Milano: il cassonetto per gli indumenti dismessi della Caritas dov'è stato ritrovato il cadavere della neonata. Foto Ansa.
Quando succede è dura da accettare. Quella creaturina ritrovata morta a Milano in un cassonetto della Caritas per la raccolta degli abiti usati era una di noi. Quel luogo deputato ad aiutare i poveri con vestiti vecchi è stato forse il luogo della sua agonia, della sua morte. Il pensiero va a cosa sarebbe diventata, quali scelte avrebbe fatto nella sua vita, quali talenti avrebbe potuto sviluppare e mettere al servizio dei suoi sogni e della società. Già i sogni. Quella bimba, che era “nei sogni di Dio”, come a volte ci scappa di dire, i suoi sogni non potrà mai provarli, viverli, perseguirli. Ma il pensiero scappa anche alla mamma (e magari anche al papà, dov’era lui?). Perché l’ha fatto? Ne aveva piena coscienza? Era così disperata? Perché? Perché non si è rivolta a qualcuno, a un’amica, a un parente, a un vicino? Perché almeno non lo ha messo davanti al primo portone, suonato il campanello e scappata, risparmiando alla sua coscienza il dramma che la perseguirà per tutta la vita? È lecito, anche se terribile, non tenere il bimbo che nasce. Ci sono mille e uno motivi… Ma così, no…
Il volto della mamma, il primo che contempliamo appena nati quando ancora l’organo della vista ci manca ma di cui percepiamo il sorriso e l’amore nel calore del suo corpo che ci nutre, quella bimba non lo ha mai vissuto. Il suo benvenuto sulla terra è stato un cassonetto.
Questo fatto, così drammatico e angosciante, deve interrogare ciascuno noi e la nostra società sulla capacità che abbiamo di accogliere. Il senso di sconfitta che sentiamo per una morte così ingiusta perché completamente innocente ci deve richiamare una volta di più alla nostra vocazione di esseri umani, chiamati per statuto ad accogliere tutti, ad avere uno sguardo empatico verso i nostri simili, che per noi cristiani sono fratelli e sorelle. Ad avere compassione, a cercare di capire chi è nel bisogno. A un mondo che pare sempre più spietato e disumano servono come l’aria persone che sappiano accogliere. E la prima accoglienza, in questo caso terribile, non può non essere la nostra preghiera, che si innalza a Dio per quella mamma e per quel papà, per il loro dramma. Lei, la piccolina, la sappiamo già accolta nelle mani premurose di Dio.