e a costruire,  in questo tempo di Avvento, percorsi e progetti di cooperazione internazionale. Ancora una volta la Chiesa costruisce un gesto concreto, che supera pregiudizi e contrapposizioni ideologiche, che accompagna le persone, nella prospettiva di una ‘cultura dell’incontro’  che sola rigenera le nostre città».

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