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giovedì 24 aprile 2025
 
 

Mina, la classe non ha età

15/12/2012  La più belle voce bianca del mondo, come ebbe a dire Louis Armstrong, torna a 72 anni con un omaggio al pop Usa. E dimostra, ancora una volta, di sapersi reinventare.

La veneranda e sempre veneratissima Signora della nostra canzone torna, precisa come un cronometro svizzero, ad affacciarsi sui mercati di fine anno con una nuova impresa discografica. 12 - American Song Book è un disco inciso dal vivo, ma nell’ovatta protettiva di uno studio di registrazione: tre giorni di gorgheggi nella sua Lugano per un’esercitazione decisamente jazz che riporta il suo proverbiale eclettismo nell’alveo della classicità. Una dozzina di frammenti che sono altrettanti gioielli del pop americano dell’età d’oro, quella compresa tra gli anni Trenta e i Settanta. Ad accompagnarla, un fantastico quanto fidatissimo trio: il pianista Danilo Rea, il batterista Alfredo Golino, e il bassista Massimo Moriconi; la creme de la creme del jazz nostrano. A loro s’è poi aggiunto un ensemble di una trentina di elementi diretti da Gianni Ferrio.

«Stavolta mi sono proprio abbandonata completamente»
,ha dichiarato di recente all’Ansa, «ho liberato la mente, l’anima, il cuore e la passione, ignorando l’armatura stretta che ti obbliga a usare i tuoi strumenti naturali in modo commerciale. Questa volta devo dirlo: mi sono proprio divertita!».

E tuttavia la “Tigre di Cremona”, commerciale lo è sempre stata e continua a esserlo: con le sue settantadue primavera splendidamente portate, con oltre cento album pubblicati e circa 1.400 brani incisi, Mina non ha certo perso quella che Louis Armstrong definì «la più bella voce bianca del mondo», ma bisogna anche darle atto che continua a far di tutto perché il suo immenso talento non si mortifichi nella mera accademia o nel virtuosismo fine a se stesso.

Così continua a variare, talvolta a spiazzare e a reinventare, aggiungendo sempre nuove nuance a una vocalità resa più suggestiva e variegata dall’età. Fedele alla sua idiosincrasia per le convenzioni, qui passa con suprema non-chalance da Kurt Weill a James Taylor, strizza un occhio a Judy Garland e un altro al Presley più micionesco.

Scelte al solito guidate dall’istinto, centrifugando ricordi
, affinità elettive, e le passioni di sempre: da Over the rainbow a Fire and Rain, da Love me tender a I’ve got you under my skin; con l’aggiunta di un cadeau natalizio come la deliziosa cover di Have yourself a merry little Christmas.

Facile prevedere che questo 12 finirà tra gli album più regalati del prossimo Natale
: una consuetudine che, in tempi tanto inquieti e depressi come questi, ha indubbiamente un che di rassicurante.

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