La Beata Vergine di Guadalupe è la patrona dell’America Latina. Normale, allora, oltre che magnifico, che la Messa del Papa in San Pietro venga arricchita dalle note della Misa Criolla, composta nel 1964 dal compositore argentino Ariel Ramirez, diretta dal figlio di Facundo Ramirez. Per il quale questa esecuzione è «un’emozione doppia, perchè questo evento arriva esattamente cinquant’anni dopo la composizione della Misa, nel 1964. Quell’anno anche mio padre era stato in Vaticano, per portarne un esemplare a Paolo VI. Dopo mezzo secolo si ripeterà con me e questa volta con un Papa argentino… è incredibile!».
Incredibile la, diciamo così, coincidenza, non il fatto che Bergoglio abbia voluto queste musiche nella Messa per la Patrona dell’America Latina. Perché la Misa criolla (Messa creola, cioè dei nativi latinoamericani), oltre a essere popolarissima in tutto il continente, è sì musica liturgica, ma delle periferie, di quel ”quasi alla fine del mondo” da cui papa Francesco disse di arrivare la sera della sua elezione. Musica suggestiva, parole in spagnolo e note andine. Si sentono tamburi e flauti di canna. La voce del solista è piena e aperta, azzurra come i cieli delle Ande dai quali sale per arrivare “en las Alturas”, nell’alto dei cieli. Voce di Dio e voce di popolo, tutto il popolo latinoamericano, la Misa Criolla fu dedicata dal suo compositore a due suore tedesche, Elisabeth e Regina Brückner, che aiutarono i prigionieri di un campo di concentramento portando loro del cibo. E così tutto si tiene, la lode, l’esistenza dei poveri campesinos e il sacrificio della propria vita per gli altri. Tutto si tiene, “en la tierra y en las Alturas”.