Nell’angolo più lontano della Ss 385 una ragazzina nigeriana nascosta tra cespugli e rifiuti di ogni tipo ha chiesto di incontrare suor Chiara, la suora francescana scalza che insieme a suor Bernarda e a suor Marta ha deciso di dedicare la sua missione di fede alle prostitute in strada. Suoniamo la campana, nel piccolo convento delle Sorelle minori del Cuore Immacolato, nel centro di Caltagirone, in Sicilia. Ad aprirci è suor Marta, la più giovane delle tre sorelle, anche lei scalza, avvolta dal saio grigio-azzurro e il velo bianco, secondo la regola di san Francesco d’Assisi. Saliamo alcuni scalini per raggiungere una piccola sala d’attesa semibuia, dove al quadro elettrico è incollato un pezzo di cartone con la scritta: «Per dare la luce del Signore a chi non ce l’ha». Le tre suore scalze vivono senza luce elettrica, senza un centesimo in tasca e un vecchio cellulare che riceve telefonate soltanto un’ora al giorno.
Lasciamo il convento e un programma fitto di preghiere e adorazioni per raggiungere la superstrada Catania-Gela dove una cinquantina di ragazze nigeriane sono costrette a prostituirsi. L’incontro tra le suore scalze e le prostitute, raccontato per la prima volta dal mensile Vita, avviene in questo lungo tratto di strada tra un via vai di clienti di ogni estrazione sociale e con il pericolo che a qualcuno la presenza delle suore possa dar fastidio.
«Spesso andiamo a trovarle a casa in quartieri periferici, ci hanno fotografato, ma non abbiamo mai avuto paura», racconta suor Chiara, che a un anno dalla Legge Merlin chiude categoricamente a una paventata riapertura delle case chiuse: «Sarebbe comunque uno sfruttamento della prostituzione, il traffico di esseri umani va bloccato con ogni mezzo». Per suor Chiara l’unica soluzione è la pastorale familiare: «Il giro della prostituzione segue le leggi del mercato, quindi bisogna lavorare per diminuire l’offerta, puntare sulla sacralità della famiglia e del matrimonio».
Recitando la preghiera semplice di san Francesco d’Assisi ci fermiamo alla prossima postazione, quando due ragazze urlano di gioia: «Sister Chiara, sister Chiara» mentre corrono verso l’abbraccio. Insieme recitano il Padre Nostro in inglese e intonano un canto nigeriano. Suor Chiara per le scampagnate, come quella del primo maggio, porta la chitarra.
«Come può una madre essere serena sapendo che tutte le sue figlie sono in strada? Tra di loro non c’è una sola prostituta», racconta commossa suor Chiara.
La missione delle suore francescane scalze, benedetta dal vescovo francescano di Caltagirone, Calogero Peri, sta per compiere un anno.
Con l’aiuto di qualche medico volontario le tre sorelle sono riuscite a sottoporre le ragazze al test dell’Hiv. E per l’anno prossimo hanno già chiesto alla Provvidenza un camper o una roulotte con a bordo medici specialisti per le visite ginecologiche.
In attesa che il camper o la roulotte arrivi nel piccolo convento, l’auto presa a noleggio per la missione – in genere le tre sorelle si muovono in autostop – è piena di beni di ogni tipo: magliette per l’intimo, scarpe dal 39 in su, biscotti e caffè. E se anche noi giornalisti oggi facciamo parte della missione è per un solo motivo: «Vivere l’esperienza di Cristo, perché il corpo di queste ragazze è offeso, umiliato come lo è stato il corpo di Gesù».
Ci spostiamo verso l’ultima stazione, la più difficile. Tra i cespugli e i rifiuti c’è una ragazzina, giovanissima, è in lacrime e vuole lasciare la strada.