Mio nonno materno si chiamava Elia Marchetti ed era originario del paese di Calcinate, in provincia di Bergamo. Al paese vivevano la moglie con cinque figli e altri vari parenti, mentre mio nonno faceva il carabiniere presso la caserma di Cesano Maderno, in provincia di Milano.
Quando aveva una licenza, tornava per qualche giorno presso la sua famiglia, che viveva in due locali in un vicolo confinante con la sede del distaccamento dei nazisti in paese. Un mio zio, con qualche suo amichetto, si divertiva ad andare sotto il ponte di legno del torrente che attraversava il centro per sentire il tremore dei carri armati quando vi passavano sopra. Oggi, anziano, gli sembra assurdo un divertimento così rischioso ma a bambini di dieci anni pareva un gioco bellissimo.
L'8 settembre 1943 colse mio nonno in licenza presso la famiglia. I parenti gli suggerirono subito di non tornare in caserma alla scadenza della licenza ma di nascondersi nei campi di mais che erano numerosi attorno al paese. Mio nonno, orgoglioso della sua divisa, non volle sentire ragione e si mise in viaggio verso Cesano Maderno.
Il viaggio andò bene, ma quando arrivò a Cesano trovò i nazisti ad attenderlo già in stazione, appena sceso dal treno. Fu immediatamente arrestato e iniziò anche per lui il calvario di tanti. Fu portato in un campo di prigionia in Germania, quale non so, perché non parlò mai dei particolari della sua deportazione.
La famiglia perse ogni contatto con lui per più di un anno fino a quando, sporco, magro, infestato dai pidocchi, un giorno lo videro tornare a Calcinate. Raccontò di essere scappato con un compagno di prigionia e di avere attraversato a piedi tutta la Germania e parte dell'Austria. Mia mamma, che all'epoca aveva undici anni, dice che era irriconoscibile e i figli lo accostavano quasi con timore. La guerra stava per finire. Questa volta rimase nascosto al paese e si rimise un po' in forze.Non rinnegò mai l'orgoglio della sua divisa, anche se gli era costata più di un anno di prigionia.
Sgarbi Tiziana Maria