Nel 2016, il tema dell'immigrazione è entrato, in modo strutturale e pervasivo, nel sistema dell'informazione. Ma a parlarne sono per lo più gli esponenti politici e istituzionali, che compaiono nel 33% dei servizi sull'immigrazione andati in onda nei telegiornali di prima serata. Invece immigrati, migranti e rifugiati, hanno voce solo nel 3% dei servizi (meno della metà rispetto al 2015), e spesso sono interpellati direttamente in contesti tematici negativi. Diminuisce l'uso di un termine giuridicamente inappropriato come “clandestino”, ma si enfatizza lo status di rifugiato dell'autore di un reato. Assenti questioni come l'origine dei flussi, i Paesi di transito, il post-accoglienza, l'integrazione, i corridoi umanitari.
Sono le tendenze che hanno caratterizzato un anno di racconto di migrazioni e minoranze, fotografate in “Notizie oltre i muri - IV Rapporto Carta di Roma”, curato dall'Osservatorio di Pavia, in collaborazione con l'Osservatorio europeo per la sicurezza, e presentato a Roma, alla Camera dei Deputati, lunedì 19 dicembre. Sono stati analizzati il Corriere della Sera, il Giornale, l'Avvenire, l'Unità, la Repubblica, la Stampa, con un confronto con il 2015; e i telegiornali nazionali prime time di Rai, Mediaset e La7, con un confronto dal 2005 a oggi.
Se negli anni passati si parlava di immigrazione solo in occasione di tragedie del mare, di gravi fatti di cronaca nera, dei ciclici aumenti degli sbarchi (“invasioni”) e, spesso, in chiave emergenziale, in coincidenza con le campagne elettorali, adesso se ne parla con continuità, quasi tutti i giorni, anche in merito a tematiche finora poco praticate, come l'organizzazione del lavoro, l'equilibrio del sistema pensionistico, la nuova imprenditoria.
Nel 2016, con 1.622 notizie dedicate al tema dell'immigrazione si è registrato un aumento di oltre il 10% rispetto al 2015; mentre nei telegiornali sono comparsi 2.954 servizi dedicati al fenomeno migratorio con una media di quasi 10 notizie al giorno. Nei quotidiani, più della metà dei titoli nel corso dell'anno ha riguardato muri e frontiere (57%), dalla Grecia ai Balcani, dall'Ungheria alla Macedonia, da Ventimiglia al Brennero; mentre la restante parte di titoli/notizie (il 43%) è la cronaca degli sbarchi e delle tragedie del mare, raccontate nella loro crudezza e sofferenza insieme. L'accoglienza resta il tema attorno al quale ruota la maggior parte della comunicazione sull'immigrazione (35% delle notizie), ma con un calo di oltre 20 punti rispetto al 2015. Anche i toni allarmistici sono in netto calo, ma permangono nella cronaca nera e rispetto al rischio di attentati di matrice jihadista: questa seconda dimensione evoca grande insicurezza, sia per la presunta presenza sul nostro territorio di migranti potenzialmente appartenenti a reti estremiste, sia per il rischio di infiltrazioni terroristiche tra i rifugiati in arrivo sulle nostre coste. «A differenza del passato - ha sottolineato, in sede di presentazione, Ilvo Diamanti, professore di Analisi dell'Opinione pubblica all'università di Urbino e direttore scientifico di Demos -, il rapporto fra immigrati e insicurezza si è in parte rovesciato nella narrazione mediale. E spesso i media si sono occupati e si occupano degli immigrati non come autori, ma come vittime di violenze e discriminazioni».
Come è accaduto nel caso di Emmanuel Chidi Nnamdi, nigeriano di 36 anni, morto in ospedale dopo essere stato picchiato violentemente da Amedeo Mancini, ultrà della squadra locale di calcio. Le istituzioni si sono strette compatte attorno alla vedova di Emmanuel, condannando nettamente la matrice razzista; allo tesso tempo, però, il fatto di cronaca nera è diventato tema politico, dando il via alle prime schermaglie fra opinioni divergenti su razzismo, politiche di immigrazione, discorsi di odio. È sui social, più che sui media tradizionali, che il dialogo sfocia in conflitto verbale aperto, con insulti razzisti e sessisti violentissimi. «Il Guardian ha definito la nostra era come quella della rabbia, e le bufale online lucrano proprio sull'odio. Per questo, al Parlamento Europeo ci siamo soffermati sull'hate speech, l'illecito incitamento all'odio online - ha detto la parlamentare europea Cècile Kyenge -. Ci troviamo in momenti difficili per chi produce informazione, perché il fruitore ne è inondato. Oggi i media si concentrano troppo sul voler arrivare per primi, a discapito della ricerca della verità, che dovrebbe essere il primo obiettivo della stampa in un paese libero e democratico. Mantenendo fermo il punto della libertà di espressione, dobbiamo capire quando essa diventa violenza». Noi giornalisti, ha sottolineato Giovanni Maria Bellu, presidente dell'Associazione Carta di Roma, «non “produciamo” hate speech e, nella generalità dei casi, evitiamo di diventarne veicolo. Tuttavia, dovremmo riflettere sul fatto che l'hate speech, quello che dilaga nei social network, trova alimento nella cattiva informazione. Ed è questa la ragione per cui non possiamo sentirci innocenti».
Tra gli eventi più importanti del 2016 a livello mediatico nell'ambito della rappresentazione dell'immigrazione, c'è anche il referendum sulla Brexit. In media, nei telegiornali nella settimana a cavallo del voto, in 3 servizi su 10, le ragioni e/o gli effetti della Brexit vengono associati al fenomeno migratorio, con due accezioni: l'uscita dall'Unione Europea come risposta per bloccare gli arrivi di migranti e rifugiati, e la condizione degli immigrati - anche europei - in caso di uscita dall'Ue. Questo binomio (immigrazione-Brexit) incrementa la propria visibilità in tutti i telegiornali europei, e specialmente in quelli inglesi, dopo l'uccisione, il 17 giugno, della deputata laburista Jo Cox, ad opera di un sostenitore dei neonazisti.
L'Associazione Carta di Roma è nata nel dicembre 2011 per dare attuazione al protocollo deontologico per un'informazione corretta sui temi dell'immigrazione, siglato, a giugno 2008, dal Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti (CNOG) e dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI).