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sabato 15 marzo 2025
 
 

Mimì muore sola

21/01/2018  Trionfa al Comunale di Bologna "La Bohème" di Puccini diretta da Michele Mariotti e con la regia di Graham Vick. Uno spettacolo da non perdere, in scena fino al 28 gennaio.

Un telo bianco steso su un cadavere e un paio di scarpe rosse con il tacco. Al centro di una stanza disadorna. È l’ultima immagine che ci resta della “Bohème” allestita  dal Teatro Comunale di Bologna per l’apertura della nuova stagione lirica.

Mimì muore sola ed è una scena che agghiaccia. Trafigge come una lama. La musica si spegne e resta solo quel cadavere. Rodolfo e gli amici sono usciti, non fanno contorno alla morta, non l’abbracciano e  non la sostengono come in una deposizione dalla croce. Le loro lacrime restano in gola. Rodolfo, Colline, Marcello, Schaunard e Musetta si chiudono la porta di casa alle spalle, scappano, spaventati da quella  vita che si spegne. Sono più sbigottiti che cinici, incapaci di trovare un senso alla morte prematura di Mimì.  Fanno pensare a quei ragazzi che vediamo spesso nei telegiornali, ai funerali dei loro coetanei vittime di qualche disgrazia, fragili e spaesati, emozionalmente immaturi, non attrezzati per assorbire il dolore della morte arrivata troppo presto.

Il tutto diventa più credibile perché il cast scelto per questa “Bohème” è tutto fatto di giovani. Nessuno degli interpreti principali ha più di quarant’anni. Compreso il direttore d’orchestra Michele Mariotti, che di anni ne ha 38. I personaggi di questa “Bohème” vestono con i jeans e le felpe (nell’ultimo atto Rodolfo è addirittura scalzo e con i pantaloni che lasciano scoperti i polpacci) e sono perfettamente verosimili quando si muovono all’interno del loro appartamento arredato un po’ alla rinfusa. C’è poca atmosfera parigina, i tetti e i comignoli di Parigi non si vedono, ma sembra di stare in uno di quei tanti appartamenti condivisi dagli studenti fuori sede, magari nella stessa Bologna, dove il Teatro Comunale è a pochi passi dall’Università.

Una compagnia di canto giovane e fresca era nei desideri del regista Graham Vick, il quale, come in genere gli riesce, riesce a far recitare tutti benissimo. Nel primo atto Francesco Demuro (Rodolfo) e Mariangela Sicilia (Mimì)  rendono con grande tenerezza e realismo i momenti del loro innamoramento.Un dettaglio su tutti: Rodolfo attacca l’aria “Che gelida manina” quando con la guancia si appoggia alla mano di Mimì. Bello, credibile, reale. E chi se ne importa se le didascalie  del libretto ci dicono che “la sua mano incontra quella di Mimì”. Anche i vero motivo della morte di Mimì non è chiaro. Forse è tisi, magari è droga, oppure qualche altra malattia senza rimedio.

Il cast è completato da Nicola Alaimo (Marcello), Andrea Vincenzo Bonsignore (Schaunard) e Evgeny Stavinsky (Colline), sempre bravi sia nelle giocose schermaglie sia nei momenti dello smarrimento e del dolore.  La Musetta del soprano armeno Hasmik Torosyan seduce quando serve e commuove nel finale.

Ma questa “Bohème” non è solo un capolavoro di recitazione. Grazie a un direttore come Michele Mariotti, che sa scavare com pochi nella parola e nella musica, il capolavoro di Puccini diventa un trionfo di esecuzione musicale. Come era nelle sue intenzioni, Mariotti fa scivolare la musica di Puccini con levità e leggerezza, dando respiro alla melodia, ma curando alla perfezione anche i dialoghi serrati fra i personaggi. Negli ultimi momenti dell’opera Rodolfo e gli altri personaggi li sentiamo sussurrare perché, come spiega Mariotti, Puccini chiede interventi “pp sottovoce”. E per far funzionare un’opera, spiegava Mariotti alla fine della “prima” del  19 gennaio, non c’è altro da fare che che attenersi a ciò che ha scritto  il compositore.

È ciò che ha fatto Mariotti. E lo ha fatto così bene da farci tornare a casa contenti, convinti di aver imparato qualcosa di nuovo, perché come diceva Metastasio: “quel che si fa bene è sempre nuovo”.

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