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sabato 10 giugno 2023
 
Milano
 

"Misericordia all'opera", 11 anni di Vangelo vissuto

03/02/2016  L'ultimo libro di don Virginio Colmegna racconta l'esperienza della Casa della carità, nella periferia Nord del capoluogo lombardo, un esempio della Chiesa in uscita cara a papa Francesco, anticipata dal cardinale Carlo Maria Martini.

Don Virginio Colmegna.
Don Virginio Colmegna.

Misericordia all’opera: è il titolo del nuovo libro di don Virginio Colmegna, ma è anche il riassunto di undici anni di “Vangelo vissuto” nella sua Casa della carità, pensata con il cardinal Martini nell’estrema periferia Nord di Milano, nella zona con il più alto tasso di stranieri. Il testo, pubblicato da In Dialogo, accompagna la riflessione dell’Anno giubilare, alternando alcuni interventi di Colmegna, pronunciati in occasioni pubbliche molto diverse, alle storie incontrate nell’ex scuola abbandonata che è stata trasformata nella Casa della carità.

Ci sono gli uomini e le donne che hanno bisogno di una doccia calda e arrivano con i segni della strada, i profughi in transito da Milano, gli anziani del quartiere e i malati psichiatrici. La misericordia di don Virginio è quella dei volti: «L’ultimo – ci dice – è quello di una madre italiana con tre figli, sfrattata la scorsa settimana perché versava l’affitto a un “proprietario” che a sua volta aveva smesso di pagare il mutuo». E poi c’è quello di Paolo, «o almeno così noi l’avevamo chiamato», un giovane senza fissa dimora del centro di Milano, quello dell’anziano marocchino arrivato in Italia nel 1971 per lavorare nei circhi, del detenuto che esce per la prima volta dal carcere dopo 22 anni e non sa come funziona l’euro. E il volto di Santina, anziana del quartiere, che sceglie di festeggiare i 100 anni nella struttura guidata da don Virginio e vuole un regalo di compleanno speciale: chiede che il figlio accetti di affittare un piccolo appartamento di cui dispone alla famiglia rom che lei ha conosciuto in Casa della carità. Vuole veder sorridere soprattutto i loro bambini, che hanno giocato con lei e l’hanno fatta sentire accolta.

La Casa della carità, nella periferia Nord di Milano.
La Casa della carità, nella periferia Nord di Milano.

«È così – commenta Colmegna – l’accoglienza praticata senza retorica: misteriosa e contagiosa, segno di quanto profondamente tutti desideriamo abbattere le barriere che ci dividono e sentirci fratelli sul serio». Dal libro emerge una profonda dimensione contemplativa, vissuta nello scoprire che «l’accoglienza è un dono», come lo è «il bussare, a tratti travolgente, delle tante domande della città» che arrivano a questa porta della periferia milanese. «Sono debitore – dice don Virginio – dell’accoglienza, che mi ha permesso di riscoprire la freschezza del Vangelo». È l’opzione della Chiesa per i poveri, di cui parla Bergoglio nell’Evangelii Gaudium come «categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica e filosofica».

Continua Colmegna: «È una scelta di vita che deve affascinare, a cui ci si deve educare, che ha la misericordia come nucleo dell’amore divino, perché, dice Dio attraverso le parole del profeta Osea, “voglio l’amore e non il sacrificio”». E la misericordia è, appunto, il filo conduttore del libro: «Nella Bibbia ci è consegnata in compagnia di tenerezza, amicizia e carità, e nell’esperienza di Casa della carità essa sostiene il quotidiano sforzo di giustizia, cura e solidarietà. Con misericordia – che in ebraico si dice éleos, da cui deriva il termine “elemosina” – si indica quella disposizione interiore ad amare che si decide per azioni concrete di servizio, di aiuto e di perdono. L’amore misericordioso prende a cuore l’altro e prende in carico fattivamente la sua situazione di bisogno».

La copertina del nuovo libro di don Virginio Colmegna.
La copertina del nuovo libro di don Virginio Colmegna.

«Mi entusiasmo – scrive Colmegna – quando avverto tutto il potenziale di essere una Chiesa chiamata a lenire le ferite, a fasciarle con la misericordia e a curarle con la solidarietà e l’attenzione». A Milano la “Chiesa in uscita” di Papa Francesco era stata intuita da un altro grande gesuita, Carlo Maria Martini. La Casa della carità è l’ultimo progetto che ha avviato nella diocesi in qualità di Arcivescovo, invitando a viverlo in tutta la sua portata simbolica e concreta al tempo stesso. Papa Francesco ha di recente criticato chi denigra la carità come fosse una «parolaccia» e don Virginio non nasconde i suoi dubbi di undici fa quando occorreva scegliere il nome della struttura. «Una sera – ricorda – dissi a Martini: “Eminenza, la parola carità la scambiano per elemosina”. Lui rispose: “No, la parola carità va ripulita dal linguaggio assistenzialistico, è capace di fondarsi sulla giustizia, ma spazia su quell’oltre dell’attesa che ha dentro non la categoria dell’utilità, ma la categoria dell’impossibile, del nuovo che viene».

Per il sacerdote la misericordia deve evitare derive intimistiche, aprendosi invece al valore della responsabilità collettiva, della ricerca culturale comune, della felicità urbana e della convivenza pacifica. «Spesso – dice – invitiamo alla spiritualità e alla preghiera, ma non nel senso di una fuga per staccarci dal mondo in cui siamo, piuttosto a vivere impastati nella storia, a pensare il cristianesimo come incarnazione e come ricerca dei crocifissi nella città». Cita due figure spirituali: «Charles de Foucauld, di cui quest’anno è il centenario della nascita, che ha testimoniato lo stare dentro la storia anche in un’apparente assenza di risultati concreti, e Maria che “serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore”. Alla sera, quando prego, cerco di custodire la Parola nascosta nei volti che hanno bussato alla casa, ispirandomi alla spiritualità sofferta e al tempo stesso gioiosa della Madre di Gesù». Infine Colmegna ritorna a citare il gesuita suo maestro: «Se si dovesse riassumere in una parola quanto l’esperienza di vivere la carità ci ha insegnato, spingendoci continuamente oltre, prenderemmo a prestito l’ultima parola che il cardinal Martini ci ha consegnato: “eccedenza”. Non tolleranza, ma radicale domanda di fraternità e di umanità; non aiuto, ma amicizia; non risposta a quello che chiedi per bisogno, ma a quello che in più desideri e non esprimi; non un miglio, ma due; non solo il vestito, ma anche il mantello…».

Proprio con un testo inedito di Martini si chiude Misericordia all’opera. È la trascrizione dell’incontro avvenuto a Gerusalemme nel 2005, a pochi mesi dell’avvio della Casa della carità, tra il cardinale, Colmegna e i suoi collaboratori. Il gesuita invita all’”eccedenza della carità” e alla “follia dell’amore”: «Molte persone non credono in Dio, oppure non riescono a capire Dio, perché si fanno un’idea statica di Dio come di una cosa che sta lì. Invece è, come dire, fuoco divorante: è dono senza fine. La storia è in mano a coloro che capiscono questa legge fondamentale dell’eccesso. Tutta la vita di Gesù è sotto il segno di questa eccedenza, di questo buttarsi aldilà».    

 
 
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