Mio figlio ha 17 anni ed è molto attivo sia a scuola che nello sport. Tutti lo considerano un vincente ed in effetti anche noi genitori crediamo che lo sia. Tutto però è cambiato quattro mesi fa, a causa di un abbandono da parte della ragazza con cui ha avuto la sua prima storia d’amore durata più di due anni.
Lei lo ha lasciato e lui non riesce a farsene una ragione. Mentre tutti vedono la sua vita andare avanti (scuola e sport mai interrotti e sempre con ottimi risultati), noi vediamo l’altro lato della medaglia: grande nervosismo, continuo messaggiare alla ex fidanzata fino a minacciarla che – se lui non saprà sopravvivere a questo dolore – lei dovrà sentirsene addosso la responsabilità.
I genitori della ragazza, dopo queste sue uscite, ci hanno chiamato dicendoci di essere preoccupati per la loro figlia e anche per il nostro. La ragazza infatti si sente colpevolizzata per la sua decisione di lasciare nostro figlio e al tempo stesso teme davvero che lui possa fare qualche gesto assurdo. Noi siamo preoccupati delle stesse cose. Cosa si fa in questi casi?
CRISTINA
Risposta Alberto Pellai medico e psicoterapeuta:
– Cara Cristina, capita spesso che figli maschi molto capaci soffrano intensamente davanti alla fine di una storia d’amore, specie se è la prima e di lunga durata (due anni per un adolescente sono un’eternità). A noi genitori abituati a vedere i nostri figli sempre positivi, sorridenti e vincenti, questo cambio di registro causa un’enorme preoccupazione. Non vorremo vederli soffrire, perché in fin dei conti non li abbiamo mai visti maneggiare il dolore.
L’abbandono d’amore per molti adolescenti rappresenta il primo vero grande dolore che devono fronteggiare. Nel contesto di queste situazioni, tenete il dialogo aperto con il ragazzo. Parlate con lui di ciò che sta accadendo, confrontatevi con lui sul senso che dà ai messaggi che manda, affrontando anche il tema legato alle minacce autolesive che condivide con la ex ragazza come estremo tentativo di tenerla accanto a sé. Di fronte a ragazzi che parlano di suicidio ciò che serve non è il silenzio, ma l’accoglienza e il dialogo per trasformare in parola un’idea che per rimanere solo un’idea e trasformarsi in altro deve essere discussa, approfondita e dialogata.
Siate aperti, franchi e autorevoli nel fargli sentire che da questa “palude” di dolore si riesce a uscire perché è ciò che succede a tutti. In questa fase acuta, fatelo sostenere anche da uno specialista, che lo aiuterà ad attraversare questo tempo di tempesta. L’ultimo libro di A. D’Avenia, Resisti cuore (Mondadori), gli sarà di grande aiuto, già a partire dal titolo.